mercoledì 29 febbraio 2012

Muore Angela Castro, sorella di Fidel e Raul Castro

Foto della famiglia Castro Ruz - da Cuba Al Descubierto
(da sinistra a destra: Ramón, Enma, Fidel, Angela, Raúl e Agustina)

L'Avana - Angela Castro, la sorella maggiore dei leader cubani Fidel e Raúl, è morta all'Avana all'età di 88 anni, secondo quanto informa la rivista digitale Café Fuerte. "E' morta all'alba di martedì 28 febbraio, da tempo si trovava ricoverata in clinica ed era molto malata", riferisce la sorella Juanita Castro, residente a Miami, sulla morte di Angelita, come la chiamavano amici e familiari. Dice la sorella: "Angela non è mai uscita da Cuba e io non l'ho più vista dal 1964, anno in cui abbandonai il paese. E' la tragedia che è toccata in sorte a tutte le famiglie cubane divise". Erano due anni che la scomparsa aveva perso lucidità, perché soffriva di Alzheimer, riferisce Café Fuerte, aggiungendo che la stampa cubana non ha fatto parola del decesso.

Juanita Castro ha detto che non parteciperà ai funerali e ha smentito le voci che la darebbero in partenza per Cuba, approfittando della visita di Papa Benedetto XVI. E' previsto un funerale privato per domani (giovedì 1 marzo) nel paese natale di Birán, provincia di Holguín, dove i suoi resti saranno cremati. Angela María Castro Ruz, nata il 2 aprile del 1923, era la maggiore dei sette figli di Ángel Castro Argiz e Lina Ruz González.

“Per me è stata come una madre. Era una donna colta e religiosa, molto cattolica e sempre coerente con le sue idee", ha detto la figlia adottiva Melba Leiman, che ha vissuto a Cuba tra il 1982 e il 1994 e che adesso dirige un collegio privato a Miami.

Gordiano Lupi

Morti dopo gli scontri in Siria


Una sera al club "Amichetti di Assad"

Fidel - C'è modo di dare la colpa di tutto questo a Yoani o agli americani?
Giornalista di regime - Lavoriamo in questo senso, Comandante.

Garrincha, El Nuevo Herald 29/02/2012

Attrezzatura


di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony

Un amico mi ha regalato alcuni mesi fa un eccellente manuale intitolato “Attrezzatura per il controllo civico della corruzione”. Il libro è accompagnato da un CD e da numerosi esempi pratici, e io me lo sono letto in cerca di risposte di fronte al flagello che ogni giorno ci colpisce di più. In questo stesso momento, riceviamo inviti a eliminare la sottrazione delle risorse e il furto nelle imprese statali. Per questo motivo mi sono immersa nelle pagine di questo libro per capire cosa dovrebbe fare ognuno di noi di fronte a simili atti. Senza sorpresa, scopro una parola che spesso si ripete tra le pagine di ogni capitolo: trasparenza. Una campagna effettiva anti-corruzione deve essere condotta ricorrendo anche a pubbliche denunce sui media nazionali. Ogni malversazione va data in pasto all’informazione, ogni appropriazione indebita deve essere criticata pubblicamente e con forza.

Tuttavia, i richiami a eliminare il segreto esposti dal Generale Presidente nell’ultima conferenza del PCC non sembrano aver ottenuto il risultato di far piena luce su simili atti. Esiste un’evidente selezione di ciò che si può dire e di quel che è proibito, una chiara linea di confine tra cosa è permesso pubblicare e cosa no. Per esempio, fino a oggi, non sono stati forniti dettagli sulla stampa nazionale in merito agli episodi di corruzione avvenuti nell’Istituto di Aereonautica Civile che hanno portato alla destituzione del suo presidente Rogelio Acevedo. Non è stata pronunciata una sola parola sull’ultimo scandalo nel sistema bancario che ha messo sotto inchiesta diversi impiegati, anche se non è stato “toccato” nessun alto funzionario. Non si parla neppure del cavo di fibra ottica tra Cuba e Venezuela che non ci ha portato Internet ma solo voci su funzionari epurati con l’accusa di aver rubato parte del budget previsto. Non ci fermiamo alle voci: basta transitare per il tunnel di calle Línea, da poco riparato, per rendersi conto che buona parte dei materiali destinati al restauro sono stati usati per altri scopi. Perché la televisione non parla di TUTTO questo?

Si torna a cadere nell’errore di sempre: il verticismo. La lotta contro la corruzione non è compito soltanto di uno Stato o del Tribunale generale della Repubblica. Per avere la certezza che chiunque metta le mani nelle casse nazionali possa essere denunciato, dovrebbero essere coinvolti tutti i cittadini. Se continuerà a prevalere l’impressione che ci sono “intoccabili”, ladri che non possono essere giudicati per la loro storia politica o per la loro tendenza ideologica, allora non potremo fare nessun passo avanti. Il giorno in cui vedrò uno di questi intoccabili criticato in televisione per aver sottratto mercanzie, contraffatto prezzi o mentito su cifre produttive, allora comincerò a credere che siamo sulla buona strada per eliminare un problema così grande. Intanto, osservo il manuale che tengo ancora tra le mie mani, e mi sembra soltanto un elenco di azioni improbabili, un serbatoio di illusioni per noi impraticabili.


Traduzione di Gordiano Lupi

martedì 28 febbraio 2012

Cuba - XVI Festival del Habano


In una vignetta pubblicata su El Nuevo Herald, Omar Santana scherza sul Festival del sigaro che ha avuto inizio a Cuba e che durerà fino al 2 marzo. Un signore augura buona fortuna a un mozzicone di sigaretta, mentre nel locale si brinda alla salute del sigaro. Il puro cubano è il sigaro fatto a mano più famoso del mondo e la ditta di Stato Habanos S.A copre l'80% del fabbisogno mondiale. Nel 2011, il mercato del sigaro ha portato alle casse cubane circa 400 milioni di dollari, grazie alle marche Cohiba, Romeo y Julieta, Montecristo e Partagas. I paesi con cui c'è stato un maggior scambio economico sono stati: Cina, Germania, Svizzera, Spagna, Francia e Libano. Le vendite sono aumentate del 9% rispetto all'anno precedente e riguardano ben 150 paesi, mentre una mancanza importante è il mercato statunitense, inarrivabile a causa dell'embargo. Per il 2012 le previsioni sono stazionarie. Al Festival del sigaro parteciperanno circa 1.500 persone e sarà un'occasione importante per far conoscere al mondo un prodotto tipico dell'isola caribica.
Gordiano Lupi

domenica 26 febbraio 2012

Alcuni sì, altri no

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Presa da un impeto di credulità, come ogni tanto mi accade, ho acceso la televisione. Volevo ascoltare il notiziario della sera, conoscere qualche notizia, avvicinarmi alla lontana ma al tempo stesso vicina realtà della Siria. Ma qui le informazioni non vengono diffuse secondo l’importanza che hanno per il resto del mondo… quindi serve molta pazienza. Prima di tutto è stato trasmesso un reportage su qualche raccolto agricolo il cui aumento non ha lasciato traccia sui nostri piatti; una cronaca sulla crescita di fagioli, banane o litri di latte che in ogni caso continuano a giocare a nascondino con le nostre bocche. Ho sopportato. Non avrei staccato gli occhi dallo schermo fino a quando non avessero parlato dei morti di Homs, diffuso le dichiarazioni della Lega Araba e dato notizia della morte di due giornalisti dopo un bombardamento.

Sono passati i minuti, disinformati e angosciosi. All’improvviso ho visto una foto che ritraeva la blogger Miriam Celaya (http://www.desdecuba.com/sin_evasion/?p=1968) e altre persone che conosco circondate da epiteti come “mercenari” e “traditori”.

Il motivo era la sua partecipazione a un seminario sulla stampa digitale, organizzato nella residenza di un funzionario dell’Ufficio di Interessi degli Stati Uniti. Nelle adiacenze del palazzo alcuni inquieti paparazzi ufficiali avevano fotografato l’evento per poi narrarlo alla loro maniera alla televisione nazionale. Ogni volta che accadono cose simili, mi chiedo perché il governo cubano mantenga aperta una rappresentanza USA sull’Isola se - come dicono - questa si trasforma in un “nido di provocatori”. La risposta è contenuta nella stessa domanda: non potrebbero governare senza dare la colpa ad altri del crescente dissenso. Se le migliaia di persone che ogni settimana sopportano code interminabili all’esterno di quella sede diplomatica in attesa di emigrare sapessero che non esiste via d’uscita per la loro frustrazione, molto probabilmente questa si rovescerebbe nelle nostre strade e nelle nostre piazze. Infine, il Ministero delle Relazioni Estere soffre strani conflitti con la Sezione di Interessi, stile ti evito - mi avvicino, amore - odio, allontanati - mi servi.

Mi piacerebbe molto sapere cosa succede ai cittadini statunitensi che visitano i corrispondenti uffici cubani nel territorio del vicino del Nord. I loro volti vengono trasmessi al notiziario, accompagnati da insulti? La diplomazia - a differenza di ciò che molti credono - non si fa a livello di governi né di palazzi presidenziali, ma da persona a persona. Quindi, ogni cubano, deve avere il sovrano diritto di visitare l’ambasciata dell’Iran come quella d’Israele, della Bolivia o del Cile, della Russia o della Germania. Fino a quando questi contatti non saranno considerati delitti dal codice penale dovranno essere permessi e incentivati. Compito del governo sarà quello di proteggere certi interscambi, non di demonizzarli.

Non è finita la sorpresa, perché l’altro giorno ho visto nel corso del solito noioso notiziario alcune immagini di Raúl Castro intervistato insieme a due importanti senatori statunitensi. Nel suo caso non veniva presentato come “traditore della patria” o “verme”, ma come primo segretario del Partito Comunista. So già che molti si affretteranno a precisare: “lui può perché è un governante”. Permettetemi di ricordare che il presidente di una nazione è soltanto un servitore pubblico, che non può compiere un’azione proibita o demonizzata ai suoi compatrioti. Se lui può farlo, perché dovrebbe essere vietato a Miriam Celaya? Perché non invitano questa donna, nata proprio nel 1959, antropologa e ottima giornalista civica, in qualche spazio pubblico per raccontare la sua esperienza di reporter digitale, invece di costringerla ad accettare locali offerti da “altri”? Perché non osano concederle un minuto - anche se nel peggior orario del mattino - per parlare alla televisione ufficiale che la censura e la stigmatizza?

La cosa più triste è che la risposta alle mie domande non comparirà mai in quel noioso notiziario dell’una di sera, né in quello del mattino, né in quello delle otto della notte, né in quello delle…


Traduzione di Gordiano Lupi

martedì 21 febbraio 2012

La visita del Papa a Cuba

- Vengo a proclamare la parola di Cristo.
- Pss Pss e a confermare quella di Castro...

Da Guamà periodico satirico della Cuba in esilio.

lunedì 20 febbraio 2012

Pubblicano le Opere complete di Guillermo Cabrera Infante


I due primi volumi delle Opere Complete di Guillermo Cabrera Infante, che comprendono tutte le critiche cinematografiche che l’autore scrisse durante la sua vita, sono state pubblicate a Barcellona

da Galaxia Gutenberg, sotto al supervisione di Antonio Munné, e nei prossimi giorni saranno distribuite nelle principali librerie spagnole.

Si tratta di pagine piene di incanto e disincanto, che hanno per protagonisti L’Avana, il sesso, la musica, la rivoluzione e l’esilio, tutto secondo l’ottica di Cabrera Infante. Un modo per ricordare il grande scrittore cubano nel settimo anniversario della sua morte, che si commemora il 21 febbraio.

“Non solo la storia, ma persino la geografia ci condanna. Hanno truccato persino la topografia. Siamo nati in un oasi e con un colpo di mano ci siamo ritrovati in pieno deserto”, ha scritto l’autore.

“Non vado alla ricerca del tempo perduto, ma dello spazio da trovare”, era un’altra delle sue frasi preferite. “Non posso restare fedele a un ideale che non esiste, ma posso esserlo a una città perduta”, fa dire al protagonista di The Lost City, il suo testamento sotto forma di sceneggiatura, portato al cinema da Andy Garcia.

Il primo volume delle opere comprende tutte le critiche cinematografiche che Cabrera Infante scrisse principalmente su Carteles, sotto lo pseudonimo di G. Caín, e di quelle realizzate tra il 1954 e il 1960, pubblicate nel volume Un oficio del siglo XX.

Guillermo Cabrera Infante nacque il 22 aprile 1929 a Gibara, Oriente cubano, e morì a Londra il 21 febbraio 2005.


Gordiano Lupi

domenica 19 febbraio 2012

La musica del cinema cubano

di Orlando Luís Pardo Lazo
http://orlandoluispardolazo.blogspot.com/
Da Voces 13 (Febbraio 2013)
http://vocescuba.files.wordpress.com/2012/02/voces13.pdf

Orlando Luis Pardo Lazo

La musica del cinema cubano. Molto meglio del cinema cubano. Musica senza parole. Come dire, senza censura. Dove non hanno mai osato sceneggiatore e regista, il compositore è passato senza chiedere permesso, diretto all’anima. Melodie che sopravvivono nella memoria del cuore, che ricordiamo anche quando non siamo più in grado di distinguere a quale pellicola cubana appartengono. Potrebbero persino appartenere a qualche orribile documentario degli anni Settanta. Una musica mai ufficiale e celebrativa che, una volta scoperta dagli archeologi sotto una cappa di muffa e negligenza, sarà la vera colonna sonora della Rivoluzione.

Allora non me ne rendevo conto, ma per anni sono andato al cinema solo per ascoltarla. Odiavo il cinema cubano, ma andavo lo stesso a vedere ogni prima visione e persino le repliche. Andavo a caccia di sonorità per dare un senso alla mia adolescenza silenziosa, introversa, composta di scenari muti che non mi permettevano di capire se volevo davvero vivere qui. Non solo, non riuscivo a comprendere neppure se volevo continuare a vivere.

Posso garantire che la musica del cinema cubano mi ha salvato dal deserto atroce che sarebbero stati gli ultimi anni Ottanta. Un deserto ridicolizzato quando arrivarono gli anni Novanta con una carica di violenza rionale e di fucilazioni ai massimi livelli. Sono stati anni di esili in massa e di strane malattie per colpa di una dieta decadente e per la mancanza di igiene.

Non conosco cosa più stupida del cinema cubano. A parte due o tre opere maestre, il panorama è stato sempre monopolizzato da modeste commedie. Ridere di noi stessi, si presume che sia la nostra miglior tradizione. Ridere, mostrando i denti come se fossero di un teschio.

La musica si vergognò della mancanza di sincerità delle immagini: l’ingenuità criminale anteriore soppiantata da un’ipocrisia apatica, afasica, con cui abbiamo messo da parte la nostra ultima opportunità di essere liberi almeno nella sponda illusoria dell’immaginazione. Eravamo autori austeri, siamo diventati servi sinistri.

Un giorno mi resi conto che erano almeno cinque o sei anni che non mettevo piede in un cinema cubano. O meglio, entravo ma non ascoltavo niente, neppure quel silenzio spaventoso che sarebbe risultato così magistrale (con una eccezione). Neppure un’aria armonica da portare nella solitudine delle nostre case, che in realtà erano carcasse. Gusci vuoti di una patria priva di protagonisti e pentagrammi.

La musica del cinema cubano scomparve quando i suoi compositori cominciarono a ingrassare, a mettere da parte dollari e visti d’uscita per l’estero. Divenne paleomusica. Rimase registrata nella puntina imperfetta di un epoca maledettamente reale. Fu per lei impossibile rigenerarsi nel nuovo secolo e nel millennio digitale. Adesso non è possibile neppure un pessimo plagio. Questa sordità la chiamiamo, per essere precisi, socialismo. E va da sé che sorridiamo. Risate con i denti guasti, ciechi ma orgogliosi del loro disfacimento come se fosse un’indecente e democratica decorazione.


Traduzione di Gordiano Lupi

La piazza vuota

di Yoani Sanchez
dalla rivista clandestina Voces numero 13 - febbraio 2012
http://vocescuba.files.wordpress.com/2012/02/voces13.pdf


Un aura tiñosa (1) sorvola la torre di Piazza della Rivoluzione e passa quasi rasente all’antenna che corona il vertice. La sua ombra sembra una freccia enorme scagliata in basso, frammentata quando si lascia cadere dalla tribuna, intatta quando si proietta sulla spianata. Per un istante le ali dell’uccello assumono un aspetto lugubre, proprio nel luogo dove spesso un leader barbuto ha gridato slogan, pronunciato discorsi, incitato moltitudini. È curioso, perché l’immaginario popolare collega questo uccello originario di Cuba con gli auspici più funebri. La gente si fa il segno della croce quando lo vede, perché ricorda la morte, i corpi inermi preda del suo becco ricurvo. Il posto che è stato scenario di tante adunanze popolari, durante le festività del primo maggio, tra bandiere rosse e sfilate in uniforme, è anche - per merito di una natura che semplifica tutto - lo spazio di ritrovo preferito di questi animali rapaci.

Dopo le ripetute marce di un milione e mezzo di persone, la Piazza ritorna al suo stato abituale ed è di nuovo vuota. A meno che non ci sia una convocazione annunciata per settimane nei media ufficiali, nessuno stazionerà su quel terreno castigato dal sole, né davanti al marmo grigio della sua altissima torre. La piazza prenderà vita solo quando verrà organizzato qualche evento ufficiale, come la cerimonia di diploma di una scuola cadetti, l’arrivo di un presidente che depone un’offerta floreale davanti alla statua dell’Apostolo o una parata militare che comincia al suono della tromba. In alternativa, questo spazio dovrà abituarsi a sopportare sopra il suo asfalto il passaggio dei turisti, il clic delle macchine fotografiche che vogliono portare ad altre latitudini una foto da mostrare agli amici. Potranno dire di essere stati nel sancta sanctorum della Cuba socialista, a pochi metri dall’ufficio che una volta fu di Fidel Castro e che probabilmente adesso è vuoto. Immortaleranno nella lente di una Canon o di un Nokia l’immagine della grandezza svanita, di un sistema che non si propagherà; proprio come un giorno collezionarono un pezzo del muro di Berlino.

Se prima Piazza della Rivoluzione era soltanto un luogo sobriamente politico, adesso si è trasformata in una cartolina esibita nei chioschi del Centro Storico cittadino, in un poster a colori nelle hall degli hotel dove ogni giorno transitano decine di viaggiatori. La sua monumentale struttura è diventata una piccola riproduzione di cartapesta o di terracotta. La Piazza è adesso un oggetto che si compra in moneta convertibile, da collocare sopra una mensola in modo tale che tutti sappiano che quel giapponese, canadese o italiano sono passati dal punto rosso della Cuba rossa.

Intanto dalla strada recentemente ristrutturata, la più curata e pulita di tutta la città, proviene un calore che completa l’insopportabile abbraccio del sole. Non c’è un solo albero per dare sollievo, a meno che si arrivi fino ai giardini del Teatro Nacional o si prenda un po’ d’ombra nel porticato della Biblioteca Nazionale. La Piazza della Rivoluzione è uno di quei luoghi dai quali si vuole andar via rapidamente, dove si preferirebbe passare volando. Sia quando si aumenta il passo mentre si sventola una bandierina di carta di fronte alla tribuna che quando si attraversa la strada a grandi falcate per raggiungere la zona della Timba, quartiere marginale ubicato proprio alla fine del luogo dove ha sede la più alta gerarchia nazionale.

Proprio accanto a una così grande architettura nazionalista - ispirata allo stile fascista degli anni Quaranta e Cinquanta - si estende un’area sportiva spontanea per diminuire di peso. A ritmo di addominali e di corse sull’erba, gli improvvisati sportivi fanno sembrare il Consiglio di Stato molto più formale e distante. In ogni caso le persone che fanno footing si tengono a debita distanza dalla zona di fronte alla torre perché la temono. Preferiscono le aree circostanti che circondano l’epicentro governativo, ma non si azzardano a fare esercizi ginnici nello stesso luogo dove tante volte è stato gridato: Attenti!

L’irriverenza si avvicina alla Piazza e le sue guardie vestite in impeccabile uniforme verde oliva devono proteggerla da tanta frivolezza. Osservano severamente chi attraversa a piedi, impongono multe a chi osa guidare una bicicletta nella zona centrale, fanno domande insistenti quando la telecamera di un turista è troppo professionale ed è provvista di una lente capace di vedere attraverso le piccole finestre del Ministero delle Forze Armate. I passanti hanno la sensazione di essere osservati, perché un obiettivo di questa zona sinistra della Cuba rivoluzionaria è quello di moltiplicare per mille la sensazione di vigilanza che caratterizza la vita quotidiana. Si sente un peso gravare sulla testa quando ci troviamo nell’immenso piazzale davanti a quella struttura stellare che si innalza a forma di cono. L’occhio passa al tempo stesso dalla parte superiore a quella inferiore, ma tutta la Piazza sembra progettata per far sentire l’individuo una piccola formica osservata dal microscopico di un potere onnipresente.

Cala la notte, gli autobus pieni di stranieri se ne vanno portando via il loro carico di bermuda, bottigliette d’acqua e crema solare. I militari di guardia si preparano ad affrontare una notte noiosa, mentre gli auras tiñosa ripiegano le loro ali e trovano rifugio ai bordi della torre. Il marmo si raffredda, la scultura di Ernesto Che Guevara proietta una luce dorata sul Ministero degli Interni, la nostra Lubyanka creola, mentre dalla Timba si percepiscono rumori confusi di tamburi e risate.

Il Martí seduto e triste adesso è avvolto dalla penombra, mentre i lampioni della strada illuminano gli edifici della struttura e si percepisce una solitudine commovente. Di fronte a questi silenziosi testimoni di pietra si vede la Piazza vuota nella quale nessuno vuole fermarsi, pernottare, dare un bacio alla persona amata o portare i figli a pattinare. È la Piazza spontaneamente vuota che tornerà riempirsi solo quando ci sarà una convocazione ufficiale e quando permetteranno di passare dalla sua solenne spianata.


Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi


(1) Gli auras tiñosa sono giganteschi condor neri, originari e tipici di Cuba.
Presentazione di Voces 13 a casa di Yoani

mercoledì 15 febbraio 2012

Il buon intellettuale

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Perso nella metafora, il buon intellettuale evita di avvicinarsi alla realtà perché le cose universali rendono la sua opera più penetrante rispetto ai problemi locali. Nasconde in qualche passaggio simbolico di un copione teatrale, nella parabola di un verso o nella figura appena visibile in un angolo della tela, quella dose di critica che in un secondo tempo gli permetterà di sostenere di “non aver mai taciuto”. È perfettamente consapevole che censura, simulazione e paura corrodono il suo lavoro, ma risponde adirato a chi glielo ricorda. Non vorrete mica che vada a lavorare nell’edilizia? Dirà rivolto a chi non condivide le sue eccessive concessioni. Preferisce i temi erotici ai politici, il passato al presente, imitare i classici invece dei contemporanei. Una volta il suo nome è comparso nelle liste nere e in quelle grigie, ma ora gli rendono omaggio e gli assegnano medaglie. Può navigare su Internet da casa propria e un paio di anni fa ha potuto trascorrere un fine settimana gratuito in un hotel di Varadero.

Il buon intellettuale fa la coda presso l’Ufficio di Interessi degli Stati Uniti per ottenere un visto, ma quel giorno indossa cappello e occhiali da sole per non farsi riconoscere. Impartisce conferenze e fa tournée nelle università dell’“Impero” mentre cerca di modulare il suo discorso in patria e fuori, in modo tale che non risulti antiquato in un posto o troppo liberale nell’altro. Quando a Cuba giungono delegazioni straniere ama frequentarle, magari porta a casa un ospite, lo fa commuovere e chiede di essere invitato a vedere qualche parte del mondo… perché in fin dei conti “qui non si può vivere”. Possiede un’antenna parabolica nascosta nella stanza più remota, ma quando parla con i colleghi finge di aver visto il notiziario nazionale notturno o la tavola rotonda del martedì precedente. Un amico gli passa copie di pagine proibite che non oserebbe mai visitare dal suo computer.

Il buon intellettuale se ne sta tranquillo mentre attende una risposta al permesso di uscita e quando torna in patria ricomincia a comportarsi bene così sarà autorizzato a viaggiare ancora. Crede che l’impegno politico sia una cosa per chi non possiede il talento della sua scrittura e del suo pennello. Guarda dall’alto in basso chi si perde in discussioni su “riforme”, “cambiamenti” e altre fugaci piccolezze. Ma quando beve un paio di bicchieri finisce per chiedersi se avrà scalato le vette artistiche per un vero talento o per l’esilio in massa dei possibili rivali. Conserva in qualche cassetto una canzone composta con il cuore, una poesia dove metteva a nudo la sua anima o una bocca a forma di grido disegnata un po’ di tempo fa. Perché un “buon intellettuale” non si scompone, non si dedica a passioni sociali e non si lascia mai trascinare per strada.


Traduzione di Gordiano Lupi

Libri e autori assenti alla Fiera del Libro dell'Avana

Il blogger cubano Miguel Iturria Savón, fa un piccolo inventario di titoli e scrittori assenti alla Fiera del libro dell'Avana.

Il blogger cubano Miguel Iturria Savón, ha scritto che non basterebbe neppure un gigantesco tappeto persiano per portare alla Fiera del Libro dell'Avana una collezione di autori cubani esiliati e degli esclusi tra i residenti sull'isola per motivi extra letterari. "Ci sono assenze irrimediabili, frutto di una spietata censura", dice l'autore del blog Ancla Insular. Iturria, che vive all'Avana, lamenta che i cubani non potranno vedere alla Fiera le opere di Lino Novás Calvo, Guillermo Cabrera Infante, Reinaldo Arenas e Guillermo Rosales, per citare solo alcuni autori proibiti. Iturria aggiunge che molti titoli pubblicati da autori cubani fuori dall'isola potrebbero essere interessanti per i residenti. Menziona Vincente García, Enrique Ross, Julio César Pérez e Pedro Corzo. Aggiungiamo altri nomi: Felix Luis Viera (La patria è un'arancia, edito in Italia dal Foglio Letterario), Yoani Sanchez, Orlando Luis Pardo Lazo, Zoé Valdés, William Navarrete, Heberto Padilla. L'elenco è interminabile.

Gordiano Lupi

Non sanno tutto, amore mio, non lo sanno…

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony



Qui ci saranno dei microfoni? Mi chiedi mentre perlustri con lo sguardo ogni angolo della camera. Non ti preoccupare, ti dico, la mia vita è come un libro aperto, non ho niente da nascondere. Non esiste un luogo oscuro, chiuso, privato… perché vivo come se camminassi attraverso un enorme apparecchio a raggi X. Ecco la clavicola che mi sono rotta da bambina, il litigio che abbiamo avuto ieri per una banalità domestica, la lettera ingiallita che conservo in fondo al cassetto. Niente ci salva dai controlli, amore, niente ci salva. Ma oggi - almeno per qualche ora - non pensare al poliziotto che si trova all’altro capo della linea telefonica, né all’occhio della telecamera che ci sorveglia. Questa notte cerchiamo di essere solo noi a scoprirci l’uno con l’altra. Spengiamo la luce e per un istante mandiamoli al diavolo, disarmiamo le loro logore strategie da spioni.

Impiegano tante risorse per osservarci, ma siamo riusciti a nascondere ai loro occhi gli aspetti principali della nostra vita. Non sanno - per esempio - neppure un solo vocabolo del linguaggio che abbiamo sviluppato in vent’anni di convivenza e che usiamo senza muovere le labbra. Sarebbero respinti se dovessero sostenere un esame per decifrare il complesso codice con cui ci confidiamo cose insignificanti e urgenti, fatti quotidiani ed eventi straordinari. Di sicuro non hanno realizzato un nostro profilo psicologico dove si narra come pettini le mie ciglia e come dici scherzando che se continuano a intrigarsi finirò per assomigliare a Breznev. I nostri sorveglianti, poveri loro, non hanno mai letto la prima canzone che mi hai scritto, né quella poesia dove dicevi che un giorno o l’altro saremmo andati a Sidney o a Bagdad. Inoltre non ci perdonano, che ogni tanto scompariamo rapidamente dalla loro vista, senza lasciare traccia.

Come l’agente Wiesler, nel film La vita degli altri, in questo stesso momento qualcuno ci ascolta ma non comprende. Non capisce perché dopo aver discusso per un’ora ci avviciniamo e ci diamo un bacio. L’attonito poliziotto che segue i nostri passi non riesce a classificare i nostri abbracci e si chiede quanto saranno pericolose per “la sicurezza nazionale” le frasi che mi sussurri in un orecchio. Per questo ti propongo una cosa, amore: questa notte scandalizziamoli o convertiamoli. Facciamo in modo che stacchino gli orecchi dalla parete oppure obblighiamoli a scarabocchiare su un foglio: “1.30 del mattino, gli obiettivi si comportano come chi si vuol bene”.


Traduzione di Gordiano Lupi

martedì 14 febbraio 2012

Cinquant'anni di embargo!

"Il criminale embargo compie 50 anni!"
Fidel e Raul, in casa, festeggiano l'anniversario...

di Garrincha (entendiendo el caos)

domenica 12 febbraio 2012

L'altro Papa

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony



Mancano alcune settimane alla visita di Papa Joseph Ratzinger a Cuba, ma da un po’ di tempo si respira profumo d’incenso. In un paese dove molte persone di giorno pregano in Chiesa e di notte accendono candele a una divinità africana, la visita di Sua Santità accende entusiasmi e curiosità. I cattolici preparano liturgie e processioni per accogliere Benedetto XVI, mentre altri cubani si chiedono se la sua venuta porterà trasformazioni significative nella situazione politico - sociale della nazione. La gente vuol credere che il Santo Padre riuscirà a dare impulso al processo di riforme rauliste, imprimendo maggior velocità e profondità. I più illusi sognano persino che la più eminente figura del Vaticano ottenga quel risultato che dovrebbe scaturire dalla ribellione popolare: un vero e proprio cambiamento.

Ci sono parecchie differenze tra questo mese di marzo in cui Sua Santità atterrerà all’aeroporto dell’Avana e quel gennaio del 1998 in cui sbarcò Giovanni Paolo II. Il “Papa viaggiatore”, come tutti lo chiamavano, giunse preceduto da storie che lo mettevano in relazione con la caduta dei regimi dell’Europa dell’Est. Ratzinger, da parte sua, arriverà in un periodo storico caratterizzato da un’intera generazione di cubani nata dopo il crollo del Muro di Berlino e che non sa neppure cosa significhi la sigla URSS. Alla fine degli anni Novanta, Karol Wojtyla accese i nostri cuori - persino degli agnostici come me - pronunciando un sacco di volte la parola “libertà” in Piazza della Rivoluzione. Ma adesso l’apatia e lo sconforto renderanno più difficile che le frasi di Ratzinger creino identica emozione. La sua visita sarà soltanto un pallido riflesso della precedente, perché noi non siamo più gli stessi e lui non è lo stesso Papa.


Traduzione di Gordiano Lupi

sabato 11 febbraio 2012

Attentato al Papa o incontro con il diavolo?


Le voci su un possibile attentato a Benedetto XVI si diffondono anche tra i cubani. L'umorista Omar Santana realizza per El Nuevo Herald questa vignetta intitolata: Giornale italiano pubblica la notizia di un complotto per uccidere il Papa. Il Papa consulta una santera (una sorta di stregona cubana vestita di bianco), che legge il suo futuro in una sfera di cristallo:
- Non vedo la morte, tranquillo, ma solo un breve incontro con il diavolo, proprio qui nel Caribe, a marzo...

mercoledì 8 febbraio 2012

Muore Julio San Francisco


Ho avuto notizia della morte del poeta cubano in esilio Julio San Francisco. Eravamo in contatto da alcuni anni. Avevo tradotto una sua poesia che era finita nel mio libro MI CUBA (Mediane - Milano). La ripropongo di seguito, in spagnolo e in italiano, per ricordare un amico, un poeta e un democratico. Pure lui non ha visto la sua Cuba libera. Lo siento, amigo. La vedremo noi per te. E un giorno te la racconteremo.   

EL DESTERRADO


El parque madrileño que frecuento
tiene frío
y yo
tengo frío
y el banco donde me siento
tiene frío.
El parque tiene, también, un joven con su
(esposa enamorada
y yo trato de imaginarme, por curiosidad,
cómo será tener una esposa enamorada
en este parque madrileño.
El joven de la esposa enamorada
tiene un coche en el que vienen a este parque madrileño
y yo, por entretenerme, trato de imaginarme
cómo será tener un coche
y llegar con una esposa
a este parque madrileño.
El joven de la esposa enamorada y su coche
tiene una casa
y yo, por distraerme, trato de imaginarme
cómo será llegar a una casa
en un coche
después de pasear por este parque madrileño
con una esposa enamorada.
El joven de la esposa enamorada, su coche y
(su casa
tiene un amigo que se encuentra con ellos
en este parque madrileño
y yo, por divertirme, trato de imaginarme
cómo será tener un amigo
y encontrarse con él
en este banco frío
de este parque madrileño.
El joven de la esposa enamorada, su coche,
(su casa y su amigo
tiene patria
y yo me pregunto cómo será tener una patria.
El joven de la esposa enamorada, su coche,
(su casa, su amigo
y su patria
tiene un hermoso perro
y pasean con su hermoso perro
todas las tardes
por este frío parque madrileño.
¡Si yo tuviera un perro!

Julio San Francisco


L’ESILIATO

Il parco di Madrid che frequento
ha freddo
e anch’io
ho freddo
e la panchina dove mi siedo
ha freddo.
Il parco ha, anche, un giovane con la sua
(sposa innamorata
e io tento di immaginarmi, per curiosità,
come sarebbe avere una sposa innamorata
in questo parco di Madrid.
Il giovane con la sposa innamorata
ha un’auto con la quale vengono a questo parco di Madrid
e io, per intrattenermi, tento di immaginarmi
come sarebbe avere un’auto
e arrivare con una sposa
a questo parco di Madrid.
Il giovane con la sposa innamorata e la sua auto
ha una casa
e io, per distrarmi, tento di immaginarmi
come sarebbe arrivare a una casa
in auto
dopo aver passeggiato per questo parco di Madrid
con una sposa innamorata.
Il giovane con la sposa innamorata, la sua auto e
(la sua casa
ha un amico e si incontra con lui
in questo parco di Madrid
e io, per divertirmi, tento di immaginarmi
come sarebbe avere un amico
e incontrarsi con lui
in questa panchina fredda
di questo parco di Madrid.
Il giovane con la sposa innamorata, la sua auto,
(la sua casa, il suo amico
hanno una patria
e io mi domando come sarebbe avere una patria.
Il giovane con la sposa innamorata, la sua auto,
(la sua casa, il suo amico
e la sua patria
hanno un bellissimo cane
e passeggiano con il bellissimo cane
tutte le sere
per questo freddo parco di Madrid.
Oh, se io avessi un cane!

Traduzione di Gordiano Lupi

Notizie sull’autore
Julio San Francisco. Cuba, 1954. Madrid, 2012. Poeta, narratore e giornalista cubano. Ha pubblicato: Acrobacia Roja, La Habana, 1986; Todo Mi Corazón y Otros Agravantes, Poemas Escritos en La Habana y Madrid, Madrid, 2002; Nada y otros cuentos del absurdo, Madrid, 2006. Julio San Francisco era uno dei pochi rifugiati del mondo che godeva del famoso passaporto azzurro delle Nazioni Unite che gli dava la possibilità di viaggiare in tutto il mondo meno che nel suo Paese. Quando arrivò in Spagna nel suo passaporto cubano c’era scritto: Permesso di uscita definitivo. Insieme ai suoi amici Raúl Rivero e Carlos Alberto Montaner, era uno dei tre giornalisti cubani più influenti dell’esilio e di maggior presenza su internet, perché i suoi articoli uscivano in 13 periodici digitali dell’esilio. Stava lavorando al nuovo libro Ulises y otros artículos famosos de Julio San Francisco nel quale raccoglie tutto il giornalismo di lotta per la libertà di stampa a Cuba. Viveva a Madrid dal 1997 e lottava per la libertà del suo paese.
El Desterrado è una poesia importante, studiata alla Sorbona di Parigi nel 2004 da una Commissione di Studio per la poesia contemporanea dalla professoressa Nuria Rodríguez Lázaro. Il poeta lascia libera l’immaginazione nel freddo parco di Madrid, pensa alla felicità degli altri e alla patria lontana, ma il dolore si fa lamento per un obiettivo irraggiungibile. Il grido finale porta profonda tristezza e si modifica nel desiderio di avere almeno un cane per lenire tanta solitudine e lontananza.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

Ma dov'è questo embargo?


L'embargo dichiarato da Kennedy contro Cuba compie 50 anni. Si parla tanto di odioso embargo statunitense nei confronti di Cuba. Vediamo un po' di dati, prima di fare demagogia.

Gli Stati Uniti sono il quinto partner commerciale di Cuba e il secondo in tema di rifornimento alimentare. Lo scorso anno 300.000 cubani che vivono negli Stati Uniti sono stati autorizzati a recarsi nell'Isola. Il totale delle rimesse familiari dagli Stati Uniti verso Cuba si calcola in oltre mille milioni di dollari. Come dire che l'embargo viene aggirato e che è rimasta una vuota parola utile solo per sostenere la retorica castrista.

Per questo motivo da diversi parlamentari repubblicani statunitensi e molte voci dell'esilio cubano chiedono che l'embargo verso Cuba diventi reale, come imperativo morale per promuovere la primavera cubana, contro la dittatura e la repressione della dissidenza.

Yoani Sanchez è contraria all'embargo. Ritiene - come la maggioranza della dissidenza democratica e cattolica - che sia un modo per rafforzare il regime,che provochi disagi e problemi solo alla popolazione.

Leggiamo su Twitter alcune sue considerazioni.

"Oggi è l'anniversario dell'embargo, vero e proprio fossile della guerra fredda che tormenta i nostri giorni e deve finire presto. Sono contro l'embargo degli Stati Uniti nei confronti di Cuba, ma amche contro il blocco che il governo cubano pratica contro il suo stesso popolo. I negozi in moneta convertibile a Cuba sono pieni di prodotti. Come mai, se c'è l'embargo? L'embargo è solo una scsua nelle mani del governo per giustificare i suoi fallimenti: dalla crisi dei trasporti alla mancanza di libertà. Deve finire!"


In compenso Cuba stringe accordi commerciali con Brasile e Messico, oltre che con Venezuela. Ha destato scalpore e provocato delusione la visita del presidente brasiliano Dilma Rousseff, che si è limitata a parlare di temi economici con Raul Castro, omettendo di incontrare i dissidenti e la società civile. I diritti umani che si stanno violando a Cuba non sono gli stessi che venivano violati in Brasile e che le provocarono anni di torture e prigionia?

Gordiano Lupi

Fuori servizio

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony

Insegna commemorativa all’Avana, in ricordo delle prime conversazioni telefoniche in lingua spagnola che hanno avuto luogo in questa città il 31 ottobre 1877
È fastidioso più di un “cattivo matrimonio”, diceva mia nonna parlando di un enorme telefono nero che si trovava in casa di una vicina. L’apparecchio aveva un cavo molto corto e dopo aver fatto una chiamata mi ritrovavo con il dito indice sporco per colpa della polvere accumulata sulla tastiera. Nonostante tutto attendevo con ansia il grido che annunciava a mia madre una chiamata dal lavoro o da qualche provincia. Correvamo su per le scale e mettevamo l’orecchio all’auricolare per ascoltare ciò che diceva una voce quasi metallica all’altro capo del filo. In quel condominio popolare abitavano più di dieci famiglie e soltanto due possedevano una linea telefonica. Per questo motivo litigare con i proprietari di un apparecchio così importante voleva dire restare isolati e senza la possibilità di comunicare.

Se nel marzo del 2008, Raúl Castro avesse immaginato il ruolo che avrebbe giocato la telefonia mobile nell’incipiente società civile cubana, probabilmente non l’avrebbe mai liberalizzata. Prima di tale data, i cubani dovevano cercare uno straniero che firmasse il contratto per una linea mobile e che permettesse loro di usare il servizio. La bramata scheda SIM poteva essere acquistata solo da chi aveva affittato una camera in hotel e noleggiato un’auto, quindi, quindi da persone che non erano nate su questa Isola. Per fortuna, questo apartheid è terminato quattro anni fa e da quel giorno oltre 1,2 milioni di utenti possono usufruire dei servizi prepagati di Cubacel. Tale cifra non deve rallegrarci, perché siamo ancora molto indietro rispetto al resto delle nazioni latinoamericane.

Nonostante le limitazioni che comporta il suo alto costo, la bassa copertura in molte zone del paese e la sospensione temporanea del servizio nei confronti di utenti scomodi, la telefonia mobile ha finito per cambiarci la vita. In questo periodo, la possibilità di inviare e ricevere messaggi di testo ha potenziato il contatto tra cittadini, lo scambio di notizie e la preziosa possibilità di pubblicare su Twitter senza avere accesso a Internet. Alcuni giorni fa, è entrata in vigore una tariffa scontata del 44% per gli sms nazionali, anche se siamo lontani anni luce dai prezzi in vigore nel resto del mondo. Se l’obiettivo dell’unica impresa telefonica del paese è quello di attirare più clientela per ottenere maggiori benefici, dovrà accettare anche l’effetto collaterale di un’inevitabile liberazione informativa e comunicativa. Cubacel calcola i benefici economici, ma è incapace di comprendere - nel suo effettivo potenziale - i potenti strumenti sociali che adesso portiamo nelle nostre tasche.

Traduzione di Gordiano Lupi

martedì 7 febbraio 2012

Arriva il Papa!

Benvenuto compagno Benedetto
di Garrincha - Entendiendo el caos

Sempre Garrincha - Il cardinal Ortega collega Cuba al Vaticano

Yoani Sanchez e Oswaldo Payà, una foto per il Nobel

A Cuba abbiamo solo una via di comunicazione


Un coraggioso blogger cubano scrive sul suo blog FOTOS DESDE CUBA:

SOLO TENEMOS UNA VIA DE COMUNICACION EN CUBA

Yo quiero leer más de un solo periodico, mas de un solo partido, más pluralidad, más prensa, escuchar varias voces. Naci en el año 1973 y hasta la fecha estoy escuchando una sola voz. Leo un solo periodico, escucho una sola radio, veo una sola TV. Me gusta leer mucho y quisiera leer varios periodicos, varios libros, si vienes a la Habana puedes traerme algo para leer, mi telefono en la habana es: 052731727, mi correo es: internetcuba@gmail.com

A CUBA ABBIAMO UNA SOLA VIA DI COMUNICAZIONE

Voglio leggere più di un solo quotidiano, voglio avere più di un solo partito, più pluralismo, più stampa, voglio poter ascoltare voci diverse. Sono nato nel 1973 e da quella data sto ascoltando una sola voce. Leggo un solo quotidiano, ascolto una sola radio, vedo una sola TV. Mi piace leggere molto e vorrei leggere diversi quotidiani, diversi libri. Se vieni all'Avana puoi portarmi qualcosa da leggere. Il mio telefono all'Avana è: 052731727, la mia casella mail è: internetcuba@gmail.com.

Gordiano Lupi

Un piano per eliminare Fariñas?

Poliziotti cubani

Il Fronte Antitotalitario Unito "Juan Wilfredo Soto García", ha denunciato a Santa Clara che il maggiore Ayorbis Gil Álvarez e il tenente colonnello Francisco Darias González stanno pianificando un nuovo omicidio politico a Cuba, che riguarderebbe la persona di Guillermo Fariñas.

Il piano consisterebbe nell'arrestare varie volte Fariñas "per periodi di 72 ore, allo scopo di debilitarlo fisicamente, visto che durante le detenzioni il dissidente rifiuta di ingerire alimenti, acqua e medicinali, non curando la trombosi che ha nel collo, cosa che potrebbe portarlo alla morte".

Secondo l'organizzazione dissidente esiste un progetto per eliminare Fariñas: "Il maggiore Gil, domenica 5 febbraio, avrebbe detto a Clara Pérez Gómez, moglie del dissidente, che il marito non avrebbe resistito a uno sciopero della fame e che loro lo avrebbero lasciato morire, incolpando lei della morte".

Javier Zúñiga

Sempre in tema di libertà e dissidenti, Javier Zúñiga, a nome di Amnesty International, ha detto che il governo cubano deve eliminare l'anacronistico strumento del permesso di uscita che limita la libertà di movimento individuale.

"Nel caso di Yoani Sanchez il divieto di uscire dal paese viene usato come un chiaro strumento di rappresaglia e di intimidazione", ha concluso.

Gordiano Lupi

domenica 5 febbraio 2012

Fidel Castro presenta le sue memorie


Guerrigliero del tempo – conversazioni con Katiuska Blanco
Yoani Sánchez: La minaccia è che non saranno soltanto due volumi…
Riappare in pubblico Abel Prieto

L’Avana - Il leader cubano Fidel Castro ha presentato i primi due volumi delle sue memorie Guerrigliero del tempo, conversazioni con la giornalista Katiuska Blanco, che vanno dalla sua infanzia fino al 1958, poco prima del trionfo rivoluzionario.

“Devo approfittarne adesso, perché la memoria si perde”, ha detto Fidel Castro, 85 anni, durante la presentazione di venerdì 3 febbraio, presso il Palazzo delle Convenzioni all’Avana. Tra gli ospiti si notavano il Ministro della Cultura Abel Prieto, il presidente della Unione degli Scrittori e Artisti Cubani (UNEAC), Miguel Barnet, e Katiuska Blanco, di fatto l’autrice del libro.

“Sono disposto a fare tutto il possibile per trasmettere ciò che ricordo bene… Ho espresso tutte le idee che avevo e i sentimenti che mi hanno percorso. Prendo coscienza dell’importanza che riveste raccontare tutto questo per trasmetterlo al mondo, in modo che serva per il futuro”, ha detto Castro.

I due libri raccolgono mille pagine di conversazioni, dove Castro confessa a Blanco: “Preferisco il vecchio orologio, i vecchi occhiali, i vecchi stivali, ma in politica amo le cose nuove”.

Blanco, autrice della prima biografia ufficiale di Castro e della sua famiglia, Todo el tiempo de los Cedros, adesso presenta due volumi di domande e risposte, simili a Cien horas con Fidel, conversazione con il giornalista ispano - francese Ignacio Ramonet, pubblicato alla fine del 2006, anno in cui Castro lasciò il potere per gravi problemi di salute e gli successe il fratello, l’attuale presidente Raúl Castro.

Durante questi anni, Castro si è dedicato a pubblicare articoli di stampa, sotto il generico titolo di Riflessioni, dove analizza l’attualità internazionale, e il libro La Contraofensiva Estratégica (2010), dove narra le vicissitudini della guerriglia e gli anni sulla Sierra Maestra fino all’entrata vittoriosa a Santiago de Cuba, nel dicembre del 1958.

Secondo fonti diplomatiche, Castro ha regalato i due volumi alla presidentessa brasiliana, Dilma Rousseff, nel corso della recente visita a Cuba. L’opera pubblicata dalla Casa Editrice Abril è illustrata con fotografie e disegni del pittore cubano Ernesto Rancaño.

Durante la presentazione Castro ha parlato di politica internazionale, e ha detto che segue con molta attenzione gli avvenimenti del Venezuela, sotto il governo del suo amico e discepolo, Hugo Chávez.

“Nessuno ha mai fatto tanto per il popolo venezuelano, quanto il Movimento Bolivariano”, ha detto.

Ha parlato anche delle proteste degli studenti cileni, sostenendo le pretese di un’educazione gratuita e di qualità per tutti.

“Dobbiamo appoggiare le idee della giovane cilena (la leader Cesar Vallejo). È giusto lottare perché l’educazione sia uguale per tutti, inoltre non deve essere solo generale e gratuita, ma di buona qualità”, ha aggiunto.

Parlando di America Latina e Medio Oriente, Castro ha riferito che “non c’è spazio solo per gli interessi nazionali, che devono sempre tenere conto degli interessi mondiali… Il nostro dovere è lottare fino all’ultimo minuto, per il nostro paese, per il nostro pianeta e per l’umanità”.

Castro ha salutato anche i familiari dei cinque agenti condannati per spionaggio negli Stati Uniti, che Cuba definisce eroi e antiterroristi per il loro lavoro di vigilanza contro i gruppi anticastristi di Miami.

“Dovete vedere cosa hanno dovuto sopportare questi uomini”, ha concluso.

Yoani Sánchez ha detto ironicamente: “Fidel Castro ha presentato i primi due volumi delle sue memorie. La minaccia è che ce ne saranno molti altri. Inoltre è riapparso in pubblico il Ministro della Cultura Abel Prieto che secondo molti era stato fatto fuori dalle stanze del potere. Stiamo a vedere…”

Gordiano Lupi

sabato 4 febbraio 2012

Negato il permesso di uscita a Yoani Sánchez


L’Avana - Il governo cubano è tornato a negare il permesso di uscita dal paese a Yoani Sánchez, che in questa occasione lo aveva chiesto per recarsi in Brasile dove era stata invitata alla presentazione di un documentario. La stessa blogger ha reso noto tramite Twitter questo diciannovesimo rifiuto a una richiesta di concessione di permesso per uscire dal suo paese.

“Nessuna sorpresa. Continuano a negarmi il permesso di uscita”, scrive Yoani Sánchez.

Yoani Sánchez era stata invitata dal regista Claudio Galvao da Silva, autore di Conexión Cuba-Honduras, documentario che affronta il tema della repressione della libertà di espressione nell’isola caraibica e durante il colpo di Stato che nel 2009 depose il presidente honduregno Manuel Zelaya. La blogger aveva inviato una lettera alla presidentessa brasiliana, Dilma Rousseff, per chiedere di intercedere con Raúl Castro, ma non è servita a niente. I motivi economici che legano i due paesi sono stati più importanti delle idee socialdemocratiche della Rousseff. Il Brasile ha concesso il visto di ingresso alla blogger, ma il governo cubano non ha seguito lo stesso ragionamento.

Yoani ha continuato a protestare su Twitter: “A che serve costruire un porto grande e moderno come quello di Mariel (con capitale brasiliano, nda) se non potremo usarlo liberamente? Hanno arrestato di nuovo Guillermo Fariñas - premio Sacharov 2010 - il nostro governo segue la stesa routine, nella repressione dei diritti e nel negare il permesso di uscita. Raúl Castro è in viaggio verso il Venezuela e a me non mi lasciano viaggiare. Cose tipiche del totalitarismo! Mi sento come una persona sequestrata da qualcuno che non ascolta e che non dà spiegazioni. Il nostro governo indossa un passamontagna e tiene la pistola alla cintura. Non conosce l’articolo 13 della Dichiarazione dei Diritti Umani. Ringrazio tutti coloro che hanno inviato messaggi di solidarietà dopo questo nuovo divieto di viaggiare deciso dal governo”.

Tra l’altro su http://t.co/Iiu3WXKz, si può sentire la registrazione del colloquio con il funzionario che ha negato il permesso.

Gordiano Lupi

venerdì 3 febbraio 2012

Pellegrinaggio a Cuba

Alle Cinque di oggi scade il termine per iscriversi presso l'arcidiocesi di Miami al pellegrinaggio per recarsi a Cuba, in occasione del prossimo viaggio del Papa. Garrincha ironizza con la sua solita arguzia.



Scade il termine per il pellegrinaggio a Cuba

Uomo (guarda il salvadanaio): - Devi essere forte... Dio ha voluto così!

Moglie: - Muoviti Chuchi, l'arcidiocesi chiude alle cinque!


Pubblicata sul blog ENTENDIENDO EL CAOS e su EL NUEVO HERALD

Gordiano Lupi

Damas de Blanco e Biscet per il Nobel della Pace


La lettera al Comitato del Nobel è firmata da 30 legislatori della Camera dei Rappresentanti e del Senato degli Stati Uniti

Sarà la volta di un cubano al Premio Nobel per la Pace? Dopo la nomina di Yoani Sanchez (blogger di Generacion Y) e di Oswaldo Payà (estensore del Progetto Varela, del Progetto Heredia e segretario del Movimento Cristiano Democratico), dagli Stati Uniti giunge una nuova nomination.
Ileana Ros-Lehtinen, insieme ad altri 29 colleghi della Camera dei Rappresentanti e del Senato hanno inviato una lettera alla Comitato per il Nobel per proporre le Damas de Blanco e l'attivista dei diritti umani Oscar Elías Biscet al Premio Nobel per la Pace 2012.
La dichiarazione dei congressisti afferma: "Attivisti per i diritti umani come le Damas de Blanco e il dottor Oscar Elías Biscet portano la fiaccola di José Martí (Eroe Nazionale di Cuba), e chiedono la liberazione del popolo cubano dal regime oppressivo dei Castro”. Secondo Ros-Lehtinen "concedere il Premio Nobel per la Pace a le Damas de Blanco e al dottor Biscet, sarebbe un aiuto per risolvere la difficile situazione del popolo cubano e per onorare il sacrificio e il coraggio di questi attivisti.
La lettera è firmata da senatori e congressisti di diverse fazioni politiche.

Gordiano Lupi

giovedì 2 febbraio 2012

Vignette cubane


(Garrincha - El Nuevo Herald del 1 febbraio - e blog Entendiendo el Caos)

- Senti Pancho, che ne pensi delle riforme di Raul?

- Ah, non lo so. Il mio mestiere non è la politica!

Garrincha fa capire, con le armi dell'ironia, lo stato d'animo dei cubani che non osano parlare di politica o criticare il governo, per timore di conseguenze spiacevoli.


(Omar Santana - El Nuevo Herald del 2 febbraio)

Chavez al telefono con Fidel

- Ascolta Fidel, quando sarà tutto mio e niente funzionerà... di che cosa mi libero prima?

- Dei barbieri?

- Dici che devo chiedere a Raul?

Omar Santana è critico verso il futuro venezuelano. Il paese sudamericano va verso il comunismo e Chavez chiede consigli a chi ne sa più di lui... per ripetere gli stessi errori. Fidel dice al collega di domandare a Raul, perchè è lui l'esperto di liberalizzazioni.

Gordiano Lupi

Una calciatrice cubana negli Stati Uniti

Yisel Rodriguez durante una partita con la nazionale cubana

La calciatrice cubana Yisel Rodríguez aveva un sogno quando giocava all'Avana e per questo motivo non ci ha pensato due volte quando si è presentata l'occasione di scappare. Non appena finita la partita con il Canadá, valida per il torneo preolimpico di Vancouver, è salita su un taxi e si è diretta verso la frontiera con gli Stati Uniti. A tutta le velocità, come un personaggio di un vecchio film sceneggiato da Guillermo Cabrera Infante.

"Sono venuta qui per trasformare il mio sogno in realtà: voglio fare la calciatrice professionista", ha detto la ragazza che ha appena compiuto 23 anni. "Voglio dimostrare a me stessa che posso diventare molto brava in questo sport ed eguagliare le atlete che ho conosciuto nei tornei dove ho partecipato", ha aggiunto. Rodríguez è una calciatrice di talento, capace di disimpegnarsi in varie posizioni, dotata di grande visione di gioco, buona velocità ed eccellente tecnica.

“Il mio ruolo è centrocampista, ma a volte mi utilizzano in attacco e sulle fasce laterali", ha detto Rodríguez. “Parteggio per il Barcellona, il mio idolo è Lionel Messi e credo che la mia qualità migliore sia giocare al servizio della squadra".

La calciatrice cubana non avrebbe mai potuto realizzare il suo sogno, per questo adesso cerca di portarlo a termine a Miami.

“Il calcio femminile a Cuba è poco sviluppato, nessuno gli presta attenzione e molti neppure sanno che alcune ragazze praticano questo sport. Non abbiamo attrezzature né campi adeguati. Ci alleniamo dove capita, indossiamo completi di fortuna e scarpette artigianali. Mancano persino i palloni di cuoio", commenta Rodríguez. “Il nostro sport non è promosso, in provincia ci sono poche squadre e non ci esistono scuole sportive".

Yisel parla delle difficoltà che incontrano ogni giorno i giovani cubani.

"Quasi tutti i giovani vorrebbero restare a Cuba, ma sarebbe importante che ci fosse un cambiamento politico. Molti miei coetanei non sono d'accordo con le idee politiche dominanti, ma non sono liberi di esprimere il dissenso. Inoltre sarebbe importante poter conoscere altri paesi senza dover emigrare", dice.

La centrocampista è fuggita dal ritiro di Vancouver lo scorso 21 gennaio, insieme alla compagna di stanza Yesenia Gallardo, altra ottima calciatrice della nazionale femminile, che adesso si trova a Houston.

A Cuba sono rimasti i genitori e il marito di Yisel Rodríguez, ma a Miami c'è il fratello Raudel, che la sta aiutando a realizzare il suo sogno.

“Frequentavo il quarto anno di Cultura Fisica (il nostro ISEF, nda). Spero che qualcuno mi possa aiutare a terminare gli studi e a proseguire la carriera di calciatrice", conclude. Per il momento Yisel continua ad allenarsi e attende che una compagine statunitense si accorga di lei. Ma il calcio femminile non è una disciplina popolare neppure a Miami, purtroppo...

Gordiano Lupi

mercoledì 1 febbraio 2012

Fiori di legno


di Yoani Sánchez
da El Pais - http://www.elpais.com/

Wilman Villar è morto per aver usato il suo corpo come pubblica piazza dell'indignazione cubana


La pratica di far passare per criminali gli attivisti non è nuova

La cella di punizione è stretta, un metro e mezzo di larghezza per due di altezza, fa freddo e non c'è neppure una coperta per ripararsi. Dalla fossa usata come latrina, a livello del suolo, ogni tanto esce un topo e guarda con curiosità l’uomo che giace raggomitolato. Fuori dalla cella si odono grida, rumori metallici e la confusione tipica della prigione di Aguadores, una delle più temute dell'oriente cubano. Questa scena, comune nel nostro sistema penitenziario, si è di nuovo ripetuta nei primi giorni di gennaio e ha visto protagonista un giovane di 31 anni. Si chiamava Wilman Villar Mendoza ed era stato arrestato il 14 novembre 2011 mentre partecipava a una protesta antigovernativa per le strade di Contramaestre, il suo paese natale. Nelle immagini diffuse dopo la sua morte, lo vediamo guidare un gruppo e tenere in mano la bandiera cubana, mentre gli attoniti passanti non sanno se unirsi o reprimere i manifestanti. Probabilmente il ricordo di quella marcia gli sarà tornato alla memoria mentre tremava nelle umide pareti della prigione, anche se non potremo mai esserne certi. Perché da quel posto è uscito ormai moribondo, diretto prima all'ospedale e infine in una tomba del cimitero.

Villar Mendoza, il prigioniero morto recentemente in seguito a uno sciopero della fame, si guadagnava da vivere facendo lavori come falegname e muratore. La sua specialità erano le spighe e i fiori di legno che i turisti comprano come souvenir della nostra isola. Un lavoro composto da sei petali intagliati con la pazienza di chi sa che a Cuba il tempo non ha gran valore e che i minuti non lo renderanno né più ricco né più felice. Dava forma a un pezzo di cedro per ore e ore, rimuginando parte di quella frustrazione che tra i giovani di provincia cresce sempre di più. Nel settembre 2011 la sua non conformità sociale l'ha portato a entrare nel gruppo oppositore Unión Patriótica de Cuba. Per la propaganda ufficiale si trattava di un delinquente comune che nel mese di luglio dello scorso anno aveva picchiato "brutalmente" la moglie. Ma troppi testimoni - persino la stessa moglie - affermano che sono soltanto insulti per ucciderne il ricordo dopo la morte corporale.

A Cuba - come dice un mio amico - “nessuno conosce il passato che lo attende”, perché i precedenti penali dei cittadini sono determinati anche dal comportamento politico. Non esiste una separazione di poteri tra l’apparato giudiziario e il partito al governo, quindi le considerazioni di carattere ideologico influenzano la fedina penale dei cittadini. Siamo venuti a sapere di generali che hanno sparato alle amanti, di ministri colpevoli di ammanchi milionari e figli di papà coinvolti in diversi delitti, ma nessuno di loro è mai stato giudicato da un tribunale. Quando si tratta di un oppositore, invece, basta che abbia comprato una confezione di latte al mercato nero, litigato con la moglie, parcheggiato male l’auto per essere arrestato e giudicato colpevole. Il Codice Penale non prevede alcuna figura di “delitto politico”, quindi le persone scomode vengono giudicate sempre per cause diverse. Wilman Villar Mendoza ha dovuto subire questo trattamento, visto che aveva resistito a un arresto il 7 luglio del 2011, dopo un incidente domestico. “Casualmente” è stato processato solo 4 mesi dopo, in occasione della partecipazione a una protesta contro il Governo. Quando venne arrestato un ufficiale gli gridò in presenza di alcuni testimoni: “Adesso ti facciamo sparire”, e così hanno fatto.

La pratica di far passare per criminali gli attivisti non è per niente nuova. Nel febbraio del 2010, quando Orlando Zapata Tamayo morì dopo aver passato 85 giorni senza ingerire alimenti, lo stesso Raúl Castro affermò pubblicamente che si trattava di un delinquente comune. Dimenticava che sette anni prima, nel libro Los disidentes, scritto da giornalisti ufficiali per giustificare gli arresti della primavera nera, compariva Zapata Tamayo con foto, nome e cognome. Giocare con la storia e modificarla a proprio piacimento crea contraddizioni... e poi va tenuto di conto che nessun Governo ha mai potuto prevedere “il futuro che lo attende”.

Fortunatamente un'imputazione penale non basta a spiegare la personalità di un uomo. Presentare Villar Mendoza solo come un marito impulsivo che picchia la moglie non chiarisce perché si sia lasciato morire senza mangiare. Accusarlo come prigioniero comune serve solo a rinforzare l'idea manichea che a Cuba le persone contrarie al Governo non possano essere oneste, patriote e rispettose delle leggi. Per questo motivo è arrivata la pioggia di insulti sulla memoria dello scomparso e c'è stato l'interesse ufficiale di far passare il suo attivismo civico come un modo di “pulire” la fedina penale. Un recente editoriale comparso sul quotidiano Granma assicura persino che il prigioniero non ha mai intrapreso uno sciopero della fame. Non spiega, però, come il fisico di una persona di 31 anni si sia deteriorato così rapidamente in due mesi di reclusione, fino al punto di morire in un ospedale per “complicazioni generali dello stato di salute”. Esiste inoltre la testimonianza dei familiari e degli amici che fecero visita a Villar Mendoza in carcere per convincerlo a mangiare, ma senza riuscirci, perché ripeteva: “Libertà o morte!”. Smentiscono la versione ufficiale anche le numerose notizie del digiuno che dalla metà di dicembre sono apparse sui media dell'esilio e sugli spazi Twitter di attivisti locali. Internet mostra ciò che la stampa cubana nasconde.

Secondo la dichiarazione di Maritza Pelegrino, suo marito ha cessato di alimentarsi il 24 novembre, giorno in cui è stato condannato a 4 anni di carcere. Ha interrotto lo sciopero della fame il 23 dicembre, perché i suoi carcerieri gli avevano fatto credere che sarebbe rientrato nella lista dei prigionieri graziati dal generale Raúl Castro. Ma è tornato a scioperare sei giorni dopo, quando si è reso conto che tutte quelle promesse erano semplici menzogne, sporchi stratagemmi. Wilman, legato e nudo, è stato messo in cella di punizione dove si ha contratto quella polmonite che l'avrebbe ucciso. Trasferito in ospedale il 13 gennaio, i medici avvisarono subito la famiglia che solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo. Meno di una settimana dopo già non respirava.

Wilman Villar è stato ucciso dal tardivo intervento medico e dalla negligenza di chi in prigione avrebbe dovuto vegliare su di lui. Con la sua vita è finito un sistema che ha tagliato tutte le strade pacifiche, civiche ed elettorali perché i cittadini possano influire sullo sviluppo nazionale. Ha trasformato in cadavere un apparato giudiziario zeppo di irregolarità e di preferenze di taglio ideologico, nel quale un oppositore politico è ritenuto colpevole di un qualsiasi delitto con poche possibilità di provare il contrario. Non è stata soltanto la mancanza di cibo e acqua a provocare il triste epilogo del 19 gennaio scorso, quanto l'aver usato il suo corpo come piazza pubblica di indignazione, in un'isola dove protestare è proibito.

Wilman Villar Mendoza lascia due figlie, di 5 e 7 anni. La madre non sa ancora come spiegare alle bambine quel che è successo.

Traduzione di Gordiano Lupi