(foto di Riccardo Marchionni)
Ecco
la domanda di Lenin, la più difficile da affrontare, il che fare? senza speranza, quando tutte le speranze son state
tradite. Ti accorgi che al giorno d’oggi non ci sono lettori neppure per i
quotidiani, in edicola si vendono solo settimanali scandalistici, sono
scomparsi persino i fumetti, se li vuoi devi prenotarli, quelle che erano
edicole si trasformano in bar e luoghi adibiti al video poker. Scrittori e
imbrattacarte, in compenso, pubblicano un libro al giorno, ci sono pure io in
quel gruppo, anche se non mi lego a
quella schiera / morrò pecora nera, per dirla col poeta. Ti rendi conto che
pubblicare un racconto su Facebook o sulle pagine di un qualsiasi giornale non
c’è differenza, i lettori sono sempre gli stessi. Non solo, se pubblichi su
rivista la fatica è doppia, ché devi condividere sui social, chiedere letture,
quasi sempre affrettate, disinteressate, inutili. Il che fare? si fa sempre più angosciante, caro Lenin. Andava meglio
quando si stava peggio, quando c’erano le riviste letterarie su carta e chi
scriveva ambiva a pubblicarci sopra anche se le dirigevano personaggi arroganti
con la puzza sotto il naso, radical-chic fetenti in odor di Premio Strega,
direttori di scuole di scrittura un tanto al chilo (a pagina, pardon!). Oggi
non si sa più a cosa ambire, immersi come siamo in questa immondizia
letteraria, un mare di auto pubblicazioni del cazzo, e-book che nessuno leggerà
mai, libri a pagamento, fetecchie dei grandi editori che pubblicano la vita di
Melissa Satta e di Chiara Francini, stronzate del generale Vannacci, che adesso
andrà pure a rappresentarci in Europa. Tutte le volte che mi vien voglia di
pubblicare una cosa che ho scritto ci ripenso e non ne faccio di niente, magari
pubblico una cazzata che ha scritto un altro, ma almeno lui ci crede nelle sue
stronzate, mi dico. Perché crederci è importante, un libro lo devi presentare,
di solito davanti a venti persone, se sei diventato una star forse cinquanta,
ma se ci credi e lo promuovi bene, ci sta che cento copie le vendi. A dire il
vero mi sarei anche rotto le palle di scrivere e di pubblicare libri che al
massimo vendono cinquecento copie, come ne vendono poche di più gli editori
medio grandi che aggiungono uno zero al venduto, son bravi a far comunicazione,
ormai lo sanno tutti, per loro vendono anche gli e-book, ma io lo so che son
cazzate. I soli libri che vendono davvero sono i brunovespa natalizi e pasqualini, le memorie di Berlusconi, i libri
del Papa, i tomi di Vannacci e Salvini, poi storie di calciatori e veline, il
libro di Illary e quello di Totti. Vendono solo i libri che sarebbe meglio
fossero usati come carta da culo nei peggiori cessi di Caracas, oppure alla
stazione di Foggia, che fa parecchio schifo pure lei, ricordo un giorno di
averla frequentata - guarda caso - per presentare un libro. La letteratura? Non
pervenuta. Interessa a nessuno, a parte qualche aspirante scrittore che compra
un libro perché poi ne vorrebbe scrivere uno anche lui. Mondo del cazzo.
Gordiano Lupi
www.gordianolupi.it
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Appunti sul cinema di Pier Paolo Pasolini
https://www.youtube.com/watch?v=rfCHy76y9ec
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Walt Disney,
il grande cartoonist
di Guillermo Cabrera Infante
È incredibile che Walt Disney, uno dei maggiori
artisti del secolo XX, sia stato perseguitato dagli stessi critici che prima lo
esaltavano. O non è vero? Tutto sembra essere cominciato per colpa delle sue
opinioni politiche che, in ogni caso, poco hanno a che vedere con il suo
indubbio genio per la più genuina delle attività artistiche (e tecniche) del
cinema: il disegno animato. Ma Disney non è stato soltanto questo. Lo storico Leonard
Maltin afferma: “Disney è il più influente e famoso produttore della storia del
cinema”. Non fu soltanto un produttore, ma anche un instancabile inventore dei
metodi di animazione. “Walt Disney”, continua Maltin, “cominciò come
caricaturista, si trasformò nel cartoonist
capace di reinventare il modo di girare cartoni animati, passò a realizzare
cose fantasiose e infine cercò altri mondi da conquistare”, per aggiungerli ai
mondi che già dominava.
Walter Disney nacque insieme al cinema, nel 1901, e
morì per aver acceso troppe sigarette mentre inventava nuove forme di
intrattenimento a base di fumo e umorismo. Quando si parla di cinema bisogna
lasciare la parola agli storici, perché senza Walt Disney non si comprende a
fondo la rivoluzione epocale in tema di cartoni animati. Disney disegnò
soltanto un cartone completo. Non bisogna dimenticare l’importanza di Ub
Iwerks, realizzatore grafico delle idee di Disney. Una delle poche invenzioni
di Disney è stata Oswald, il coniglio animato protagonista di una serie a partire
dalla sua creazione avvenuta nel 1927. Disney disegnò le animazioni anche del
suo personaggio principale, Mickey Mouse, conosciuto in Spagna e in Centro -
Sudamerica come el ratón Miquito (Topolino). Mickey rappresenta
l’arte e l’ingegno commerciale di Disney, ma ha pure fornito alla lingua
un’immagine che indica qualcosa di economico nella creazione di un evento
pubblico. Nello slang del cinema (che
è il gergo del secolo) “Mickey Mouse” indica sempre qualcosa di comune e di poco
prezzo. Ma Mickey, come lo chiamò con affetto il suo creatore, è anche il
marchio di fabbrica più conosciuto del mondo intero, dopo la Coca-Cola.
Borges, quando conobbe Lorca, provò molto fastidio che
il poeta andaluso parlasse di Topolino come del personaggio più singolare, ineffabile
e divertente che aveva conosciuto. Non si usava ancora l’aggettivo emblematico,
ma il poeta aveva scoperto proprio questa caratteristica in una figura
completamente inventata e frutto di pura creatività. Per identificarsi ancora
di più con la sua invenzione, Walt Disney prestò al piccolo topo la sua voce
che al tempo stesso era esaltata e squillante. Disney non lo dava a vedere (o
meglio: sentire) ma stava usando una nuova invenzione che sarebbe stata
essenziale per il cinema: la voce (in questo caso più o meno umana). Le
animazioni sarebbero state curate dal suo braccio destro Ub, continuando o
copiando il modello Disney. Ma è stato Disney a rendersi conto per primo
dell’importanza permanente di un’altra invenzione contemporanea: il colore. I
suoi critici dicevano che aveva concepito un’impresa destinata al fallimento,
ma Walt Disney dette vita al cartone animato più lungo della storia che destò
unanime ammirazione e fu un grande successo al botteghino: Biancaneve e i sette nani.
I cartoni animati di Disney, che in realtà
cominciarono con l’animazione antropomorfa (con movimenti quasi umani) e che
successivamente si avvalsero del suono (inventato prima del debutto di Mickey,
Steamboat Willie) e del colore nelle sue Sinfonie
sciocche, che a loro volta erano composte da musica e narrazione
fantastica. Fu da questa felice combinazione che nacque il progetto più
ambizioso, che Disney chiamò giustamente Fantasia.
In questo cartone animato gli elementi popolari di Disney - Mickey e i suoi
personaggi - illustravano e a loro volta davano lustro alla musica più o meno
classica e, persino, all’avanguardia musicale. Si pensi alla versione, tra il
preistorico e il minaccioso, della Consacrazione
della primavera, che riuscì a fondere il cartone animato con la musica più
discordante possibile. Disney consacrò non solo se stesso, ma anche il compositore
più sdegnoso ed esigente in tema di prosecuzione delle forme musicali come fine
e come principio: Igor Stravinsky. Fu il suo insuccesso - solo di Disney, ovvio
- più grande, ma fu anche la sua maggior gloria. Fantasia, fin dal suo titolo, è rimasta come la migliore
combinazione dell’arte sonora con la cultura delle immagini animate. Così,
quando si dice Mickey Mouse, per parlare di creazione fantastica, si deve unire
l’animazione più fantasiosa alla musica: il genere artistico più astratto.
Adesso registriamo l’ultimo successo di Disney e di Fantasia, fusi in una combinazione di suoni e immagini in un’altra
invenzione del cinema: il disco DVD, che con la sua sigla dà inizio al nuovo
secolo: Disney Vincitore Divino.
Traduzione
di Gordiano Lupi
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