venerdì 27 dicembre 2019

Sogni e altiforni visto da Benedettini




20 dicembre 2019.
Pillola libraria.
Lo avevo promesso a Gordiano Lupi, scrittore ed editore di vaglia, uomo di cultura che fa onore alla città di Piombino e non solo. Gli avevo promesso che avrei parlato del suo libro "Sogni e Altiforni-Piombino-Trani senza ritorno".
Con esso completa una triade iniziata con "Calcio e Acciaio" e tutti partecipanti al Premio Strega. Questo è scritto a due mani: le sue e quelle di Cristina De Vita per la parte che riguarda Trani. Due intelligenze, due culture, due cuori e tante vite.
Piombino e Trani, così lontane e così diverse se non fosse per il mare e per il calcio.
Che c'entra il calcio, direte. Nei libri di Gordiano Lupi il calcio c'entra sempre. A volte per intero, a volte fa capolino.
"Tutto ruota intorno a un pallone da mettere in fondo a una rete…" scrive lui che, del pallone, se ne intende. Potrebbe scriverne, e lo fa, anche lei che, di pallone, non se ne intende.
Giovanni è colui che calcia il pallone a Piombino-Trani-Inter ed altre ancora per finire di nuovo a Piombino ad allenare, o meglio ad educare i giovani. Giovanni è diventato un campione ed è strapagato, come sempre avviene in quel mondo. Ha giocato a Trani ed ha incontrato Debora. Lo scritto di Cristina De Vita è delizioso. A leggerlo vieni preso da una tenerezza infinita. Un film d'amore che non finisce mai e che l'accompagna per decenni. I due si ritrovano. "Giovanni" dice lei. "Debora" dice lui.
Sono ancora innamorati ma tutto finisce in quei due nomi.
Gordiano ci prende per mano e ci porta nei suoi luoghi del cuore. Un luogo, solo, Piombino, con tanti luoghi che formano la sua piccola patria. Qui ci dà la misura di sé: di chi, sapendo comunque raccontare, riscrive il meglio al racconto dei sentimenti, una volta libero dalle gabbie imposte dalla struttura romanzesca. Scrive del calcio e del territorio, scrive e racconta "...il passato solo parlando del presente...in un languore infinito che si stempera davanti al mare del golfo di Salivoli…".
Nelle sue pagine prende vita la crisi della città e degli Altiforni e giunge fino a pochi anni fa. La crisi alla quale accompagna nomi, fatti e scelte che investono tutto il territorio come il fumo che vi si allarga anche se non è più quello che dà o dava il pane.
E, i sogni? Se li porta per "le strade del mio solito approdo…" scrive ancora. Lo trova in "...una terra ricamata d' erbe di seta, un mare cosparso di schegge cristalline e riflessi d'argento. I poveri diamanti della nostra vita, piccole gemme di decadente splendore...trionfano i sogni… poco a poco cadono gli Altiforni".
Un bel libro. Da leggere, amici miei, cercatelo.
Alla prossima.

sabato 23 novembre 2019

Rainer Maria Rilke tradotto da Raffaela Fazio


Rainer Maria Rilke
Silenzio e tempesta - Poesie d’amore

a cura di Raffaela Fazio Marco Saya 
Edizioni Euro 15 - pag. 125

Marco Saya è un editore benemerito solo per il fatto di occuparsi esclusivamente di poesia, classica e contemporanea, con cura certosina, avvalendosi di autori e traduttori eccellenti che impreziosiscono un catalogo di grande qualità.
Silenzio e tempesta  di Rainer Maria Rilke (Praga, 1875 – Montreux, 1926) contiene una serie di traduzioni a tema amoroso raccolte da Raffaela Fazio (Arezzo, 1971), poetessa pure lei di buon valore, forse per questo molto abile nel rendere in italiano la musicalità del verso tedesco. Per Fazio non ha importanza il tipo di amore espresso dalle liriche di Rilke - divino o terreno, con possesso o senza possesso, materiale o spirituale - quel che conta è il sentimento che diventa il filo conduttore di un discorso poetico. Solitudine, silenzio, accettazione del dolore e della morte, inquietudine, senso di provvisorietà del mondo e degli affetti, tutto confluisce nell’amore, che per Rilke è opera suprema, tutto il resto non è che preparazione. L’amore come dono di sé, come abbandonarsi a un altro, una donna come una divinità, come compimento di un cammino spirituale e sentimentale, mai scontato, sempre complesso e intenso. Raffaela Fazio sceglie di tradurre i testi di Rilke che più si avvicinano al suo modo di concepire la poesia, a metà strada tra lucidità e visionarietà, caratterizzati da un pensiero cristallino e da parole che offrono molteplici significati e interpretazioni. Bene scrive Massimo Morasso, nella colta postfazione: “La sua traduzione riesce a essere una lettura amorosa dei testi d’amore del più amoroso fra i più significativi poeti lirici del Novecento tedesco”. Non resta che leggere qualche componimento del grande poeta, reso vivo e vibrante dalla raffinata traduzione italiana di Raffaela Fazio. Il volume è corredato - per gli esperti di tedesco - di testo originale a fronte.

La sera è il mio libro. Un vermiglio
bagliore di damasco le riveste;
ne disserro i dorati fermagli
senza fretta, con mani fresche.

Leggo la prima pagina scoprendo,
lieto, il suo tono familiare,
più sottovoce leggo la seconda,
la terza l’inizio già a sognare.

(da Dir sur Feier)

Spegni i miei occhi, lo stesso ti vedo,
chiudi le mie orecchie, riesco ad ascoltarti,
ti vengo incontro anche senza piedi
e senza bocca posso supplicarti.
Spezzami le braccia e col cuore,
come fosse una mano, io ti prendo,
arresta il cuore, sarà la mente a pulsare,
e se nella mente fai scoppiare un incendio,
nel sangue allora ti saprò portare.

(da Das Strunden-Buch / das Buch von der Pilgerschaft)

Il mondo era nel volto dell’amata,
ma di colpo si è riversato fuori:
fuori è il mondo e non si può afferrare.

Perché dal volto amato, colmo,
che stavo sollevando, non ho bevuto il mondo,
quand’era vicino alla mia bocca, profumato?

Ah, se bevvi! Bevvi senza fine.
Ma anch’io di troppo mondo ero già pieno
E anch’io, bevendo, traboccai.

(1924)

Canto d’amore

La mia anima come trattenerla,
che la tua non sfiori? Come elevarla,
sopra di te, ad altro? Ah quanto vorrei celarla
in qualcosa che si è perso nell’oscurità,
in un luogo estraneo, silenzioso
che non seguiti a vibrare, al vibrare
delle tue profondità.
Ma tutto quello che ci tocca, insieme
Ci prende come un arco che produce
da due corde una sola voce.
E noi siamo tesi su quale strumento?
Quale violinista ci tiene nella mano?
O dolce canto!

(Da Nue Gedichte)

giovedì 13 giugno 2019

venerdì 26 aprile 2019

8 e un quarto di Paquito Catanzaro




Homo Scrivens sembra un editore che fa le cose sul serio nel campo della narrativa, non fosse altro perché pubblica solo dieci romanzi all’anno, numerati, frutto di un’accurata selezione. Mi è capitato di leggere 8 e un quarto di Paquito Catanzaro, spiritoso fin dal titolo, con una garbata citazione felliniana, anche se non mi pare che l’autore abbia scritto altri romanzi. Fellini intitolò 8 e mezzo il suo capolavoro perché prima aveva girato altri 7 film e mezzo (il primo - Luci del varietà - in collaborazione con Lattuada), Catanzaro lo fa solo per ironia, caratteristica che lo accompagna per l’intera narrazione dove si fa beffe degli autori televisivi che accettano di girare squallide fiction solo per denaro, mettendo da parte ogni velleità intellettuale. Ridendo e scherzando quante verità si possono dire, avrebbe chiosato Pier Paolo Pasolini parafrasando Menandro. E in questo caso ci starebbe bene anche un bel ridendo castigat mores, ché i costumi vengono fustigati a dovere da uno scrittore che mette in campo tutto il suo umorismo inventandosi un regista di nome Miraglia - forse ignorando che nel cinema italiano è esistito un vero Emilio Pompilio Miraglia, autore di un pugno di pellicole di genere - che si fa aiutare da un esperto sceneggiatore per uscire dalle secche di una fiction scritta (male) da un gruppo di esordienti, che deve andare in onda a tutti i costi per aggiudicarsi un finanziamento ministeriale. Storia di ordinaria (e italica) follia cinematografica, perché eventi simili accadono tutti i giorni, basta vedere registi del calibro di Ruggero Deodato (Cannibal Holocaust, signori!) costretti a girare una stagione di Incantesimo a scopo alimentare, mentre Michele Soavi dirige fiction televisiva se vuole continuare a lavorare dietro la macchina da presa, dopo aver illuso il pubblico di essere il migliore allievo di Dario Argento. 8 e un quarto non pretende di essere alta letteratura, ma è narrativa ben scritta, fatta di dialoghi realistici e ben strutturati, di ritmo e battute ficcanti; l’autore scrive un romanzo comico onesto che segue la lezione della commedia all’italiana: far ridere e pensare, puntare il dito sul sistema e divertire. Una lettura che farebbe la gioia anche del produttore cinematografico (Tognazzi) che Ettore Scola s’inventa ne La terrazza e che tartassa il povero sceneggiatore (Trintignant) con il suo: Fa ridere?. Sì, 8 e un quarto fa ridere. Leggetelo. Non ve ne pentirete.

Paquito Catanzaro
8 e un quarto
La storia irresistibile del telepanettone che perfino Fellini avrebbe voluto dirigere
Homo Scrivens - Euro 15 – Pag. 145
www.homoscrivens.it