venerdì 22 maggio 2015

Un anno di 14ymedio


Il quotidiano online 14ymedio, fondato dalla blogger cubana Yoani Sánchez, compie un anno. Per Internazionale questa è una notizia, in fondo anche per noi, altrimenti non avremmo letto e commentato. Scrive il mensile diretto da Giovanni De Mauro: “Fin dal primo giorno, l’accesso al sito dall’isola di Cuba è stato bloccato, con la giustificazione che era finanziato interamente con fondi provenienti dall’estero. Secondo il quotidiano nazionale Granma, l’obiettivo del sito è sempre stato quello di alimentare le campagne di disinformazione e diffamazione contro Cuba. In un editoriale pubblicato oggi dal titolo  Un anno, nonostante la censura, i redattori del giornale hanno scritto di essere soddisfatti di aver fatto informazione senza scendere a compromessi. La più grande soddisfazione che abbiamo sperimentato in questo primo anno di lavoro è stata quella di informare tutti i giorni, e farlo con la nostra voce, con indipendenza di giudizio, senza scendere a compromessi con terzi e avendo resistito alla censura tecnologica, hanno scritto. Il sito 14ymedio è interamente finanziato da investitori privati, per lo più residenti in Europa”.


A questo punto della commedia viene spontaneo chiedersi a chi serva un simile periodico on line, se proprio ieri mi hanno scritto le Damas de Blanco, confessando che il loro messaggio partiva dall’Ufficio di Interessi USA e aggiungendo - con enfasi - che tra breve diventerà l’ambasciata di tutti i cubani. Ecco, se ho un peccato da confessare, è quello di essere stato tanto sciocco e credulone da cadere nella rete di personaggi così squallidi. Le Damas de Blanco cubane, appoggiate da Yoani Sánchez e dal suo giornale, hanno sempre scritto i loro proclami dall’Ufficio di Interessi USA, vera e proprio quartier generale. Ma adesso che a Cuba tutto sta cambiando e che i rapporti con gli Stati Uniti vanno verso una logica normalizzazione, questa gente a chi serve? Perché continuare a sovvenzionare le Damas de Blanco e il giornale della Sánchez? Questa è la vera domanda che necessita urgente risposta, non certo celebrare un anno di vita di un giornale inutile. Da parte mia resto un uomo senza certezze. So solo che presunti giornalisti come Yoani Sánchez e il suo gruppo non hanno niente a che spartire con gli ideali di libertà e di uguaglianza, ma sono soltanto a caccia di visibilità e denaro. Scoraggiamo sovvenzioni finalizzate a ingigantire un ego smisurato. Se dobbiamo aiutare i cubani, rivolgiamoci al popolo non a chi parla e rappresenta solo se stesso. 

sabato 16 maggio 2015

Cabrera Infante si racconta

Autobiografia di Guillermo Cabrera Infante
alla maniera di Laurence Sterne

Liberamente ispirata al saggio autobiografico 
contenuto nei volumi O (1976) e Mi música extremada (1996)


Nasco a Gibara il 22 aprile del 1929, una piccola città costiera della provincia cubana d’oriente. Secondo figlio e primo maschio di Guillermo Cabrera, giornalista e tipografo che vuole impormi il suo stesso nome, e Zoila Infante, una bellezza comunista cubana. I miei genitori saranno tra i fondatori del Partito Comunista locale, ma mi forniranno sufficienti anticorpi da essere vaccinato per tutta la vita contro il contagio rivoluzionario. Strana reazione, se si pensa che vengo al mondo lo stesso giorno di Vladimir Ilich Ulianov, detto Lenin. Ho solo ventinove giorni quando vado per la prima volta al cinema con mia madre a vedere I quattro cavalieri dell’Apocalisse. La mia storia d’amore con il grande schermo è appena cominciata. Non finirà mai. A tre anni credo di vedere avocadi cadere dal cielo, ma sono bombe lanciate per ordine del generale Machado, uno dei tanti tiranni che questa isola infelice ha dovuto subire nel corso del XX secolo. Per soffocare una ribellione locale, Gibara conquista il poco nobile primato della prima città d’America bombardata dal cielo. Mio padre e uno zio materno combattono a fianco dei ribelli. In questo periodo penso solo a giocare e comincio a leggere i primi fumetti come Benitín Yenas, Los sobrinos del Capitán e La gatita de Tobita. Ho quattro anni quando nasce il mio unico fratello. Scopro l’anatomia con risultati catastrofici, perché avrei preferito una sorella e così tento di eliminare la differenza usando un paio di forbici. Entro nel Kindergarten, come chiamavano le scuole materne a Cuba, ma è un’esperienza così orribile da farmi ammalare e da spingermi a odiare ogni tipo di asilo infantile. Apprendo a leggere a cinque anni grazie ai fumetti di Dick Tracy e Tarzan. A sei anni frequento la scuola primaria Los Amigos, una scuola quacchera che amo soprattutto la domenica quando ci portano a messa, perché le canzoni che animano le funzioni sono belle, anche se cantate da voci stonate. Scopro presto cosa significa il termine riunione clandestina, perché a volte viene a prendermi mio padre invece di mia madre e mi porta a fare un giro, altre volte trovo tracce di cenere e fumo in casa e so che i miei genitori non fumano. Ho sette anni ed è la vigilia del primo maggio quando arrestano mia madre, mentre mio padre, assente al momento dell’irruzione poliziesca, si consegna poco più tardi. I miei genitori vengono trasferiti nel carcere di Santiago di Cuba, a cinquecento chilometri da Gibara, mentre le guardie rurali sequestrano tutti i libri foderati di rosso nella biblioteca di mio padre. Le autorità non conoscono la differenza tra politica e poesia, portano via tutto ciò che ha il colore della ribellione, senza capire. Purtroppo nella mia vita accadrà di nuovo. I miei genitori passano diversi mesi in galera e nel frattempo m’innamoro di una bellissima cugina che mi apre il vaso di Pandora, mi fa scoprire il sesso, ma anche la gelosia, il tradimento e l’odio. Certo, tutto va rapportato a quel che può capire un bambino di sette anni. Quando ho otto anni, mio padre torna a casa dalla prigione, è senza lavoro, deve adattarsi a svolgere gli impieghi più umili, ma lo pagano poco, la mia famiglia vive in così gravi ristrettezze economiche che pensiamo di emigrare. A nove anni per poco non uccido mio fratello mentre taglio l’erba con il machete per sfamare una capra di famiglia. Per la seconda volta nel corso della sua breve vita scampa il pericolo. 


A dieci anni assisto al cambiamento di opinione dei miei genitori sul conto del colonnello Batista, loro vecchio nemico, perché il Partito Comunista muta politica nei confronti del militare mulatto e diventa suo alleato. Ricevo un’altra lezione di politica: mia madre piange di fronte alla caduta di Madrid (1939), ma quando Hitler e Stalin si mettono d’accordo per spartirsi la Polonia, mio padre scrive articoli chiedendo a Cuba (e al mondo) di tenersi lontani dalla “guerra imperialista”. Più tardi i miei genitori e il Partito Comunista condurranno una campagna di propaganda per Batista presidente.


Nel 1940 mi nasce una sorella, ma muore dopo pochi mesi di setticemia, per aver contratto un’infezione al cordone ombelicale. Un anno prima mia madre aveva perso una figlia strangolata alla nascita dal cordone ombelicale. Mio padre va all’Avana in cerca di lavoro e noi lo seguiamo, pensiamo che la capitale possa rappresentare la soluzione ai nostri problemi e soprattutto alla miseria che ci affligge. Ho dodici anni quando vedo L’Avana per la prima volta, lascio alle spalle una serena fanciullezza, povera ma felice, una famiglia grande, una casa immensa, molti amici, l’aperta campagna… per essere ugualmente povero ma in cambio trovarmi a trascorrere un’adolescenza infelice. Comincia la mia avventura più difficile: vivere in una grande città. A tredici anni una puttana generosa soltanto due anni più vecchia di me mi introduce all’arte segreta della masturbazione. Vado in vacanza a Gibara, dove scopro i vecchi libri di mio padre, in realtà una biblioteca ereditata dallo zio, l’intellettuale del popolo che scriveva con lo pseudonimo di Socrates. Tra questi libri incontro la prima letteratura erotica: un’edizione spagnola, priva di tagli, del Satiricón di Petronio. A quattordici anni mi iscrivo al liceo, dove sono un buon studente fannullone e un fanatico - ma purtroppo pessimo - giocatore di baseball.


A quindici anni muore il mio cane rimasto al paese e subito dopo mio nonno che non voleva abbandonare le campagne di Gibara. Muore anche il mio leggendario bisnonno. Nessuno lo avrebbe mai convinto a trasferirsi all’Avana, una metropoli che non sarebbe riuscito a capire. Cerco di adattarmi alla vita della capitale e mi appassiono allo studio della lingua inglese, perché voglio leggere le riviste che mi passa una vicina di casa.


Ho diciassette anni quando un vecchio professore mi trasmette il virus letterario facendomi leggere la storia commovente della fedeltà di un cane nei confronti del padrone errabondo. Il cane si chiama Argo, il padrone Ulisse, e io m’innamoro dei classici. Divento un avido lettore e mentre crescono i miei interessi letterari divento indifferente nei confronti delle altre materie. La letteratura mi conquista e ha la meglio persino sul baseball.


A diciotto anni leggo Il signor presidente, mi dico: “Anch’io sono scrittore” e per provarlo a me stesso scrivo una mediocre imitazione del romanzo in forma di racconto. Figuratevi il mio stupore quando il racconto viene pubblicato da Bohemia, una delle principali riviste dell’America Latina. La mia casa - grazie all’ospitalità di mia madre - diventa luogo di ritrovo di giovani scrittori e artisti che gravitano intorno al periodico Hoy, rivista dove mio padre lavora sin dal 1940. Prima o poi ognuno di noi avrà la sua resa dei conti con il partito, ma per il momento va tutto bene, ci ritroviamo in Zulueta 408, a bere caffè e a conversare, una casa dove convivono senza problemi immagini di Gesù e di Stalin. Sempre a diciotto anni scopro il primo bordello dove incontro una falsa bionda nei panni di una puttana che è la mia nave scuola nei misteri del sesso. Nello stesso anno comincio a usare gli occhiali per non abbandonarli mai più.


Il 1948 è per me tremendamente decisivo. Lo scherzo letterario che ha avuto inizio imitando un romanzo si rivolta contro il suo creatore. La letteratura non è più un passatempo, diventa consuetudine, passione, abito mentale, fino a trasformarsi in vera e propria ossessione. Mio fratello si ammala di tubercolosi, per un po’ di tempo mi prende la voglia di studiare medicina, ma mi basta visitare la facoltà per capire che non fa per me vedere cadaveri e seguire lezioni di anatomia. La mia carriera finisce prima di cominciare. Lascio la scuola e divento segretario del redattore capo di Bohemia. Nel 1949 fondo un magazine letterario che avrebbe dovuto chiamarsi La Vita Breve, invece che Nueva Generación. Lavoro come correttore di bozze in diversi periodici (persino uno scritto in inglese: l’Havana Herald) e come editore letterario della rivista Bohemia. A vent’anni faccio un nuovo incontro con una prostituta nera, breve e disastroso. Nel 1950 entro nella scuola nazionale di giornalismo, lavoro come traduttore, scrivo reportage e inchieste. Finalmente compio la mia prima felice esperienza sessuale con una donna adulta, una vecchia compagna di scuola, la ragazza più bella del liceo, adesso sposata, che vuole fare l’amore ascoltando Il mare di Debussy da un disco e da un mangiadischi presi a prestito. Quando ho ventidue anni, la mia famiglia lascia l’appartamento dell’Avana per trasferirsi al Vedado, dopo che la salute di mio fratello ha avuto una seria ricaduta. Fondo insieme a un gruppo di amici la società letteraria Nostro Tempo, che ben presto abbandono dopo aver scoperto che si è trasformata in una creatura del Partito Comunista. Creo con un gruppo di fanatici la Cineteca di Cuba, figlia della Cineteca Francese. Nello stesso anno conosco la ragazza, appena uscita da un collegio, che più tardi diventerà mia moglie.


Nel 1952 si verifica il secondo infame colpo di Stato di Batista e annulla le mie speranza di votare per la prima volta. Pubblico un racconto breve su Bohemia che contiene “parole scurrili in inglese”, con risultati disastrosi. Vengo incarcerato, multato e obbligato a lasciare la scuola  di giornalismo per due anni. Mi sposo nel 1953, a soli ventiquattro anni, forse non mi sono bastati prigionia e privazioni e quindi finisco per limitare la mia vita privata. Non posso usare il mio nome per scrivere articoli e racconti, come appendice di condanna, e allora invento uno pseudonimo che sembra un avatar. Antepongo l’iniziale del nome e la faccio seguire alla prima sillaba del primo cognome con la prima del secondo. Viene fuori G. Caín. Nel 1925 il mio vecchio capo è nominato direttore di Carteles, la seconda rivista di Cuba. Uso il mio pseudonimo per scrivere una rubrica settimanale sul cinema che diventa famosa a Cuba e in tutto il Caribe. Nasce la mia prima figlia: Ana.


Nel 1955 esco da Cuba per la prima volta e mi reco a New York, dove nel museo di arte moderna trovo un po’ di film per la Cineteca Cubana. Ho ventisei anni quando comprendo che il mio destino è quello di non essere fedele, perché l’adulterio mi viene molto più facile rispetto a rapporti prematrimoniali. Nel 1956 il governo si impadronisce della mia Cineteca che io stesso contribuisco a far morire cercando di farne uso politico. Nel 1957 molti miei amici vengono incarcerati o uccisi dalla polizia di Batista con l’accusa di compiere attività clandestine. Visito il Messico per la prima volta, torno ancora New York, ma al mio rientro subisco un interrogatorio nell’ufficio repressione delle attività comuniste in merito alla mia posizione politica. Nel 1958 - a ventinove anni - conosco Miriam Gómez, una giovane attrice che ha appena debuttato in Orpheus Descending di Tennessee Wiliams. Nasce la mia seconda figlia e gli impongo il nome di Carola. Amici e nemici mi consigliano più volte di non continuare a fare un uso politico delle mie rubriche sulla stampa. Una delegazione di giovani socialisti cerca di farmi diventare il leader di una protesta autorizzata. La mia rubrica su Carteles viene censurata più volte. Scrivo molti racconti e tutte le istantanee politiche che confluiranno nel volume Così in pace come in guerra. Preparo la prima riunione tra comunisti e direttorio rivoluzionario, nel frattempo faccio avere armi di contrabbando a questi ultimi. Organizzo un viaggio sulla sierra, per me e per due giornalisti americani, ma Batista mi precede e il 31 dicembre abdica. Ho trent’anni quando assisto al trionfo rivoluzionario, dirigo per brevi periodi il giornale Revolución e vengo nominato capo del Consiglio Nazionale di Cultura del nuovo Istituto del Cinema (ICAIC). Più tardi fondo Lunes, supplemento letterario di Revolución. Vado negli USA, Canada e Sudamerica al seguito di Fidel Castro. Nel 1960 Lunes comincia una politica di inviti nei confronti di scrittori politici, da Sartre a Sarraute, fino a Sagan, LeRoi Jones e Wright Mills. Al tempo stesso il periodico cerca di aiutare il paese a evolvere da una rivoluzione comunista verso una rivoluzione originale. Visito l’Europa - anche l’Unione Sovietica, la Germania Est e la Cecoslovacchia - con una delegazione di giornalisti. Divorzio da mia moglie. Smetto per sempre di scrivere critiche cinematografiche. Pubblico Così in pace come in guerra. Lunes diventa anche una rubrica televisiva.


Nel 1961 sono corrispondente di guerra alla Baia dei Porci. Cuba si converte al socialismo. L’ufficio censura del cinema proibisce e subito dopo sequestra P. M., un cortometraggio che celebra la vita notturna dell’Avana nel 1960, girato da mio fratello e trasmesso nella rubrica televisiva di Lunes. La redazione di Lunes presenta un protesta scritta firmata da oltre duecento scrittori e artisti. Il governo decide di posporre il primo congresso di scrittori e artisti di Cuba e comincia a intraprendere una serie di conversazioni con gli intellettuali, presidiate da Castro, assecondate dal Presidente Dorticós e maneggiate dai comunisti. Ala fine dei colloqui ufficiali sembra che i soli scrittori preoccupati per la libertà di espressione a Cuba siano quelli del gruppo di Lunes. Il film è sequestrato e condannato ufficialmente, mentre la rivista viene proibita. Per assurdo, durante il congresso degli scrittori e artisti che si tiene appena un mese dopo, anche se sono disoccupato, vengo eletto vicepresidente della Unione degli Scrittori e degli Artisti (UNEAC). Mi sposo con Miriam Gómez, ormai attrice famosa di teatro, cinema e televisione. Comincio a scrivere Ella cantaba boleros, come continuazione di P. M. in letteratura, il romanzo che diventerà Tre tristi tigri.


Nel 1962 mi trovo ancora senza lavoro e comincio a essere considerato un esiliato interno. Preparo un libro con le mie critiche di cinema e scrivo un prologo, un epilogo e un interludio, per trasformare una raccolta di articoli in una fiction sovversiva come Un oficio del siglo XX. Con questo libro voglio dimostrare che l’unico modo in cui un critico può sopravvivere nel comunismo è entrare a far parte di una fiction. Alla moda bolscevica vengo esiliato dalla capitale politica, ma L’Avana è soltanto una versione latina di Mosca e invece di mandarmi in Siberia, mi destinano come addetto culturale presso il consolato cubano in Belgio. 


Nel 1963 Così in pace come in guerra viene pubblicato in Francia, Italia e Polonia, è nominato al Premio Internazionale di Letteratura, vinto ex aequo da due epigoni di Kafka. Nel 1964 il mio primo romanzo - che in un secondo tempo intitolerò Tre tristi tigri - vince il premio più prestigioso per un romanzo in spagnolo, anche se è scritto in cubano. Vengo nominato incaricato d’affari in Belgio e in Lussemburgo. Torno a Cuba il 3 giugno 1965, per partecipare ai funerali di mia madre, mi rendo conto che L’Avana è una città fantasma e non vedo l’ora di tornare in Europa. Finisco nella trama di un romanzo di Kafka, perché Fidel Castro pare avere altri piani, mi lascia in eterna attesa di parlare con lui, anche se quel giorno non arriva mai. Incontro alcuni amici, li vedo spiritualmente decrepiti, mi riconoscono e muoiono, subito dopo aver mosso la loro coda politica, mi rendo conto che sono tornato a Itaca. Non sopporto di vedere in che cosa i pretendenti hanno trasformato la mia isola e sono disperato nel vedere una folle Penelope che ogni giorno tesse un tappeto diverso. Lascio L’Avana  per sempre, convinto che sia la fine di tutto, ma in realtà non è così, è soltanto l’inizio. Prendo un aereo per tornare in Europa, portando con me le mie due figlie, qualche manoscritto, tre foto, un poco di saggezza e un pugno di ricordi. Una volta salito sull’aereo odo il rumore dei motori mentre fuggo dalla follia e so bene che nel mio futuro c’è soltanto l’esilio.



L’autobiografia contenuta nel volume O si ferma qui, affermando che tutto il resto è rumore. Nella raccolta antologica Mi Música extremada (1996), curata da Rosa M. Pereda, l’autore rompe la barriera del silenzio e completa l’autobiografia sino al punto in cui è giunta la sua vita.


Nel 1965 mi trasferisco da Bruxelles a Madrid, in calle Batalla del Salado, insieme a Miriam Gómez e alle mie due figlie, ma l’accoglienza non è delle migliori perché il mio ultimo libro viene censurato. In ogni caso mi rendo conto che il libro non è onesto, perché scrivendolo mi sono lasciato andare all’opportunismo politico trascurando la letteratura. Completo Tre tristi tigri nella sua versione definitiva e surrealista restituendo al libro le intenzioni originali. Adesso sono contento di un romanzo che si è liberato dei compromessi politici per diventare soltanto un’opera d’arte. Posso pubblicarlo con il titolo definitivo. Mi scrive Alberto Mora, il mio vecchio amico cubano, per farmi sapere che Fidel Castro e il presidente Dorticós mi attendono, le porte del rientro a Cuba sono sempre aperte, basta che decida di rientrare, visto che tutti sono dispiaciuti per la fuga di mio fratello negli Stati Uniti.


Nel 1966 cambio casa, passo dai paraggi del Museo del Prado alla riviera di Manzanares, ma mi rendo conto che vivere a Madrid è come abitare nel cortile di un convento e non mi va molto a genio, perché non ho mai avuto fantasie sessuali nei confronti delle suore. Le autorità spagnole dimostrano di avere la memoria lunga e mi negano la residenza ricordando i numeri di Lunes dedicati alla letteratura spagnola in esilio e alla letteratura internazionale antifranchista. Vado a Londra, su invito di un amico che vive deliri di grandezza cinematografica, per scrivere un soggetto che non diventerà mai pellicola, ma che mi fa guadagnare i primi soldi lavorando per il cinema in lingua inglese. Londra mi fa subito un’ottima impressione, mi piace vedere le ragazze indossare abiti provocanti che contrastano con le donne velate di Madrid. Comprendo che Londra è il mio habitat naturale e finalmente riesco a trasferirmi nella capitale inglese con la famiglia, grazie ai soldi guadagnati per scrivere la sceneggiatura di un film talmente brutto da farmi insistere per ritirare il mio nome dai titoli.


Nel 1967 vado a vivere in uno scantinato di Trebovir Road, con mia moglie e i miei figli, in povertà estrema, leggermente alleviata dalle collaborazioni per Mundo Nuevo e dalla generosità di amici come Calvert Casey, vecchio collaboratore di Lunes, che ha scelto l’esilio con me. Scrivo una nuova sceneggiatura che si trasformerà in una mediocre pellicola intitolata Wonderwall, consigliata solo per la colonna sonora di George Harrison. Il denaro guadagnato mi permette di trasferirmi a Sout Kensington, in Gloucester Road, e di iscrivere le mie due figlie in un collegio cattolico della costa. All’età di trentotto anni accade una cosa straordinaria per me che non sono mai stato amante dei gatti: mi innamoro di Offenbach, un siamese mitologico che diventa il mio miglior amico. Cosa non meno importante viene pubblicato Tre tristi tigri.


Nel 1968 sono già ben ambientato nella realtà londinese, tra ragazze di silicone e donne che in realtà sono uomini travestiti, ma la capitale non è solo questo. Scrivo articoli per Mundo Nuevo, scopro e approvo la pornografia di Corín Tellado, una rivista settimanale sudamericana mi intervista e faccio le prime dichiarazioni contro Fidel Castro definendolo un caudillo latinoamericano. A Cuba mi dichiarano traditore, i fidelisti di tutto il mondo ne approfittano per diffamarmi e inventare storie sul mio conto.


Nel 1969 scrivo la sceneggiatura di Vanishing Point, una pellicola importante. I successi letterari continuano e seguono di pari passo con le calunnie organizzate, ma quel che più mi colpisce è il suicidio di Calvert Casey a Roma. Mi prende una grande malinconia che combatto giocando a scacchi con mia figlia Carolita e guardando Offenbach godersi un’estate che smentisce una Londra piovosa.


Nel 1970 conosco Hollywood per la prima volta, dopo aver lottato molto per ottenere il visto americano. Sono pur sempre cubano e il mio passato pesa, come quello di una prostituta che ha cambiato vita. Negli Stati Uniti conosco molta gente di cinema, esploro splendide locationes del sud est dove ambientare una pellicola, incontro Mae West, ma non possiedo fotografie per provarlo. Rivedo New York e mi sembra una città sudicia. Scrivo una buona sceneggiatura per un produttore di Hollywood pagata benissimo e mi rendo conto che il denaro compra tutto. Esce Vanishing Point, che in alcune parti del mondo si intitola Punto di fuga o Punto limite zero, un grande successo pure se il regista capovolge le mie intenzioni. Decido di non scrivere più per il cinema - ma ci ripenserò - e mi concentro su Cuerpos divinos.


Nel 1971 esce Three Trapped Tigers, versione inglese di Tre tristi tigri, mentre la versione francese (Trois Tigres Tristes) vince a Parigi il premio per il miglior libro straniero. Concedo un’intervista per il libro Seven Voices e la mia confessione si trasforma in una scandalosa rivelazione personale e politica. Le mie figlie, educate secondo la religione cattolica, lasciano il collegio.


Nel 1972 - tentato dal regista Joseph Losey - torno al cinema e scrivo una sceneggiatura basata sul romanzo Sotto il vulcano. Non mi piace scrivere sotto pressione, sia del tempo che della materia letteraria, e questa esperienza mi fa uscire pazzo. Al termine di un’estate allucinante si suicida il mio vecchio amico Alberto Mora e la notizia che proviene da Cuba è per me un brutto colpo. Nonostante tutto, completo il vecchio manoscritto di Vista del amanecer en el Tropico inserendo una cronologia della violenza nella storia di Cuba.


Nel 1974 soffro un brutto periodo di depressione, ma termino Vista del amanecer en el Tropico che viene pubblicato nello stesso anno. Si tratta del mio primo libro dopo Tre tristi tigri, uscito nel 1967. Il mio rapporto con la scrittura è cambiato, se prima ho lasciato che le parole giungessero al delirio, adesso so che possono arrivare anche al delirium tremens verbale e divento cauto. Completo una raccolta di saggi e di articoli dove investo molto tempo per tirare fuori la saggezza dalle cose semplici.


Nel 1975 mia figlia Ana, che aveva lasciato la casa di famiglia per sposarsi con esiti disastrosi, mette al mondo una bambina. Non mi sento un nonno, non perché voglia restare un eterno adolescente, ma perché non credo che il sangue possa avere più consistenza dell’acqua. Pubblico O - che qualcuno continua a chiamare Zero - raccogliendo articoli e saggi, ma anche una cronologia che alcuni critici considerano esibizionismo puro, mentre è solo un saggio di prosa biografica.


Nel 1976 scopro vecchi appunti di un libro mai uscito che avrebbe dovuto intitolarsi Cámara lúcida e parto da quelle note per scrivere Exorcismos de esti(l)o, una sorta di omaggio a Raymond Queneau a base di esercizi verbali. Il libro viene pubblicato in Spagna ed è il mio ultimo lavoro a base di frammenti, perché dopo cercherò di dare maggior continuità e respiro alla narrazione. Rifletto su come i lettori abbiano sempre accolto bene le mie opere in Spagna, persino quando c’erano intermediari culturali, editori, critici politici che avrebbero voluto rifiutarle.


Nel 1977, grazie a un giovane scrittore residente a Londra, riprendo in mano vecchie conferenze tenute al Palazzo delle Belle Arti dell’Avana, nel 1962, su registi cinematografici americani che mi affascinavano e che ancora rientrano nei miei interessi, per pubblicare un libro come Arcadia todas las noches. Alla fine di questo anno si verifica un evento tragico: la scomparsa di Offenbach, dopo dieci anni di reciproca compagnia. La parola tragedia potrà sembrare esagerata ma rende bene la mia situazione morale di quel periodo. Si tratta del giorno più triste dell’anno. Miriam Gómez fabbrica una cassa fatta con scaffali da libreria e sotterra Offenbach in giardino con undici rose bianche. Non amo i cadaveri, aiuto a scavare, ma non voglio vedere il mio miglior amico morto.


Nel 1978 mi invitano a tenere una conferenza all’Università di Yale, per la prima volta nella mia vita. Leggo testi in spagnolo e inglese che vengono interpretati persino in cubano. Visito una New York rinnovata con Miriam Gómez e condividiamo la meraviglia metropolitana di una città che è un monumento architettonico.


Guillermo Cabrera Infante afferma: “Fino a questo punto il rumore - adesso è il momento del silenzio”, ma nel 1996 non ce la fa a tacere e aggiorna l’autobiografia, fermandosi all’età di 66 anni. Il nuovo testo s’intitola: Raccontando i cinquanta. Riprende dal 1978, raccontando ancora l’esperienza vissuta all’Università di Yale.


Nel 1978 scopro che mi piace leggere i miei testi in pubblico e trovo che sia un progresso passare dall’Avana ostile a Yale che sbadiglia. Visito la casa di Mark Twain ad Hartford, nel Connecticut, e osservo i manoscritti di Faulkner in Virginia. I monumenti di New York sono i suoi palazzi: vere e proprie lapidi in cerca di epitaffio. Nel 1979 viene pubblicato in Spagna L’Avana per un infante defunto, il primo romanzo erotico serio edito in spagnolo dal 1515, anno in cui Francisco Delicado pubblicò La lozana andaluza. Pure Delicado era un esiliato e dovette stampare il suo libro a Roma.


Nel 1980 insegno per sei mesi all’Università del West Virginia e impartisco conferenze per tutti gli Stati Uniti. Vado in Mesico, Bogotà e Caracas per promuovere L’Avana per un infante defunto.  Conosco Reinaldo Arenas, esule cubano grazie all’esodo del Mariel ed Heberto Padilla, venuto via con maggior comodità, dopo essere sopravissuto - come Arenas - al carcere. Mi rendo conto che se fossi rimasto a Cuba avrei dovuto scontare un simile destino. Nel 1981 leggo a Washington in pubblico un articolo intitolato Parodio no por odio, che fa infuriare l’ambasciata cubana perché l’ambasciatore cubano si chiama proprio Parodi. L’addetto culturale venezuelano si unisce alla protesta anche se non si chiama Odio. Nel 1982 trascorro sei mesi presso l’Università della Virginia, visito altre Università americane: Chicago, Kansas, Cornell, Wisconsin, Yale e New York. Ho più fortuna di Edgard Allan Poe, che venne espulso dall’Università della Virginia.  Nel 1983 completo Infante’s Inferno, traduzione più letteraria che letterale de L’Avana per un infante defunto. Comincio Holy Smoke, il mio primo libro in inglese, che in spagnolo diventerà Puro humo. Prima di questo libro avevo scritto in inglese sceneggiature di cinema, articoli e racconti come Il fantasma dell’esodo, ma questa è un’impresa più difficile: un viaggio nel caos di un’altra lingua. Holy Smoke esce nel 1985 in Inghilterra, ricevo buone critiche nonostante sia un intruso ispanico nella prosa inglese. Il Times Literary Supplement mi definisce la risposta cubana a Conrad e a Nabokov, anche se l’inglese non è la mia lingua madre. Insegno nel Wellesley College e mi rendo conto che nel Campus nessuno sa niente di Nabokov che visse in quel collegio per sette anni. Non chiedo niente di Conrad, perché temo che lo confondano con l’attore William Conrad.


Nel 1986 vado in Australia e il mio viaggio si trasforma nell’incontro con un nuovo continente: un gran deserto rosso munito di corona verde. Torno a Los Angeles, che avevo visto l’ultima volta nel 1970, dove impartisco una conferenza su come vengono pronunciati i nomi degli scrittori nei paesi anglosassoni. Il pubblico non ritiene importante che qualcuno invece di Infante dica Infinity e che Borges diventi Burgués. Comincio a tradurre Holy Smoke, un buon motivo per convincermi ad abbandonare per sempre la traduzione. Non è facile restare fedeli dall’inglese allo spagnolo, d’altra parte la fedeltà non è fatta per le traduzioni, va molto meglio per i grammofoni e per il matrimonio.


Nel 1987 mi chiamano all’Università dell’Oklahoma e mi ritrovo circondato da una pattuglia di eruditi, ma non viene in mio soccorso il Settimo Cavalleggeri. Magister ludi per due settimane, dopo tutti i problemi vissuti dal 1947 in poi, anno in cui ho cominciato a scrivere. Se mia madre potesse vedermi! La povertà mi ha insegnato a essere generoso con gli aggettivi: non avevo niente da perdere, a parte il rispetto. Nasce il mio secondo nipote, che viene circonciso il terzo giorno perché la famiglia è di fede ebrea. Cerco un nuovo eroe e ancora la mia Itaca perduta, continuo a viaggiare, come Ovidio mi reco a Vienna per prendere parte a una riunione di scrittori esiliati.


Nel 1988 vado a Barcellona insieme a Miriam Gómez, come membro di una società per la difesa della cultura catalana. Andiamo in Germania dove Tre tristi tigri ha riscosso un sorprendente successo di critica e di vendite. Faccio un tour di conferenze a Saarbrücken, Colonia e all’Università Goethe di Francoforte. Alla fine vado a vedere il museo Lichtenberg e mi rendo conto che è una modesta struttura nei pressi del castello di Frankenstein. Viaggio in Italia, ma non seguo le orme dei personaggi di Rossellini: Venezia, Milano, Firenze, Siena e Pisa, sono le mie mete. A Venezia incontro la bella e dolce cugina di Adriana Ivancich, l’ultimo amore di Hemingway, che è figlia di madre cubana. Proseguo a impartire conferenze al Festival del Cinema di Miami e più tardi a Barcellona, presentando un capolavoro sconosciuto come The Last Flight. Vado in Brasile invitato dall’editore de L’Avana per un infante defunto e Vista del amanecer en el Trópico e dal giornale Folha de São Paulo. Conferenza memorabile proprio a São Paulo con sottofondo di musica brasiliana. Colgo l’occasione per visitare Bahia - una città affascinante - e Rio, che non è più quella di un tempo.


Nel 1989 viene pubblicato Tre tristi tigri in spagnolo senza tagli di censura. Il libro adesso è libero ovunque, persino a Caracas, ma continua a essere proibito a Cuba, dove in ogni caso la nuova generazione di scrittori lo copia e lo imita. Nel 1990 scrivo per la Paramount e per Andy García una sceneggiatura cinematografica intitolata La ciudad perdida (diventerà The Lost City molto più tardi, ma lo scrittore non farà in tempo a vederlo, nda).  Vado a Hollywood con il mio libretto. Nel 1991 scrivo e riscrivo al sceneggiatura, ma non sono mai soddisfatto. Viaggio per il mondo insieme a Miriam Gómez. Posso andare ovunque ma non a Cuba.
Nel 1992 viaggio idealmente verso l’isola con Mea Cuba, il mio testamento politico. Ricevo un dottorato honoris causa dall’Università Internazionale della Florida. Il momento più memorabile è quando scopro che accanto a me - in toga e tocco da laureato - c’è il grande Joe Di Maggio, uno dei miei eroi da bambino, quando ero appassionato di baseball.


Nel 1994 viene pubblicata simultaneamente a Londra e a New York la versione inglese di Mea Cuba. La Editorial Vuelta presenta il libro a Città del Messico e subiamo due minacce di attentati. Certo che la letteratura è davvero esplosiva, forse più della dinamite!


Nel 1995 pubblico a Madrid Delito por bailar el chachachá, una raccolta di racconti, saggi e letteratura ripetitiva. Pronuncio discorsi a Madrid e a Parigi sul poeta José Martí, per il centenario della sua morte. Scrivo una monografia su Howard Hawks e sulla sua opera maestra Río Bravo per il BRitish Film Institute. Completo la mia prima opera di fiction lunga dopo molto tempo, ma il titolo è segreto (Cuerpos Divinos, pubblicato postumo, nda). Ricevo il premio biennale dell’Istituto latinoamericano di Roma per L’Avana per un infante defunto, pubblicato in italiano l’anno precedente.


Termina qui il saggio di scrittura autobiografica realizzato da Guillermo Cabrera Infante ponendo come riferimento gli anni della sua vita dal 1929 al 1995. Gli ultimi dieci anni - la morte è avvenuta nel 2005, a Londra - sono documentati soltanto dalla sua opera.



Bibliografia e Filmografia essenziale

Guillermo Cabrera Infante (Gibara - Cuba - 22 aprile 1929 - Londra, 21 febbraio 2005) - Premio Miguel de Cervantes (1997)

Opere

Così in pace come in guerra (Asì en la paz como en la guerra) (1960) Mondadori, 1963
Tre tristi tigri (Tres tristes tigres) (1967) Il saggiatore, 1976
Vista del amanecer en el trópico (1974)
O (1975)
Exorcismos de esti(l)o (1976)
L’Avana per un infante defunto (La Habana para un infante difunto) (1979) Garzanti, 1993
Puro humo (1985)
Mea Cuba (1992) Il saggiatore, 1997
Delito por bailar el chachachá (1995)
Mi música extremada (1996)
Ella cantaba boleros (1996)
Vidas para leerlas (1997)
Il libro delle città (El libro de las ciudades) (1999) Il saggiatore, 2001
Todo está hecho con espejos (1999)
La ninfa inconstante (2008)
Cuerpos divinos (2010)



Recensioni cinematografiche

Un oficio del siglo XX (1963)
Arcadia todas las noches (1978)
Cine o sardina (1997)

Sceneggiature cinematografiche

Wonderwall, regia di Joe Massot (1968)
Punto zero (Vanishing Point), regia di Richard C. Sarafian (1971)
The Lost City, regia di Andy Garcia (2005)



Gordiano Lupi
(bibliografia, adattamento e traduzione)