martedì 17 maggio 2016

Felix Luis Viera, la poesia cubana in esilio



Ego 
di Felix Luis Viera

Había un río ancho y una isla de arena.
En la isla árboles inmensos.
En la orilla estábamos tú y yo.
Y jugábamos a imaginar que tú estabas
        erecta
en el centro de esos árboles que
estaban en el centro de la isla
y
de pronto todo se inclinaba ante
tu figura,
todo aullaba, trataba de desgajarse
         desterrarse,
         desguazarse
en pos de tu figura
porque resulta que estabas
en el centro de los árboles
que estaban en el centro de la isla
que estaba en el centro del río inmenso.
Jugábamos a imaginar ese momento
en que todo trataba de irse hacia tu
        cuerpo
que era como el centro del mundo y de
         las cosas.

Hoy, esa es tu única imagen verdadera.
Agosto de 1981

De Poemas de amor y de olvido (1993)

Ego
Traduzione di Gordiano Lupi

C’era un fiume ampio e un’isola di sabbia.
Nell’isola alberi immensi.
Sulla riva c’eravamo io e te.
E giocavamo a immaginare che tu stavi
        eretta
al centro di quegli alberi che
stavano al centro dell’isola
e
subito ogni cosa si chinava davanti 
alla tua figura,
ogni cosa urlava, cercava di schiantarsi
        
allontanarsi,
         distruggersi
dietro alla tua figura
perché sembra che eri
nel centro degli alberi
che stanno nel centro dell’isola
che stava nel centro del fiume immenso.
Giocavamo a immaginare quel momento
in cui ogni cosa cercava di andare verso il tuo 
         corpo
che era come il centro del mondo e
         delle cose.

Oggi, quella è la tua unica immagine veritiera. 
 

Agosto 1981
Da Poesie d’amore e d’oblio (1993)

venerdì 6 maggio 2016

I cavalieri che non fecero l'impresa


Fabio Izzo
I cavalieri che non fecero l'impresa
Terra d'ulivi Edizioni - Euro 13 - Pag. 135

Fabio Izzo lo conosco da quando ha cominciato a pubblicare racconti, per il semplice motivo che il suo primo editore sono stato io, prima sul Foglio Letterario rivista e subito dopo nella collana narrativa. Ricordo ancora l'editing sul suo primo libro, Eco a perdere, roba del 2003 se non vado errato, ma ancora in catalogo, passando per Balla Juary, Doppio umano, Il nucleo... Fino a To jest e l'esperienza esaltante della partecipazione al Premio Strega 2014. Può darsi che non sia obiettivo quando leggo Fabio Izzo, ma lo considero un grande letterato, uno scrittore che se ci fosse una giustizia ed esistessero ancora i talent scout non pubblicherebbe con Il Foglio Letterario e con Terre d'ulivi, ma con Mondadori. Izzo proviene dalla terra di Pavese, tra il Monferrato e le Langhe, un luogo difficile da abbandonare, e nel suo ultimo romanzo racconta il senso di appartenenza alla provincia, si sofferma sulla vita che passa e dispensa sconfitte, sottolinea il distacco da un mondo vuoto e superficiale dove non resta il tempo per fermarsi a pensare. Izzo scrive un romanzo che vede protagonista un autore di fumetti a disagio con la vita, in cerca d'amore e di certezze, ma soprattutto a caccia di un'etera musa ispiratrice e della giusta dimensione per narrare storie. Hildebrando Aristolakis è il nome d'arte del nostro cavaliere destinato a non fare l'impresa, che lotta contro i mulini a vento di una società che vorrebbe cambiare ma è perfettamente consapevole che non riuscirà mai a farlo. Il romanzo racconta il distacco tra uomo e superuomo, più semplicemente tra la dimensione esteriore e la rappresentazione più intima del nostro essere. Tema portante l'impossibilità di concretizzare i propri sogni, di trasformarli in realtà, ma anche il riuscire a vivere nonostante tutto, accontentandosi della propria dimensione provinciale, ai margini della vita che pulsa, lontano dalle metropoli. Non è una scrittura facile quella di Izzo, intrisa di rimandi letterari, anche ad autori poco noti al grande pubblico, ma importanti nella formazione dello scrittore. Izzo contamina cultura alta e cultura bassa, letteratura e fumetto, parla di calcio e ricordi, di provincia e metropoli, di Pavese e attaccamento alle proprie radici. Termino la lettura di questo breve ma intenso romanzo e mi pongo una domanda: perché non l'abbiamo pubblicato noi? Non sarebbe cambiato niente, chiaro, ma mi prende una strana tristezza quando leggo un romanzo che rappresenta un'occasione perduta, che profuma di rimpianto. I cavalieri che non fecero l'impresa è un impercettibile tassello di narrativa utile in un mondo letterario pervaso dal niente pubblicizzato con grande strombazzamento mediatico. Se riuscite a trovarlo, leggetelo. Per parafrasare un dialogo tra i personaggi del romanzo, non vi cambierà la vita ma ve la renderà migliore.