La muerte del gato, è un film di Lilo Vilaplana
che sta facendo discutere molto negli ambienti intellettuali avaneri.
Sembra un film pericoloso - se ci passate il termine - perché le persone vicine
al governo lo definiscono tremendo e i più pavidi lo
guardano di nascosto, negando in pubblico di aver assistito alla
proiezione. Il film dura soltanto 15 minuti, ma sono minuti
intensi, critici nei confronti dei problemi cubani e del governo, che
seguono la linea dei corti di Nicanor, prodotti e diretti da uno scrittore
coraggioso come Eduardo del Llano. La muerte del gato
segue la tradizione del cinema cubano, fonde tragedia e umorismo, ma la novità
è un attacco diretto a Fidel Castro, criticato in maniera esplicita dai personaggi
in una sequenza memorabile. Una foto del Comandante simboleggia le cose
fatte male, senza criterio, come già in passato era accaduto in vecchie
pellicole e programmi televisivi. Se si vuole, anche in Memorias
del subdesarrollo di Tomás Gutiérrez Alea - un classico
del cinema cubano - il protagonista (Sergio) criticava la necessità che ci
siano uomini forti alla guida dei popoli proprio mentre sullo sfondo
compariva un manifesto con la foto di Fidel. Niente di nuovo sotto il
sole, quindi? Si conferma l'idea - da molti sostenuta - che Cuba è una
dittatura blanda, che lascia gli intellettuali abbastanza liberi di
esprimere le loro idee. Non è facile esprimere un'opinione, come
sempre accade con Cuba, perché se facciamo un'analisi accurata degli episodi del
passato incontriamo esempi di repressione (Padilla e il suo Fuori
dal gioco) e di libertà (molto cinema, ma anche letteratura). La muerte
del gato vede l'interpretazione di quattro importanti attori
cubani: Alberto Pujol, Bárbaro Marín, Coralia Veloz
e Jorge Perugorría, chiamati a raccontare la tragedia di tre
amici che vivono in un quartiere popolare avanero e decidono di
vendicarsi di una vecchia comunista delatrice, responsabile di aver fatto
finire in galera un amico. La vecchia spiona, Delfina, serve a
criticare i Comités de Defensa de la Revolución,
un'organizzazione creata per controllare la società cubana dal basso, facendo
forza sui cittadini più propensi a seguire una doppia morale. Il
gatto nero è un'allegoria chiara dei danni compiuti dalla Rivoluzione
e su quanto sia stata negativa. Per questo motivo, i protagonisti
desiderano ucciderlo e vogliono far mangiare a Delfina i suoi resti purificati
dal fuoco. La spiona rivoluzionaria - in definitiva - deve cibarsi della
stessa Rivoluzione e morire con lei. Il film è ambientato nel 1989, l'ultimo
anno di vita dell'Unione Sovietica, in pratica l'inizio del periodo
speciale, una crisi economica molto dura per Cuba. La storia è scritta a
quattro mani da Lilo Vilaplana e Alberto Pujol, presenta alcuni errori
di ambientazione e una messa in scena imprecisa, ma è importante
perché rappresenta un attacco diretto al castrismo e al comunismo. In
passato abbiamo visto film che affrontavano i problemi di Cuba in
maniera critica, ma questo sembra più coraggioso - pur nella sua brevità -
perché esplicito nell'indicare i colpevoli di una situazione deficitaria.
Ricordiamo film come Lisanka (crisi dei missili del
1963), La vida en rosa (si parlava di
libertà), e i recenti Conducta, Casa vieja e Habanastation
(critica del realismo socialista). Vent'anni fa Alicia
en el pueblo de Maravilla fece scandalo, ma oggi La muerte
del gato pare ancora più sconvolgente. Sono cambiati i
tempi? Certo, se una pellicola come quella di Lilo Vilaplana può
passare di mano in mano ed essere vista liberamente, qualcosa a Cuba sta
accadendo...
Gordiano Lupi
Nessun commento:
Posta un commento