venerdì 25 ottobre 2024

Il mediatore, di Daniele Grano

Bookabook edizioni 

Napoli. Gabriele, single, quasi quarant’anni, di lavoro fa il mediatore, cerca di appacificare chi è in conflitto. Ma succede l’imprevisto: la polizia lo coinvolge nella morte di un suo cliente. Com’è possibile? Qualcuno vuole incastrarlo? Mentre il protagonista e i suoi amici cercano di capire cos’è successo e chi potrebbe avercela con lui, riaffiora il passato di Gabriele, il dramma familiare che lo ha colpito da ragazzo e che ancora oggi lo tormenta. Fra i quartieri di Napoli e le serate calde d’estate, il filo del racconto s’intreccia e si dipana e, forse, solo un amore giovane e fresco e un’amicizia autentica potranno salvare Gabriele.

Il libro esplora il significato nascosto dietro i gesti quotidiani, riflettendo sull’esperienza umana e sulla natura delle interazioni tra le persone. Attraverso la figura di un mediatore, Grano tratta temi di introspezione e delle storie personali intrecciate con la vita di tutti i giorni. La sua scrittura è caratterizzata dalla profondità e dall’attenzione alle sfumature dei comportamenti umani. Il romanzo è il racconto in prima persona, attuale e passato, del cinismo, della misantropia e delle paranoie di un uomo in perenne conflitto interiore.

Gabriele Denaro, il protagonista, ha quasi quarant’anni, vive a Napoli e per lavoro fa il mediatore. Non libera ostaggi dalle banche bensì concilia con ottimi risultati, ma con insofferenza, liti familiari e condominiali. È proprio in conseguenza di un incontro casuale con una sconosciuta, poi parte in una mediazione, che si troverà coinvolto nelle indagini per l’omicidio di un noto personaggio cittadino.
All’apparenza Gabriele è quello che si definisce “un bastardo”. Sopraffatto da ogni forma di vizio, tratta spesso con arroganza e superficialità le persone che lo circondano e che nonostante tutto gli vogliono bene.

Daniele Grano è nato nel 1986 a Napoli, dove vive e lavora come avvocato civile. Si occupa di mediazioni e ha ideato un sito che per anni ha reso più facile il lavoro dei suoi colleghi.  “Mi piaceva approfondire cosa può nascondersi dietro i piccoli gesti del nostro quotidiano, dietro atteggiamenti che potremmo giudicare come scorretti o inopportuni. Capire, insomma, perché alcune persone sono come le vediamo. Qual è la loro storia e provare a dar loro una speranza. È quello che ho provato a fare con Gabriele” afferma Daniele Grano.

Il volume è disponibile su ordinazione in tutte le librerie e store digitali oltre che sul sito della casa editrice (https://bookabook.it/libro/il-mediatore-dietro-ogni-gesto-ce-una-storia/). Disponibile anche la versione ebook.

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Scheda libro

“Il mediatore. Dietro ogni gesto c’è una storia”

Autore: Daniele Grano

Codice ISBN Cartaceo 979-1255991724  Prezzo 14,00 euro

Formato 12.9 x 1.5 x 20.1 cm

Pagine 175

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La più grande balena morta della Lombardia

Un amico mi consiglia questo libro e io metto da parte Prima che sia notte di Reinaldo Arenas (Guanda) e Casa d’altri di Silvio D’Arzo (Einaudi, ma Struzzi mica Stile Libero), due libri veri, di quelli che ti restano dentro per un bel po’ di tempo e ti fanno pensare. Li metto da parte e leggo La più grande balena morta della Lombardia. Certo che la differenza salta agli occhi, se prima leggevo Topolino o Diabolik forse Aldo Nove la sua figura ce la faceva, ma mica ne sono tanto sicuro. La storia che dà il titolo alla raccolta ci presenta un bambino che ogni giorno va allo zoo di Como per vedere la più grande balena morta della Lombardia, che però non è così morta visto che un bel giorno si desta e divora tutti i continenti. Il bambino resta solo nell’infinito, ci sta un po’ a pensare (ma mica poi tanto) e alla fine esce fuori con la tutina della Chicco e contempla il nulla assoluto. Il racconto è solo esemplificativo. Narrativa del non senso e mi sta pure bene, narrativa surreale e te la passo pure, ma almeno condiscimela con un po’ di tensione narrativa, con qualche trovata di stile, con appena appena un po’ di motivazione perché io editore te la debba pubblicare e io lettore te la debba stare a leggere. Invece niente. La storia dura lo spazio di due paginette e finisce come è cominciata, nel piattume più assoluto. E così sono tutti gli altri racconti, che chiamarli racconti mi viene male, è davvero parecchio dura. I Ricchi e Poveri è la seconda storiella (ecco questa è la parola giusta) che ci presenta niente meno che il nasone del popolare gruppo canoro mentre aspira sul palco con il suo enorme naso i superstiti di una terribile esplosione. Un altro parla dell’Omino Bialetti che in quel di Viggù (patria dell’autore) uccide i bambini che restano soli nel bagno per nove minuti di seguito. Un altro ancora di Toni Negri che pare un drago dei tempi moderni e uccide la gente con il fuoco che gli esce dagli occhi. Un altro parla di Enzo Tortora e io se fossi la figlia di Tortora lo querelerei ad Aldo Nove  perché è davvero di cattivo gusto.

E anche dello stile si dovrebbe parlare. I racconti sembrano scritti da un bambino delle elementari che non ha capito un tubo dei congiuntivi e dei tempi verbali. Ma quello mi sta pure bene, va di moda così, i congiuntivi mica li usa più nessuno. Però che sia uniforme la scelta stilistica, che si scriva sempre uguale, se no capita che il lettore non capisce e il critico neanche. Aldo Nove non usa le congiunzioni eufoniche neppure quando servono (incontro di due a e di due e), lui ha dichiarato guerra totale agli “ad” e agli “ed”. Non solo, a volte piazza senza motivo delle “a” congiunzione scritte con l’acca davanti che sembrano veri e propri errori di grammatica. Mi dovrebbe spiegare perché. Forse sta lanciando una nuova moda.

Mi fermo qui e vi dico solo che il racconto migliore è Ciascuno deve pensare a Cicciolina per sé, che almeno ha un po’ di verve e di tensione narrativa, pure se l’argomento non è che sia dei più profondi, il protagonista è la sborra e la prima sega che ci si fa da ragazzini. Ecco, detto questo mi meraviglio parecchio quando leggo una recensione come quella di Roberto Carvelli su “Blue” (che è pure una bella rivista indipendente) che recita: “Aldo Nove è il più talentuoso scrittore della generazione cannibale, il libro è un assoluto capolavoro, perfetto per coerenza di pensiero, rimarrà in questa storia di anni distratti perché è nato già come un classico, pensato da una mente con capacità di astrazione e transfert temporali di enorme portata, io fossi in voi me lo comprerei senza perdere tempo”. Ora finché recensioni simili me le propina Aldo D’Orrico sul “Corriere Magazine” so che fa parte del gioco e me ne sto zitto, cosa vuoi che faccia. Ma da Carvelli su “Blue” e pure da Ottonieri su “Carta” non me l’aspetterei questo totale asservimento al potere editoriale, mi sembrerebbe fuori luogo. Se poi lo pensano davvero che La più grande balena morta della Lombardia è un capolavoro allora la cosa è ancora più grave, magari mando ai critici qualche manoscritto di quelli che al Foglio di solito rifiutiamo, mi sa che sono capolavori pure quelli. Come si fa a definire un capolavoro questo libro di racconti che io da quando l’ho comprato mi diverto a leggerlo alla gente e mica lo dico chi l’ha scritto e chi l’ha pubblicato. No, dico che sono racconti che hanno inviato alla redazione del “Foglio Letterario” e che si deve decidere se pubblicarli oppure no. I redattori della rivista mi rispondono che la posso pure smettere di leggere storie senza senso, ché roba come quella mica si può pubblicare, ci si rimette la faccia. Quando dico che l’ha già pubblicata Einaudi ci restano male. Se questa roba è letteratura tutti possiamo scrivere e tutto è pubblicabile, cari miei. E allora ho deciso che la prossima volta che mi chiamano a presentare Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura invece di leggere qualche capitolo del mio libro, leggo La più grande balena morta della Lombardia e dopo recito pure le recensioni di Carvelli, Ottonieri e D’Orrico e sto a  sentire quello che pensa la gente. Intanto però me ne torno a Reinaldo Arenas e a Silvio D’Arzo, ché di storielle da poco ne avrei lette anche troppe e mi ci vorrebbe un po’ di letteratura di quella vera, sono in astinenza. All’orizzonte vedo come un incubo il nuovo libro di Tiziano Scarpa, Corpo s’intitola e pure quello lo pubblica Einaudi, D’Orrico sul Corriere ha già detto che è un capolavoro. Scarpa è un autore molto prolifico e io tempo fa mi sono letto un libro dove ci raccontava per filo e per segno tutte le sue scopate. Ve lo raccomando. Adesso invece nell’ultimo capolavoro si passa in rassegna i brufoli, poi ascolta cosa dice l’acqua nel bicchiere e infine si chiede cosa c’è scritto sul suo culo. Questo non lo leggo neppure se me lo regalano. 

Gordiano Lupi
www.gordianolupi.it

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