Autobiografia
di Guillermo Cabrera Infante
alla maniera di Laurence Sterne
Liberamente
ispirata al saggio autobiografico
Nasco a Gibara il 22 aprile del 1929, una piccola
città costiera della provincia cubana d’oriente. Secondo figlio e primo maschio
di Guillermo Cabrera, giornalista e tipografo che vuole impormi il suo stesso
nome, e Zoila Infante, una bellezza comunista cubana. I miei genitori saranno
tra i fondatori del Partito Comunista locale, ma mi forniranno sufficienti
anticorpi da essere vaccinato per tutta la vita contro il contagio
rivoluzionario. Strana reazione, se si pensa che vengo al mondo lo stesso
giorno di Vladimir Ilich Ulianov, detto Lenin. Ho solo ventinove giorni quando
vado per la prima volta al cinema con mia madre a vedere I quattro cavalieri dell’Apocalisse. La mia storia d’amore con il
grande schermo è appena cominciata. Non finirà mai. A tre anni credo di vedere
avocadi cadere dal cielo, ma sono bombe lanciate per ordine del generale
Machado, uno dei tanti tiranni che questa isola infelice ha dovuto subire nel
corso del XX secolo. Per soffocare una ribellione locale, Gibara conquista il
poco nobile primato della prima città d’America bombardata dal cielo. Mio padre
e uno zio materno combattono a fianco dei ribelli. In questo periodo penso solo
a giocare e comincio a leggere i primi fumetti come Benitín Yenas, Los sobrinos
del Capitán e La gatita de Tobita.
Ho quattro anni quando nasce il mio unico fratello. Scopro l’anatomia con
risultati catastrofici, perché avrei preferito una sorella e così tento di
eliminare la differenza usando un paio di forbici. Entro nel Kindergarten, come
chiamavano le scuole materne a Cuba, ma è un’esperienza così orribile da farmi
ammalare e da spingermi a odiare ogni tipo di asilo infantile. Apprendo a
leggere a cinque anni grazie ai fumetti di Dick Tracy e Tarzan. A sei anni
frequento la scuola primaria Los Amigos,
una scuola quacchera che amo soprattutto la domenica quando ci portano a messa,
perché le canzoni che animano le funzioni sono belle, anche se cantate da voci
stonate. Scopro presto cosa significa il termine riunione clandestina, perché a
volte viene a prendermi mio padre invece di mia madre e mi porta a fare un
giro, altre volte trovo tracce di cenere e fumo in casa e so che i miei
genitori non fumano. Ho sette anni ed è la vigilia del primo maggio quando
arrestano mia madre, mentre mio padre, assente al momento dell’irruzione
poliziesca, si consegna poco più tardi. I miei genitori vengono trasferiti nel
carcere di Santiago di Cuba, a cinquecento chilometri da Gibara, mentre le
guardie rurali sequestrano tutti i libri foderati di rosso nella biblioteca di
mio padre. Le autorità non conoscono la differenza tra politica e poesia,
portano via tutto ciò che ha il colore della ribellione, senza capire.
Purtroppo nella mia vita accadrà di nuovo. I miei genitori passano diversi mesi
in galera e nel frattempo m’innamoro di una bellissima cugina che mi apre il
vaso di Pandora, mi fa scoprire il sesso, ma anche la gelosia, il tradimento e
l’odio. Certo, tutto va rapportato a quel che può capire un bambino di sette
anni. Quando ho otto anni, mio padre torna a casa dalla prigione, è senza
lavoro, deve adattarsi a svolgere gli impieghi più umili, ma lo pagano poco, la
mia famiglia vive in così gravi ristrettezze economiche che pensiamo di
emigrare. A nove anni per poco non uccido mio fratello mentre taglio l’erba con
il machete per sfamare una capra di
famiglia. Per la seconda volta nel corso della sua breve vita scampa il
pericolo.
A dieci anni assisto al cambiamento di opinione dei
miei genitori sul conto del colonnello Batista, loro vecchio nemico, perché il
Partito Comunista muta politica nei confronti del militare mulatto e diventa
suo alleato. Ricevo un’altra lezione di politica: mia madre piange di fronte
alla caduta di Madrid (1939), ma quando Hitler e Stalin si mettono d’accordo
per spartirsi la Polonia, mio padre scrive articoli chiedendo a Cuba (e al
mondo) di tenersi lontani dalla “guerra imperialista”. Più tardi i miei
genitori e il Partito Comunista condurranno una campagna di propaganda per
Batista presidente.
Nel 1940
mi nasce una sorella, ma muore dopo pochi mesi di
setticemia, per aver contratto un’infezione al cordone ombelicale. Un anno
prima mia madre aveva perso una figlia strangolata alla nascita dal cordone
ombelicale. Mio padre va all’Avana in cerca di lavoro e noi lo seguiamo,
pensiamo che la capitale possa rappresentare la soluzione ai nostri problemi e
soprattutto alla miseria che ci affligge. Ho dodici anni quando vedo L’Avana
per la prima volta, lascio alle spalle una serena fanciullezza, povera ma
felice, una famiglia grande, una casa immensa, molti amici, l’aperta campagna…
per essere ugualmente povero ma in cambio trovarmi a trascorrere un’adolescenza
infelice. Comincia la mia avventura più difficile: vivere in una grande città. A tredici anni una puttana generosa soltanto due anni
più vecchia di me mi introduce all’arte segreta della masturbazione. Vado in
vacanza a Gibara, dove scopro i vecchi libri di mio padre, in realtà una
biblioteca ereditata dallo zio, l’intellettuale del popolo che scriveva con lo
pseudonimo di Socrates. Tra questi libri incontro la prima letteratura erotica:
un’edizione spagnola, priva di tagli, del Satiricón di Petronio. A quattordici
anni mi iscrivo al liceo, dove sono un buon studente fannullone e un fanatico -
ma purtroppo pessimo - giocatore di baseball.
A quindici anni muore il mio cane rimasto al paese e subito dopo mio nonno che non voleva abbandonare le campagne di Gibara. Muore anche il mio leggendario bisnonno. Nessuno lo avrebbe mai convinto a trasferirsi all’Avana, una metropoli che non sarebbe riuscito a capire. Cerco di adattarmi alla vita della capitale e mi appassiono allo studio della lingua inglese, perché voglio leggere le riviste che mi passa una vicina di casa.
A quindici anni muore il mio cane rimasto al paese e subito dopo mio nonno che non voleva abbandonare le campagne di Gibara. Muore anche il mio leggendario bisnonno. Nessuno lo avrebbe mai convinto a trasferirsi all’Avana, una metropoli che non sarebbe riuscito a capire. Cerco di adattarmi alla vita della capitale e mi appassiono allo studio della lingua inglese, perché voglio leggere le riviste che mi passa una vicina di casa.
Ho diciassette anni quando un vecchio professore mi
trasmette il virus letterario facendomi leggere la storia commovente della
fedeltà di un cane nei confronti del padrone errabondo. Il cane si chiama Argo,
il padrone Ulisse, e io m’innamoro dei classici. Divento un avido lettore e
mentre crescono i miei interessi letterari divento indifferente nei confronti
delle altre materie. La letteratura mi conquista e ha la meglio persino sul
baseball.
A diciotto anni leggo Il signor presidente, mi dico: “Anch’io sono scrittore” e per
provarlo a me stesso scrivo una mediocre imitazione del romanzo in forma di
racconto. Figuratevi il mio stupore quando il racconto viene pubblicato da Bohemia, una delle principali riviste
dell’America Latina. La mia casa - grazie all’ospitalità di mia madre - diventa
luogo di ritrovo di giovani scrittori e artisti che gravitano intorno al
periodico Hoy, rivista dove mio padre
lavora sin dal 1940. Prima o poi ognuno di noi avrà la sua resa dei conti con
il partito, ma per il momento va tutto bene, ci ritroviamo in Zulueta 408, a bere caffè e a
conversare, una casa dove convivono senza problemi immagini di Gesù e di
Stalin. Sempre a diciotto anni scopro il primo bordello dove incontro una falsa
bionda nei panni di una puttana che è la mia nave scuola nei misteri del sesso.
Nello stesso anno comincio a usare gli occhiali per non abbandonarli mai più.
Il 1948 è per me tremendamente decisivo. Lo scherzo letterario
che ha avuto inizio imitando un romanzo si rivolta contro il suo creatore. La
letteratura non è più un passatempo, diventa consuetudine, passione, abito
mentale, fino a trasformarsi in vera e propria ossessione. Mio fratello si
ammala di tubercolosi, per un po’ di tempo mi prende la voglia di studiare
medicina, ma mi basta visitare la facoltà per capire che non fa per me vedere
cadaveri e seguire lezioni di anatomia. La mia carriera finisce prima di
cominciare. Lascio la scuola e divento segretario del redattore capo di Bohemia. Nel 1949 fondo un magazine letterario che avrebbe dovuto
chiamarsi La Vita Breve, invece che Nueva Generación. Lavoro come correttore
di bozze in diversi periodici (persino uno scritto in inglese: l’Havana Herald) e come editore letterario
della rivista Bohemia. A vent’anni
faccio un nuovo incontro con una prostituta nera, breve e disastroso. Nel 1950
entro nella scuola nazionale di giornalismo, lavoro come traduttore, scrivo reportage e inchieste. Finalmente compio
la mia prima felice esperienza sessuale con una donna adulta, una vecchia
compagna di scuola, la ragazza più bella del liceo, adesso sposata, che vuole
fare l’amore ascoltando Il mare di
Debussy da un disco e da un mangiadischi presi a prestito. Quando ho ventidue anni,
la mia famiglia lascia l’appartamento dell’Avana per trasferirsi al Vedado,
dopo che la salute di mio fratello ha avuto una seria ricaduta. Fondo insieme a
un gruppo di amici la società letteraria Nostro Tempo, che ben presto abbandono
dopo aver scoperto che si è trasformata in una creatura del Partito Comunista.
Creo con un gruppo di fanatici la Cineteca di Cuba, figlia della Cineteca
Francese. Nello stesso anno conosco la ragazza, appena uscita da un collegio,
che più tardi diventerà mia moglie.
Nel 1952 si verifica il secondo infame colpo di Stato
di Batista e annulla le mie speranza di votare per la prima volta. Pubblico un
racconto breve su Bohemia che
contiene “parole scurrili in inglese”, con risultati disastrosi. Vengo
incarcerato, multato e obbligato a lasciare la scuola di giornalismo per due anni. Mi sposo nel 1953, a soli ventiquattro
anni, forse non mi sono bastati prigionia e privazioni e quindi finisco per
limitare la mia vita privata. Non posso usare il mio nome per scrivere articoli
e racconti, come appendice di condanna, e allora invento uno pseudonimo che
sembra un avatar. Antepongo l’iniziale del nome e la faccio seguire alla prima
sillaba del primo cognome con la prima del secondo. Viene fuori G. Caín. Nel
1925 il mio vecchio capo è nominato direttore di Carteles, la seconda rivista di Cuba. Uso il mio pseudonimo per
scrivere una rubrica settimanale sul cinema che diventa famosa a Cuba e in
tutto il Caribe. Nasce la mia prima figlia: Ana.
Nel 1955 esco da Cuba per la prima volta e mi reco a
New York, dove nel museo di arte moderna trovo un po’ di film per la Cineteca
Cubana. Ho ventisei anni quando comprendo che il mio destino è quello di non
essere fedele, perché l’adulterio mi viene molto più facile rispetto a rapporti
prematrimoniali. Nel 1956 il governo si impadronisce della mia Cineteca che io
stesso contribuisco a far morire cercando di farne uso politico. Nel 1957 molti
miei amici vengono incarcerati o uccisi dalla polizia di Batista con l’accusa
di compiere attività clandestine. Visito il Messico per la prima volta, torno
ancora New York, ma al mio rientro subisco un interrogatorio nell’ufficio
repressione delle attività comuniste in merito alla mia posizione politica. Nel
1958 - a ventinove anni - conosco Miriam Gómez, una giovane attrice che ha
appena debuttato in Orpheus Descending
di Tennessee Wiliams. Nasce la mia seconda figlia e gli impongo il nome di
Carola. Amici e nemici mi consigliano più volte di non continuare a fare un uso
politico delle mie rubriche sulla stampa. Una delegazione di giovani socialisti
cerca di farmi diventare il leader di una protesta autorizzata. La mia rubrica
su Carteles viene censurata più
volte. Scrivo molti racconti e tutte le istantanee
politiche che confluiranno nel volume Così
in pace come in guerra. Preparo la prima riunione tra comunisti e
direttorio rivoluzionario, nel frattempo faccio avere armi di contrabbando a
questi ultimi. Organizzo un viaggio sulla sierra,
per me e per due giornalisti americani, ma Batista mi precede e il 31 dicembre
abdica. Ho trent’anni quando assisto al trionfo rivoluzionario, dirigo per
brevi periodi il giornale Revolución
e vengo nominato capo del Consiglio Nazionale di Cultura del nuovo Istituto del
Cinema (ICAIC). Più tardi fondo Lunes,
supplemento letterario di Revolución.
Vado negli USA, Canada e Sudamerica al seguito di Fidel Castro. Nel 1960 Lunes comincia una politica di inviti
nei confronti di scrittori politici, da Sartre a Sarraute, fino a Sagan, LeRoi
Jones e Wright Mills. Al tempo stesso il periodico cerca di aiutare il paese a
evolvere da una rivoluzione comunista verso una rivoluzione originale. Visito
l’Europa - anche l’Unione Sovietica, la Germania Est e la Cecoslovacchia - con
una delegazione di giornalisti. Divorzio da mia moglie. Smetto per sempre di
scrivere critiche cinematografiche. Pubblico Così in pace come in guerra.
Lunes diventa anche una rubrica
televisiva.
Nel 1961 sono corrispondente di guerra alla Baia dei
Porci. Cuba si converte al socialismo. L’ufficio censura del cinema proibisce e
subito dopo sequestra P. M., un
cortometraggio che celebra la vita notturna dell’Avana nel 1960, girato da mio
fratello e trasmesso nella rubrica televisiva di Lunes. La redazione di Lunes
presenta un protesta scritta firmata da oltre duecento scrittori e artisti. Il
governo decide di posporre il primo congresso di scrittori e artisti di Cuba e
comincia a intraprendere una serie di conversazioni con gli intellettuali,
presidiate da Castro, assecondate dal Presidente Dorticós e maneggiate dai
comunisti. Ala fine dei colloqui ufficiali sembra che i soli scrittori
preoccupati per la libertà di espressione a Cuba siano quelli del gruppo di
Lunes. Il film è sequestrato e condannato ufficialmente, mentre la rivista
viene proibita. Per assurdo, durante il congresso degli scrittori e artisti che
si tiene appena un mese dopo, anche se sono disoccupato, vengo eletto
vicepresidente della Unione degli Scrittori e degli Artisti (UNEAC). Mi sposo
con Miriam Gómez, ormai attrice famosa di teatro, cinema e televisione. Comincio
a scrivere Ella cantaba boleros, come continuazione di P. M. in letteratura, il romanzo che diventerà Tre tristi tigri.
Nel 1962
mi trovo ancora senza lavoro e comincio a essere
considerato un esiliato interno. Preparo un libro con le mie critiche di cinema
e scrivo un prologo, un epilogo e un interludio, per trasformare una raccolta
di articoli in una fiction sovversiva
come Un oficio del siglo XX. Con
questo libro voglio dimostrare che l’unico modo in cui un critico può
sopravvivere nel comunismo è entrare a far parte di una fiction. Alla moda bolscevica vengo esiliato dalla capitale
politica, ma L’Avana è soltanto una versione latina di Mosca e invece di
mandarmi in Siberia, mi destinano come addetto culturale presso il consolato
cubano in Belgio.
Nel 1963 Così in
pace come in guerra viene pubblicato in Francia, Italia e Polonia, è
nominato al Premio Internazionale di Letteratura, vinto ex aequo da due epigoni
di Kafka. Nel 1964 il mio primo romanzo - che in un secondo tempo intitolerò Tre tristi tigri - vince il premio più
prestigioso per un romanzo in spagnolo, anche se è scritto in cubano. Vengo
nominato incaricato d’affari in Belgio e in Lussemburgo. Torno a Cuba il 3
giugno 1965, per partecipare ai funerali di mia madre, mi rendo conto che L’Avana
è una città fantasma e non vedo l’ora di tornare in Europa. Finisco nella trama
di un romanzo di Kafka, perché Fidel Castro pare avere altri piani, mi lascia
in eterna attesa di parlare con lui, anche se quel giorno non arriva mai.
Incontro alcuni amici, li vedo spiritualmente decrepiti, mi riconoscono e
muoiono, subito dopo aver mosso la loro coda politica, mi rendo conto che sono
tornato a Itaca. Non sopporto di vedere in che cosa i pretendenti hanno trasformato la mia isola e sono disperato nel
vedere una folle Penelope che ogni giorno tesse un tappeto diverso. Lascio
L’Avana per sempre, convinto che sia la
fine di tutto, ma in realtà non è così, è soltanto l’inizio. Prendo un aereo
per tornare in Europa, portando con me le mie due figlie, qualche manoscritto,
tre foto, un poco di saggezza e un pugno di ricordi. Una volta salito
sull’aereo odo il rumore dei motori mentre fuggo dalla follia e so bene che nel
mio futuro c’è soltanto l’esilio.
Nel 1965
mi trasferisco da Bruxelles a Madrid, in calle Batalla del Salado, insieme a
Miriam Gómez e alle mie due figlie, ma l’accoglienza non è delle migliori
perché il mio ultimo libro viene censurato. In ogni caso mi rendo conto che il
libro non è onesto, perché scrivendolo mi sono lasciato andare all’opportunismo
politico trascurando la letteratura. Completo Tre tristi tigri nella sua versione definitiva e surrealista
restituendo al libro le intenzioni originali. Adesso sono contento di un
romanzo che si è liberato dei compromessi politici per diventare soltanto
un’opera d’arte. Posso pubblicarlo con il titolo definitivo. Mi scrive Alberto
Mora, il mio vecchio amico cubano, per farmi sapere che Fidel Castro e il
presidente Dorticós mi attendono, le porte del rientro a Cuba sono sempre
aperte, basta che decida di rientrare, visto che tutti sono dispiaciuti per la
fuga di mio fratello negli Stati Uniti.
Nel 1966 cambio casa, passo dai paraggi del Museo del
Prado alla riviera di Manzanares, ma mi rendo conto che vivere a Madrid è come
abitare nel cortile di un convento e non mi va molto a genio, perché non ho mai
avuto fantasie sessuali nei confronti delle suore. Le autorità spagnole
dimostrano di avere la memoria lunga e mi negano la residenza ricordando i
numeri di Lunes dedicati alla
letteratura spagnola in esilio e alla letteratura internazionale
antifranchista. Vado a Londra, su invito di un amico che vive deliri di
grandezza cinematografica, per scrivere un soggetto che non diventerà mai
pellicola, ma che mi fa guadagnare i primi soldi lavorando per il cinema in
lingua inglese. Londra mi fa subito un’ottima impressione, mi piace vedere le
ragazze indossare abiti provocanti che contrastano con le donne velate di
Madrid. Comprendo che Londra è il mio habitat naturale e finalmente riesco a
trasferirmi nella capitale inglese con la famiglia, grazie ai soldi guadagnati
per scrivere la sceneggiatura di un film talmente brutto da farmi insistere per
ritirare il mio nome dai titoli.
Nel 1967 vado a vivere in uno scantinato di Trebovir
Road, con mia moglie e i miei figli, in povertà estrema, leggermente alleviata
dalle collaborazioni per Mundo Nuevo
e dalla generosità di amici come Calvert Casey, vecchio collaboratore di Lunes, che ha scelto l’esilio con me.
Scrivo una nuova sceneggiatura che si trasformerà in una mediocre pellicola
intitolata Wonderwall, consigliata
solo per la colonna sonora di George Harrison. Il denaro guadagnato mi permette
di trasferirmi a Sout Kensington, in Gloucester Road, e di iscrivere le mie due
figlie in un collegio cattolico della costa. All’età di trentotto anni accade
una cosa straordinaria per me che non sono mai stato amante dei gatti: mi
innamoro di Offenbach, un siamese mitologico che diventa il mio miglior amico.
Cosa non meno importante viene pubblicato Tre
tristi tigri.
Nel 1968 sono già ben ambientato nella realtà
londinese, tra ragazze di silicone e donne che in realtà sono uomini
travestiti, ma la capitale non è solo questo. Scrivo articoli per Mundo Nuevo, scopro e approvo la
pornografia di Corín Tellado, una rivista settimanale sudamericana mi
intervista e faccio le prime dichiarazioni contro Fidel Castro definendolo un caudillo latinoamericano. A Cuba mi
dichiarano traditore, i fidelisti di tutto il mondo ne approfittano per
diffamarmi e inventare storie sul mio conto.
Nel 1969 scrivo la sceneggiatura di Vanishing Point, una pellicola
importante. I successi letterari continuano e seguono di pari passo con le
calunnie organizzate, ma quel che più mi colpisce è il suicidio di Calvert
Casey a Roma. Mi prende una grande malinconia che combatto giocando a scacchi
con mia figlia Carolita e guardando Offenbach godersi un’estate che smentisce
una Londra piovosa.
Nel 1970 conosco Hollywood per la prima volta, dopo
aver lottato molto per ottenere il visto americano. Sono pur sempre cubano e il
mio passato pesa, come quello di una prostituta che ha cambiato vita. Negli
Stati Uniti conosco molta gente di cinema, esploro splendide locationes del sud est dove ambientare
una pellicola, incontro Mae West, ma non possiedo fotografie per provarlo.
Rivedo New York e mi sembra una città sudicia. Scrivo una buona sceneggiatura
per un produttore di Hollywood pagata benissimo e mi rendo conto che il denaro
compra tutto. Esce Vanishing Point,
che in alcune parti del mondo si intitola Punto
di fuga o Punto limite zero, un grande successo pure se il regista capovolge
le mie intenzioni. Decido di non scrivere più per il cinema - ma ci ripenserò -
e mi concentro su Cuerpos divinos.
Nel 1971 esce Three
Trapped Tigers, versione inglese di Tre
tristi tigri, mentre la versione
francese (Trois Tigres Tristes) vince
a Parigi il premio per il miglior libro straniero. Concedo un’intervista per il
libro Seven Voices e la mia
confessione si trasforma in una scandalosa rivelazione personale e politica. Le
mie figlie, educate secondo la religione cattolica, lasciano il collegio.
Nel 1972 - tentato dal regista Joseph Losey - torno al
cinema e scrivo una sceneggiatura basata sul romanzo Sotto il vulcano. Non mi piace scrivere sotto pressione, sia del
tempo che della materia letteraria, e questa esperienza mi fa uscire pazzo. Al
termine di un’estate allucinante si suicida il mio vecchio amico Alberto Mora e
la notizia che proviene da Cuba è per me un brutto colpo. Nonostante tutto,
completo il vecchio manoscritto di Vista
del amanecer en el Tropico inserendo una cronologia della violenza nella
storia di Cuba.
Nel 1974 soffro un brutto periodo di depressione, ma
termino Vista del amanecer en el Tropico
che viene pubblicato nello stesso anno. Si tratta del mio primo libro dopo Tre tristi tigri, uscito nel 1967. Il
mio rapporto con la scrittura è cambiato, se prima ho lasciato che le parole
giungessero al delirio, adesso so che possono arrivare anche al delirium tremens verbale e divento
cauto. Completo una raccolta di saggi e di articoli dove investo molto tempo
per tirare fuori la saggezza dalle cose semplici.
Nel 1975 mia figlia Ana, che aveva lasciato la casa di
famiglia per sposarsi con esiti disastrosi, mette al mondo una bambina. Non mi
sento un nonno, non perché voglia restare un eterno adolescente, ma perché non
credo che il sangue possa avere più consistenza dell’acqua. Pubblico O - che qualcuno continua a chiamare Zero - raccogliendo articoli e saggi, ma
anche una cronologia che alcuni critici considerano esibizionismo puro, mentre
è solo un saggio di prosa biografica.
Nel 1976 scopro vecchi appunti di un libro mai uscito
che avrebbe dovuto intitolarsi Cámara
lúcida e parto da quelle note per scrivere Exorcismos de esti(l)o, una sorta di omaggio a Raymond Queneau a
base di esercizi verbali. Il libro viene pubblicato in Spagna ed è il mio
ultimo lavoro a base di frammenti, perché dopo cercherò di dare maggior
continuità e respiro alla narrazione. Rifletto su come i lettori abbiano sempre
accolto bene le mie opere in Spagna, persino quando c’erano intermediari
culturali, editori, critici politici che avrebbero voluto rifiutarle.
Nel 1977, grazie a un giovane scrittore residente a
Londra, riprendo in mano vecchie conferenze tenute al Palazzo delle Belle Arti
dell’Avana, nel 1962, su registi cinematografici americani che mi affascinavano
e che ancora rientrano nei miei interessi, per pubblicare un libro come Arcadia todas las noches. Alla fine di
questo anno si verifica un evento tragico: la scomparsa di Offenbach, dopo
dieci anni di reciproca compagnia. La parola tragedia potrà sembrare esagerata
ma rende bene la mia situazione morale di quel periodo. Si tratta del giorno
più triste dell’anno. Miriam Gómez fabbrica una cassa fatta con scaffali da libreria
e sotterra Offenbach in giardino con undici rose bianche. Non amo i cadaveri,
aiuto a scavare, ma non voglio vedere il mio miglior amico morto.
Nel 1978
mi invitano a tenere una conferenza all’Università di
Yale, per la prima volta nella mia vita. Leggo testi in spagnolo e inglese che
vengono interpretati persino in cubano. Visito una New York rinnovata con
Miriam Gómez e condividiamo la meraviglia metropolitana di una città che è un
monumento architettonico.
Guillermo
Cabrera Infante afferma: “Fino a questo punto il rumore - adesso è il momento
del silenzio”, ma nel 1996 non ce la fa a tacere e aggiorna l’autobiografia,
fermandosi all’età di 66 anni. Il nuovo testo s’intitola: Raccontando i
cinquanta. Riprende dal 1978, raccontando ancora l’esperienza vissuta
all’Università di Yale.
Nel 1978 scopro che mi piace leggere i miei testi in pubblico e trovo che sia un progresso passare dall’Avana ostile a Yale che sbadiglia. Visito la casa di Mark Twain ad Hartford, nel Connecticut, e osservo i manoscritti di Faulkner in Virginia. I monumenti di New York sono i suoi palazzi: vere e proprie lapidi in cerca di epitaffio. Nel 1979 viene pubblicato in Spagna L’Avana per un infante defunto, il primo romanzo erotico serio edito in spagnolo dal 1515, anno in cui Francisco Delicado pubblicò La lozana andaluza. Pure Delicado era un esiliato e dovette stampare il suo libro a Roma.
Nel 1978 scopro che mi piace leggere i miei testi in pubblico e trovo che sia un progresso passare dall’Avana ostile a Yale che sbadiglia. Visito la casa di Mark Twain ad Hartford, nel Connecticut, e osservo i manoscritti di Faulkner in Virginia. I monumenti di New York sono i suoi palazzi: vere e proprie lapidi in cerca di epitaffio. Nel 1979 viene pubblicato in Spagna L’Avana per un infante defunto, il primo romanzo erotico serio edito in spagnolo dal 1515, anno in cui Francisco Delicado pubblicò La lozana andaluza. Pure Delicado era un esiliato e dovette stampare il suo libro a Roma.
Nel 1980 insegno per sei mesi all’Università del West
Virginia e impartisco conferenze per tutti gli Stati Uniti. Vado in Mesico, Bogotà
e Caracas per promuovere L’Avana per un
infante defunto. Conosco Reinaldo
Arenas, esule cubano grazie all’esodo del Mariel ed Heberto Padilla, venuto via
con maggior comodità, dopo essere sopravissuto - come Arenas - al carcere. Mi
rendo conto che se fossi rimasto a Cuba avrei dovuto scontare un simile
destino. Nel 1981 leggo a Washington in pubblico un articolo intitolato Parodio no por odio, che fa infuriare l’ambasciata cubana perché l’ambasciatore
cubano si chiama proprio Parodi. L’addetto culturale venezuelano si unisce alla
protesta anche se non si chiama Odio. Nel 1982 trascorro sei mesi presso
l’Università della Virginia, visito altre Università americane: Chicago,
Kansas, Cornell, Wisconsin, Yale e New York. Ho più fortuna di Edgard Allan Poe,
che venne espulso dall’Università della Virginia. Nel 1983 completo Infante’s Inferno, traduzione più letteraria che letterale de L’Avana per un infante defunto. Comincio
Holy Smoke, il mio primo libro in
inglese, che in spagnolo diventerà Puro
humo. Prima di questo libro avevo scritto in inglese sceneggiature di
cinema, articoli e racconti come Il
fantasma dell’esodo, ma questa è
un’impresa più difficile: un viaggio nel caos di un’altra lingua. Holy Smoke esce nel 1985 in Inghilterra, ricevo
buone critiche nonostante sia un intruso ispanico nella prosa inglese. Il Times Literary Supplement mi definisce la risposta cubana a Conrad e a
Nabokov, anche se l’inglese non è la mia lingua madre. Insegno nel Wellesley
College e mi rendo conto che nel Campus nessuno sa niente di Nabokov che visse
in quel collegio per sette anni. Non chiedo niente di Conrad, perché temo che
lo confondano con l’attore William Conrad.
Nel 1986 vado in Australia e il mio viaggio si
trasforma nell’incontro con un nuovo continente: un gran deserto rosso munito
di corona verde. Torno a Los Angeles, che avevo visto l’ultima volta nel 1970,
dove impartisco una conferenza su come vengono pronunciati i nomi degli
scrittori nei paesi anglosassoni. Il pubblico non ritiene importante che qualcuno
invece di Infante dica Infinity e che
Borges diventi Burgués. Comincio a
tradurre Holy Smoke, un buon motivo
per convincermi ad abbandonare per sempre la traduzione. Non è facile restare
fedeli dall’inglese allo spagnolo, d’altra parte la fedeltà non è fatta per le
traduzioni, va molto meglio per i grammofoni e per il matrimonio.
Nel 1987
mi chiamano all’Università dell’Oklahoma e mi ritrovo
circondato da una pattuglia di eruditi, ma non viene in mio soccorso il Settimo
Cavalleggeri. Magister ludi per due
settimane, dopo tutti i problemi vissuti dal 1947 in poi, anno in cui ho
cominciato a scrivere. Se mia madre potesse vedermi! La povertà mi ha insegnato
a essere generoso con gli aggettivi: non avevo niente da perdere, a parte il
rispetto. Nasce il mio secondo nipote, che viene circonciso il terzo giorno
perché la famiglia è di fede ebrea. Cerco un nuovo eroe e ancora la mia Itaca
perduta, continuo a viaggiare, come Ovidio mi reco a Vienna per prendere parte
a una riunione di scrittori esiliati.
Nel 1988 vado a Barcellona insieme a Miriam Gómez,
come membro di una società per la difesa della cultura catalana. Andiamo in
Germania dove Tre tristi tigri ha
riscosso un sorprendente successo di critica e di vendite. Faccio un tour di
conferenze a Saarbrücken, Colonia e all’Università Goethe di Francoforte. Alla
fine vado a vedere il museo Lichtenberg e mi rendo conto che è una modesta
struttura nei pressi del castello di Frankenstein. Viaggio in Italia, ma non
seguo le orme dei personaggi di Rossellini: Venezia, Milano, Firenze, Siena e
Pisa, sono le mie mete. A Venezia incontro la bella e dolce cugina di Adriana
Ivancich, l’ultimo amore di Hemingway, che è figlia di madre cubana. Proseguo a
impartire conferenze al Festival del Cinema di Miami e più tardi a Barcellona,
presentando un capolavoro sconosciuto come The
Last Flight. Vado in Brasile invitato dall’editore de L’Avana per un infante defunto e Vista del amanecer en el Trópico e dal giornale Folha de São Paulo. Conferenza
memorabile proprio a São Paulo con sottofondo di musica brasiliana. Colgo
l’occasione per visitare Bahia - una città affascinante - e Rio, che non è più
quella di un tempo.
Nel 1989 viene pubblicato Tre tristi tigri in spagnolo senza tagli di censura. Il libro
adesso è libero ovunque, persino a Caracas, ma continua a essere proibito a
Cuba, dove in ogni caso la nuova generazione di scrittori lo copia e lo imita.
Nel 1990 scrivo per la Paramount e per Andy García una sceneggiatura
cinematografica intitolata La ciudad
perdida (diventerà The Lost City
molto più tardi, ma lo scrittore non farà in tempo a vederlo, nda).
Vado a Hollywood con il mio libretto. Nel 1991 scrivo e riscrivo al
sceneggiatura, ma non sono mai soddisfatto. Viaggio per il mondo insieme a
Miriam Gómez. Posso andare ovunque ma non a Cuba.
Nel 1992 viaggio idealmente verso l’isola con Mea Cuba, il mio testamento politico.
Ricevo un dottorato honoris causa
dall’Università Internazionale della Florida. Il momento più memorabile è
quando scopro che accanto a me - in toga e tocco da laureato - c’è il grande
Joe Di Maggio, uno dei miei eroi da bambino, quando ero appassionato di
baseball.
Nel 1995 pubblico a Madrid Delito por bailar el chachachá, una raccolta di racconti, saggi e
letteratura ripetitiva. Pronuncio discorsi a Madrid e a Parigi sul poeta José
Martí, per il centenario della sua morte. Scrivo una monografia su Howard Hawks
e sulla sua opera maestra Río Bravo
per il BRitish Film Institute. Completo la mia prima opera di fiction lunga dopo molto tempo, ma il
titolo è segreto (Cuerpos Divinos,
pubblicato postumo, nda). Ricevo il
premio biennale dell’Istituto latinoamericano di Roma per L’Avana per un infante
defunto, pubblicato in italiano l’anno precedente.
Termina qui
il saggio di scrittura autobiografica realizzato da Guillermo Cabrera Infante
ponendo come riferimento gli anni della sua vita dal 1929 al 1995. Gli ultimi
dieci anni - la morte è avvenuta nel 2005, a Londra - sono documentati soltanto
dalla sua opera.
Bibliografia
e Filmografia essenziale
Guillermo Cabrera Infante (Gibara - Cuba - 22 aprile
1929 - Londra, 21 febbraio 2005) - Premio Miguel de Cervantes (1997)
Opere
Così in pace come in guerra (Asì en la paz como en la
guerra) (1960) Mondadori, 1963
Tre tristi tigri (Tres tristes tigres) (1967) Il
saggiatore, 1976
Vista del amanecer en el trópico (1974)
O (1975)
Exorcismos de esti(l)o (1976)
L’Avana per un infante defunto (La Habana para un
infante difunto) (1979) Garzanti, 1993
Puro humo (1985)
Mea Cuba (1992) Il saggiatore, 1997
Delito por bailar el chachachá (1995)
Mi música extremada (1996)
Ella cantaba boleros (1996)
Vidas para leerlas (1997)
Il libro delle città (El libro de las ciudades) (1999)
Il saggiatore, 2001
Todo está hecho con espejos (1999)
La ninfa inconstante (2008)
Recensioni
cinematografiche
Un oficio del siglo XX (1963)
Arcadia todas las noches (1978)
Cine o sardina (1997)
Sceneggiature
cinematografiche
Wonderwall, regia di Joe Massot (1968)
Punto zero (Vanishing Point), regia di Richard C.
Sarafian (1971)
Gordiano Lupi
(bibliografia, adattamento e traduzione)
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