sabato 29 agosto 2015
venerdì 28 agosto 2015
domenica 23 agosto 2015
sabato 22 agosto 2015
Benedettini Gianfranco parte n 2
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venerdì 14 agosto 2015
Nelle case della gente
Mirko Tondi l’ho conosciuto da editore, nel senso che alcuni
giorni fa mi ha proposto di pubblicare il suo nuovo romanzo. Molti editori che
conosco non leggono neppure il testo che viene proposto, fanno contratti che
prevedono un contributo e stop, altri rifiutano per principio, la narrativa non si vende, dicono. E
allora andiamo avanti così, leggiamo Fabio Volo e Federico Moccia, tanto tanto
Genovesi che avrebbe voglia di darsi al western ma non lo farà perché in Italia leggono solo le donne
(parole sue) e quello del Bar Lume, che non mi ricordo neppure come si chiama,
ma scrive gialli, ché in Italia tutti leggono gialli e allora scriviamoli. A me
piace andare controtendenza. Ho letto qualche pagina del testo proposto, lo
stile mi piaceva, sono andato a scorrere la biografia, ho visto che Mirko è
toscano come me - fiorentino del 1977 - ha vinto diversi concorsi (valgono quel
che valgono, ma tutti finiamo per farli), ha pubblicato racconti su riviste e
antologie (idem come sopra), collabora con blog letterari, radio web, segue
laboratori di scrittura, materia che mi sta a cuore, come ben sanno i venticinque
lettori di Quasi quasi faccio anch’io un
corso di scrittura. Perlustrando la bibliografia di Mirko Tondi scopro che
ha appena pubblicato Nelle case della
gente, un romanzo che contraddice tutte le regole della scrittura creativa,
quelle che insegna il buon Giulio Mozzi, autore di alcuni tra i racconti più
inutili della letteratura italiana contemporanea. Protagonista del romanzo di
Tondi è un aspirante scrittore che per gran parte del libro racconta i fatti
suoi, seguendo la lezione di Cechov: Io
so scrivere solo sui ricordi. Un protagonista che ripercorre tutte le sue
difficoltà con la vita, il complesso rapporto con il padre e con il mondo
circostanze regalandoci perle di vera letteratura, sgorgata dalle ferite
dell’esistenza: “Tutto questo leggere e vedere film e documentarsi e ascoltare
musica e comprare oggetti è aria anche quello, oggi lo sa, perché oggi è un
giorno cattivo”. L’autore si descrive in maniera impietosa, ma è una
descrizione universale di un se stesso visto come “una specie d’uomo che ha
imparato a complicarsi l’esistenza trascinando un carico ingombrante di aspettative
e ambizioni”. Firenze onnipresente nella storia come sfondo cittadino ben
riprodotto: Porta Romana, Piazzale Michelangelo, le vie strette del centro,
l’Arno che scorre pensieroso, la squadra di calcio viola. Una colonna sonora
malinconica si confonde alle parole rimarcando i ricordi, contaminando la
musica di Led Zeppelin, Queen, Venditti, Pooh, Lucio Dalla. Non manca la
letteratura: Philip Roth, Paul Schrader (si
dovrebbe scrivere su qualcosa che ci disturba), Proust, Joyce, il romanzo La strada con il bambino che stringe
forte la mano del padre, Bolaño, Orwell, Bradbury, Thompson, De Lillo, Virginia
Woolf… e tutti i libri disposti alla rinfusa nella biblioteca come nella
confusa esistenza. Un libro sui libri, non solo un romanzo, un vero e proprio
corso di scrittura corredato di preziose indicazioni di lettura. I libri visti
come contenitori e produttori di ricordi, libri che segnano una vita, colpevoli
di averla complicata, di aver accresciuto le velleità di chi sa di non aver
ancora composto l’opera fondamentale, il libro sempre in procinto d’essere
scritto. Eterne domande sul senso della vita, anche se forse ha ragione Vasco
Rossi, ma questa frase è mia, mentre l’autore si chiede: “È davvero questo il
senso della vita, mettere su famiglia, fare figli per passare il testimone
della nostra esistenza a chi rimarrà dopo di noi?”. Immanente al testo il sogno
della scrittura, che pervade la vita di chi scrive bene ma non così bene e
sogna il romanzo che di sicuro un giorno o l’altro troverà il modo di scrivere.
Leggere Nelle case della gente è stato
come ripercorrere parte della mia vita e dei miei pensieri. Giulio Mozzi
permettendo, credo che sia proprio questa la funzione della letteratura. Molti potranno
immedesimarsi nella storia narrata da Mirko Tondi e capire qualcosa di più sul
senso della vita, anche se questa vita - purtroppo - un senso vero non ce l’ha…
Mirko Tondi
Nelle case della gente
Porto Seguro Editore
Pag. 150 - Euro 10
Gordiano
Lupi
www.infol.it/lupi
lunedì 10 agosto 2015
Storia Popolare di Piombino - Invito
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sabato 8 agosto 2015
Il segno del telecomando
Biagio Proietti (1940) è uno dei più richiesti e
prolifici sceneggiatori di gialli televisivi, scritti insieme alla moglie Diana
Crispo, alcuni rimasti nella storia del piccolo schermo: Coralba, Un certo Harry Brent,
Come un uragano, Lungo il fiume e sull’acqua, Dov’è
Anna?, Ho incontrato un’ombra, L’ultimo aereo per Venezia… Non solo, è
anche regista di film televisivi (Storia
senza parole), pellicole cinematografiche (Chewingum, Puro cashmire),
sceneggiati e documentari. Nessuno meglio di lui poteva affrontare una storia
dello sceneggiato - un tempo chiamato originale
televisivo - di cui è parte integrante, genere che precede le moderne fiction, che lo scrittore dimostra di
non amare. Per questo è opportuno l’aiuto di Maurizio Giannotti, autore
televisivo immerso nella realtà contemporanea (La vita in diretta, Uno
Mattina, Forum, Non è la Rai…) che si occupa di
integrare i ricordi di Proietti curando la parte contemporanea. Va da sé che
anche per chi scrive quel che importa è il passato, soprattutto ricordare i
tempi in cui la Rai non aveva abdicato al compito educativo di insegnare la
lingua italiana (Non è mai troppo tardi
del mitico maestro Manzi), le letteratura e la storia. Erano i tempi in cui
potevi vedere Delitto e castigo in
prima serata, Il dottor Jekill e Mister
Hyde con Albertazzi, Piccole donne,
Cime tempestose, Il romanzo di un
giovane povero, La cittadella di
Cronin interpretato da un grande Alberto Lupo. Erano i tempi in cui a Proietti
consegnavano un copione di venti minuti scritto per la televisione inglese e
gli dicevano: “Scrivici un originale televisivo!”. Così è nato Un certo Harry Brent con Lupo
protagonista in un ruolo che nell’originale britannico non esisteva (Harry
Brent non compare mai), inventato per l’occasione dal prolifico sceneggiatore
nostrano. Erano i tempi in cui Proietti incontrava Walter Chiari al Festival
del Cinema di Venezia, un Walter Chiari triste, solitario, che rimpiangeva i
tempi della grande popolarità e non riusciva a spiegarsi il successo dei comici
lanciati da Antonio Ricci a Drive In.
Erano tempi che non torneranno ma che è giusto storicizzare facendo parlare i
protagonisti come hanno fatto Giannotti e Proietti in questo libro prezioso,
utile guida per non dimenticare. Il segno
del comando di Daniele D’Anza - con Pagliai e Pitagora - è il titolo cult
mascherato nella denominazione di un volume nato per celebrare una
cinematografia votata ai generi popolari. Artigiani come Anton Giulio Majano,
Giorgio Capitani, Edoardo Anton, lo stesso Proietti hanno inventato trame che
tenevano incollati al video milioni di telespettatori prima dell’avvento della
televisione spazzatura, delle insignificanti tv commerciali, degli squallidi reality show. Prima che tutto diventasse
mercato e prima che il mercato fagocitasse l’intelligenza. Ricordare, in certi
casi, è un preciso dovere morale.
Biagio Proietti – Maurizio Giannotti
Il segno del telecomando
dallo sceneggiato alla fiction
Rai Eri – Euro 18 – Pag. 235
mercoledì 5 agosto 2015
martedì 4 agosto 2015
Longanesi visto da Giubilei
Francesco Giubilei è un giovane editore -
scrittore che seguo sin da quando ha cominciato a muovere i primi passi in un
ambiente complesso, ammirandolo per la tenacia sin qui dimostrata nel
perseguire obiettivi e realizzare risultati. Non è il primo a scrivere una
biografia su Longanesi - inimitabile quella di Indro Montanelli - ma è
importante che sia un piccolo editore a raccontare un vero e proprio modello
editoriale, descrivendo la vita di un uomo basata su scrittura e invenzione di media (pronunciatelo come una parola
latina, per favore) giornalistici. Giubilei non è alla prima prova saggistico -
narrativa, ma questa volta dimostra maturità stilistica e grande talento per la
divulgazione storico - biografica, perché coinvolge il lettore nelle imprese
quotidiane di Longanesi e lo fa sentire vicino come un fratello spirituale. Un
intellettuale controcorrente e polemico, non abbastanza fascista con Mussolini
al potere - anche se inventò il motto: Mussolini
ha sempre ragione! -, per diventare nostalgico del regime in piena
democrazia. Longanesi era alieno da compromessi, uomo poliedrico e brillante,
inventore di aforismi dissacranti (Sono
conservatore in un paese in cui non c'è niente da conservare, Soltanto sotto una dittatura riesco a
credere nella democrazia...), ideatore di riviste (L'Italiano, Omnibus, Il Libraio, Il Borghese...), scopritore di talenti e di libri scomodi (Il deserto dei tartari di Dino Buzzati),
autore di poche opere graffianti e sincere (In
piedi e seduti, Parliamo
dell'elefante, Un morto fra noi...).
Il capolavoro di Leo Longanesi resta la gloriosa e omonima Casa Editrice che
contende il mercato ai colossi del periodo storico con un'immortale collana di
pocket. Longanesi anticipa pensatori come Pasolini e Bianciardi: "La
televisione è basata sulla convinzione che esista moltissima gente che non ha
nulla da fare e che è pronta a perdere il tempo a guardare gente che non è
buona a fare nulla". Aveva proprio capito tutto. In tempi culturalmente
bui come quelli che stiamo vivendo - tra isole
dei famosi, amici e reality sulle montagne - un giovane editore come
Francesco Giubilei - pure lui romagnolo! - fa bene a ricordare Longanesi,
modello di vero intellettuale. Due parole sul prodotto editoriale, ben
confezionato, un oggetto libro corredato di illustrazioni e ben impaginato.
Unico difetto: il prezzo troppo alto per un libro popolare. Odoya è un ottimo
editore che sa fare il proprio mestiere. Mica è così scontato, credetemi.
Francesco Giubilei
Leo Longanesi
Odoya - Euro 18 - Pag. 200
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