sabato 28 aprile 2012

Como fue?


Omar Santana su El Nuevo Herald - Scintilla d'amore tra Chiesa e regime cubano. Il cardinale Ortega e Raul Castro intonano il famoso bolero di Duarte Como fue. "Come fu... non so dirti come fu ... non so spiegarti cosa accadde, ma di te mi innamorai...". Roberto Vecchioni tradurrebbe in italiano con le note di Stranamore: "Forse non lo sai ma pure questo è amore!". In ogni caso è sbocciata la passione tra pseudo-comunismo e pseudo-cristianesimo. Il potere va sempre d'accordo con altre forme di potere. Noi siamo a fianco della chiesa combattente, apprezziamo i preti di campagna alla Padre Conrado, le persone che sostengono il popolo che soffre, non certo con le gerarchie ecclesiastiche che definiscono delinquenti i cittadini che occupano una chiesa per reclamare i loro ditritti. Pasolini docet.

Il servilismo della Chiesa cubana


Tratto dalla rivista satirica Guamà

giovedì 26 aprile 2012

Perché José Daniel?

di Yoani Sanchez
www.lastampa.it/generaciony


Sapeva che sarebbero andati a prenderlo. Quando parlai per la prima volta – telefonicamente - con José Daniel Ferrer, mi resi subito conto che si trattava di una persona eccezionale. Poco tempo dopo conversammo intorno al tavolo di casa nostra e la mia impressione fu confermata ulteriormente. Mentre fuori calava la notte, l’uomo di Palmarito del Cauto ci narrò gli anni vissuti in prigione dalla Primavera Nera del 2003 fino alla metà del 2011. Le botte, le denunce, i prigionieri che lo chiamavano con rispetto “il politico” e anche i carcerieri che cercavano di piegarlo con la forza. Passammo alcune ore ascoltando quegli aneddoti, che raccontavano l’orrore ma anche veri e propri miracoli. Come quando riuscì a nascondere nelle crepe della parete una piccola radio che fu la sua proprietà più preziosa fino a quando lui stesso la fece a pezzi lanciandola contro il pavimento, alcuni secondi prima che un ufficiale gliela confiscasse.

José Daniel, il leader dell’Unione Patriottica di Cuba (UNPACU), rappresenta oggi la principale preoccupazione della Sicurezza di Stato nella parte orientale del paese. Occupa quel posto – ammirabile ma pericolosissimo – anche perché ogni sua parola sprigiona onestà e determinazione. Uomo semplice, giovane, diplomatico, è riuscito a rinvigorire un movimento dissidente sempre più stremato dalla repressione e dall’esilio di una parte dei suoi membri. Il suo carisma da trascinatore e il rispetto che molti dimostrano verso di lui, deriva anche dalla sua perseveranza e soprattutto dal fatto che è più propenso alla comprensione che alla sfiducia. Si è trasformato in un uomo – ponte tra diversi progetti civici e ciò lo rende, in questo periodo storico, una pietra appuntita dentro lo stivale del governo cubano.

Questo instancabile abitante di Santiago è detenuto da 23 giorni. Non è più in grado di muoversi per le strade montuose che collegano i municipi della sua regione, non può concedere interviste, né inviare messaggi a Twitter dal suo telefono mobile. Lunedì scorso si è dichiarato in sciopero della fame nella stazione di polizia dove viene tenuto isolato da ogni comunicazione. Non hanno ancora detto a sua moglie, Belkis Cantillo, quanto tempo dovrà passare agli arresti, né se a suo carico verranno presentate imputazioni. Noi che siamo suoi amici abbiamo un brutto presentimento. José Daniel Ferrer è diventato un vero e proprio trascinatore, al punto di spaventare le autorità cubane, che per questo motivo lo puniranno duramente. Lo temono, perché può fare in modo che il titolo di “città eroica” di Santiago de Cuba, acquisti un significato in sintonia con i tempi.

Traduzione di Gordiano Lupi

mercoledì 18 aprile 2012

Dedicatoria/ Dedica

de Octavio Armand (Caracas)


A la llama porque huye hacia arriba;
a la sombra porque cae sin hacer ruido;
a las mujeres que cuerpo a cuerpo
he conocido en cuerpo y alma


y a las que a mí me han conocido
cuerpo a cuerpo en cuerpo y alma,
que quizá no sean tantas, o no las mismas;
a la espina que hiere y al pétalo que duele;


a los amigos que han aprendido a quererme
a pesar de las lecciones, tan difíciles;
a los pájaros, esas noticias del cielo;


a ti que lees estas palabras confiando
que quieren decir lo que dicen;
y a quien en vano las escribe para huir


hacia arriba o caer sin hacer ruido.


Caracas, 3 de mayo 2008.

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Octavio Armand nació en Guantánamo en 1946. Entre otros libros de poemas, ha publicado Cosas pasan (Monte Avila Editores, Caracas, 1977), Biografía para feacios (Pre-Textos, Valencia, 1980) y Son de ausencia (Casa de la Poesía Pérez Bonalde, Caracas, 1999). Este poema pertenece al libro Clinamen (Kalathos, Caracas, 2011).


Dedica

di Octavio Armand (Caracas)


Alla fiamma perché fugge verso l’alto;
all’ombra perché cade senza fare rumore;
alle donne che corpo a corpo
ho conosciuto in corpo e anima


e a quelle che mi hanno conosciuto
corpo a corpo in corpo e anima,
che forse non sono tante, o non sono le stesse;
alla spina che ferisce e al petalo che duole;


agli amici che hanno imparato ad amarmi
nonostante le lezioni, così difficili;
agli uccelli, messaggeri del cielo;

a te che leggi queste parole confidando
che vogliono dire ciò che dicono;
e a chi invano le scrive per fuggire


verso l’alto o cadere senza fare rumore.


Caracas, 3 maggio 2008

Traduzione di Gordiano Lupi
________________________________________

Octavio Armand, Guantanamo (Cuba), 1946. Tra gli altri libri di poesia, ha pubblicato Cosas pasan (Monte Avila Editores, Caracas, 1977), Biografía para feacios (Pre-Textos, Valencia, 1980) e Son de ausencia (Casa de la Poesía Pérez Bonalde, Caracas, 1999). Questa poesia fa parte del libro Clinamen (Kalathos, Caracas, 2011).

Nuove polemiche sull'embargo USA contro CUBA




L'embargo statunitense nei confronti di Cuba scatena sempre polemiche. L'esilio cubano a Miami è insorto di fronte alle dichiarazioni del leader democratico Jeff Bingaman, che ha chiesto di modificare la politica nordamericana nei confronti di Cuba, di abolire l'embargo e di ristabilire relazioni diplomatiche con l'Isola. "Non dobbiamo più permettere che la nostra politica verso Cuba sia dettata dalla comunità cubanostatunitense, ma dobbiamo pensare agli interessi nazionali", ha detto Bingaman.

Ninoska Pérez Castellón, giornalista di Radio Mambí e membro del Consejo por la Libertad de Cuba, che ha sede a Miami, non è d'accordo. A suo parere l'embargo andrà mantenuto sino a quando Cuba non concederà le libertà fondamentali ai suoi cittadini e darà prova di non avere rapporti con paesi che finanziano il terrorismo.

Il governo cubano ritiene che l'embargo rappresenti un grave danno economico per lo sviluppo dell'Isola e calcola i danni economici diretti in oltre 104 milioni di dollari. I detrattori dell'embargo replicano che, come strumento di politica estera, la misura serve solo come scusa al governo cubano per giustificare il fallimento del modello economico e la situazione di indigenza in cui vive la popolazione. L'embargo è cominciato nel 1962 con la presidenza del democratico John Kennedy. Potrà essere derogato dal Congresso USA quando il governo cubano darà prova di aver compiuto tre passi fondamentali: libertà dei prigionieri di coscienza, riconoscimento dei diritti umani e legalizzazione dei partiti politici. Le sanzioni contro il regime dei Castro sono state rafforzate nel 1992 dalla Legge per la Democrazia a Cuba (Legge Torricelli) e nel 1996 dalla legge di libertà e Solidarietà con Cuba (Legge Helms-Burton), che ha fissato condizioni ancora più difficili per eliminare l'embargo.

Gli argomenti dell'esilio cubano in favore del mantenimento del blocco economico sono sempre gli stesi: Cuba è un paese che non rispetta i diritti umani, ogni giorno vengono arrestati dissidenti, non esiste alcuna libertà individuale e non sono in vista cambiamenti in senso democratico.

La posizione intermedia sarebbe la migliore, come da tempo predica Yoani Sanchez: "Gli USA tolgano l'embargo e il governo Cubano - contemporaneamente - legalizzi i partiti politici, indica libere elezioni e conceda diritti umani alla popolazione". Cambiare è possibile...

Gordiano Lupi

martedì 17 aprile 2012

Andrés Carrión di nuovo arrestato



Le autorità cubane hanno arrestato ancora una volta Andrés Carrión, il giovane dissidente che gridò “Abbasso il comunismo!” durante la messa di Papa Benedetto XVI a Santiago de Cuba.
Carrión, che fu arrestato il 26 marzo, era stato liberato domenica scorsa con l’avvertimento di non concedere interviste a mezzi di stampa stranieri e di non incontrare altri oppositori.

Carrión, 38 anni, laureato in materie economico – politiche, attualmente disoccupato, venne percosso da un presunto barelliere della Croce Rossa e subito dopo arrestato dalla polizia, per aver gridato slogan anticomunisti in Piazza Antonio Maceo a Santiago de Cuba, mentre il Papa stava officiando una delle due messe previste in territorio cubano.

Ieri sera Andrés Carrión è stato di nuovo arrestato, insieme al giovane dissidente Anyer Antonio Blanco Rodríguez, e adesso sono entrambi detenuti presso la sede della polizia nota come Versalles, a Santiago de Cuba. Ana Celia Rodríguez, madre di Blanco Rodríguez, ha confermato che i due dissidenti si erano incontrati con un gruppo di oppositori per realizzare una protesta volta a chiedere la liberazione di José Daniel Ferrer García.

Andrés Carrión aveva anche rilasciato un’intervista a Radio Martí nella quale affermava: “Ho gridato ciò che tutti i cubani sentono dentro ma non hanno il coraggio di esprimere. La visita del Santo Padre era il momento migliore per farlo. Molte persone si sono avvicinate a me e molti mi hanno appoggiato. Tutto il popolo cubano pensa e mormora a voce bassa le stesse cose che io ho avuto il coraggio di gridare in una pubblica piazza”.

Vignetta di Jardim su El Nuevo Herald
Fidel Castro ride mentre vede Obama in TV al VI Incontro dei Paesi Americani

Gordiano Lupi

La fantastica sanità cubana



Omar Santana su El Nuevo Herald

OSPEDALE
Un turista simpatizzante del regime fotografa un ospedale fatiscente.
Altro turista simpatizzante abbracciato a una jinetera cubana: - "Mi raccomando, riprendi da qui verso l'alto!"

sabato 14 aprile 2012

A Cuba si parla ancora di riforma migratoria


Ricardo Alarcón: “Sarà profonda e radicale!
Yoani Sánchez: “Speriamo che non contenga i soliti filtri ideologici”


“Nei prossimi mesi il governo metterà in moto una riforma migratoria radicale e profonda, volta a eliminare le restrizioni per recarsi all’estero che per decenni hanno riguardato i cubani”, ha annunciato il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Ricardo Alarcón, nel corso di un’intervista a Rebelión, periodico digitale di estrema sinistra, senza fornire dettagli su modi e tempi in cui verranno tolte le limitazioni per viaggiare all’estero.

Alarcón ha affermato che “la questione migratoria è stata sempre usata come un’arma destabilizzante contro Cuba e come un elemento di distorsione della realtà cubana”.

Le restrizioni alla libertà di movimento esistono da oltre mezzo secolo, ma ogni anno migliaia di cubani emigrano illegalmente o ricorrendo a sotterfugi (matrimoni di comodo, carte di invito fittizie, ricongiungimenti familiari), ma quel che è peggio spesso rischiano la vita ricorrendo a viaggi della speranza a bordo di zattere. Per poter viaggiare legalmente all’estero i cubani devono ottenere un permesso di uscita (concesso in maniera del tutto discrezionale), che costa 150 dollari e viene rilasciato per 30 giorni, prorogabili sino a un massimo di 10 volte, scaduto il quale devono rientrare in patria, pena la perdita del diritto a risiedere nel loro paese. A parte chi emigra in maniera illegale, c’è da dire che ogni anno oltre 30.000 cubani emigra legalmente.

Alarcón ha aggiunto: “Certe restrizioni esistono per proteggere il nostro capitale umano. La formazione di medici, tecnici, professori… costa molto cara allo Stato cubano e gli Stati Uniti fanno di tutto per privarci di queste ricchezze umane”.

Alarcón ha detto che la riforma favorirà anche i cubani emigrati - che necessitano di un permesso di ingresso -, perché a suo parere “non hanno più lo stesso profilo di quando abbandonarono la patria durante i primi anni della rivoluzione”. Secondo Alarcón “le cose sono cambiate molto. Circa mezzo milione di cubani emigrati tornano nel loro paese di origine ogni anno. La maggior parte dei cubani emigrati ha un rapporto normale con la patria di origine”.

Yoani Sánchez ha diffuso la notizia su Twitter: “Si parla da tempo di una riforma migratoria, ma quel che mi chiedo è se sarà per tutti o se ci saranno filtri ideologici”. Ricordiamo che Yoani è una delle persone più colpite dalle restrizioni in tema di viaggi all’estero, visto che il governo ha sempre bocciato ogni sua richiesta di uscita dal paese per ritirare premi o partecipare a conferenze, senza dare mai una valida motivazione. La blogger Elaine Díaz ha scritto: “Spero che la riforma migratoria non continui a riprodurre la custodia governativa dei professionisti, altrimenti non cambierà niente. Il miglior modo per proteggere il capitale umano è offrire opportunità ai settori professionali, meno restrizioni e più libertà”.

Resta il fatto che da alcuni anni, periodicamente, alti dirigenti cubani tirano in ballo la necessità di procedere a una riforma migratoria, ma di fatto tutto resta come prima. Speriamo che sia la volta buona.


Gordiano Lupi

giovedì 12 aprile 2012

Color benessere

di Yoani Sanchez
www.lastampa.it/generaciony


Le balaustre hanno forma di donna nuda e la cancellata è coperta di lastre di pietra. Il giardino si estende per appena mezzo metro di prato sul quale abbaia tutto il giorno un piccolo pechinese. Dalla porta d’ingresso si riesce a vedere il bancone da “bar” che separa la sala dalla cucina, con bottiglie colme di liquidi colorati. Una cisterna di plastica sbuca dal tetto e funge da deposito di acqua per i giorni in cui scarseggia. Le finestre di ferro e vetro mostrano in trasparenza le figure che si muovono in casa e di notte rivelano anche la luminosità del televisore. Tutta la minuscola “magione” è stata dipinta con quel color rosso vermiglio che di questi tempi rappresenta un simbolo di benessere. La tonalità preferita da chi raggiunge il successo economico nonostante le privazioni e le assurdità burocratiche.

Persino nelle strade non asfaltate spiccano queste abitazioni restaurate grazie al sacrificio personale e ai pesos convertibili. Minuscole palazzine con pretese di grandezza sorgono all’improvviso davanti ai nostri occhi. La sensazione che proviamo è un mix di sorpresa e di ottimismo quando le incontriamo in mezzo a luoghi impervi come El Platanito, La Timba, Zamora, El Romerillo e altri quartieri malfamati. Confinano con l’immondezzaio che deborda o con la fogna che trasuda liquami nella carreggiata sottostante, ma viste singolarmente queste “casine per bambole” sono vere e proprie oasi di benessere. Hanno certi ornamenti che si esprimono in dettagli rocamboleschi come colonne a forma di tronchi d’alberi o nanetti di terracotta all’ingresso della cancellata. Sono eccessivamente decorate e al tempo stesso architettonicamente ridicole, ma queste imitazioni di castelli esprimono un forte desiderio di abitare in un luogo bello e personalizzato. Ricordano alcune costruzioni funebri del cimitero avanero, ma in questo caso vogliono essere utilizzate durante la vita.

Mi piace molto imbattermi in quelle dimore e vedere le persone che vi risiedono affacciate ai piccolissimi balconi. C’è qualcosa in loro, nella pittura scelta per coprire i muri e nel campanello attaccato al portone che mi fa ben sperare. Mi conforta sapere che il desiderio di progredire materialmente non è stato cancellato da tanti anni di falso egualitarismo e simulata modestia. Una piccola ansia di benessere è rimasta dentro di noi e adesso quella avidità ha un colore rosso vermiglio che è impossibile nascondere.

Traduzione di Gordiano Lupi

Benvenuto all'Avana, Calderon!


IL CARTELLO DELL'AVANA

- Benvenuto

Il riferimento è alla visita del Presidente messicano Calderon, che ha incontrato Raul Castro.

di Omar Santana - El Nuevo Herald.

Fidel Castro, biografia non autorizzata

Recensione di Salvo Zappulla
da http://www.lavocedellisola.it/tag/cuba-libre-vivere-e-scrivere-allavana/


Seguo da qualche tempo l’incessante impegno giornalistico e umano di Gordiano Lupi a favore del popolo cubano. Quando un uomo decide di intestarsi una causa a favore degli ultimi, degli oppressi, riscuote sempre la mia ammirazione. E Gordiano è un uomo che non ha peli sulla lingua, quel che deve dire, lo dice. O lo scrive, anche se questo rischia di attirargli qualche guaio. E di questi tempi grami, dove i più preferiscono asservirsi al potere o nel migliore dei casi starsene zitti, persone come lui costituiscono una risorsa per la società. Un giornalista, o uno scrittore, utilizza la penna per sensibilizzare le coscienze, non imbraccia il mitra, non guida le rivolte, ma anche la penna può rivelarsi estremamente efficace quando riesce a dare voce a quanti sono censurati da regimi totalitari che non ammettono il dissenso. Mi riferisco agli articoli di Yoani Sánchez che Gordiano traduce in Italia. Nell’aprile 2007, è stato pubblicato anche un libro presso Rizzoli, una raccolta di post del blog di Yoani, dal titolo Cuba Libre – vivere e scrivere all’Avana, curata e tradotta sempre da Gordiano Lupi. Ho trovato questa biografia su Fidel Castro estremamente equilibrata, quasi il giornalista avesse voluto fare uno sforzo per mantenersi in una sorta di baricentro ideale, evitando che il testo venisse influenzato più di tanto dalla sua opinione (immagino pessima) del dittatore cubano. Perché di questo a mio parere si tratta: di un dittatore alla pari degli altri, i vari Gheddafi, Mubarak ecc. Non esistono ideologie che tengano quando si impone il potere con la forza, si eliminano i dissidenti, si reprimono i tentativi di riforme, si tiene con la coercizione un popolo sotto il proprio dominio. Anche perché mantenere uno Stato di polizia, una forza così imponente di uomini affinché siano in grado di tenere sotto controllo e assoggettare con le armi il rimanente della popolazione, comporta oneri elevatissimi in un’economia già disastrata, in parte a causa dall’embargo imposto dagli americani. A meno che non si abbia il petrolio, ma non è il caso di Cuba. Il ritratto che ne viene fuori di Fidel Castro da questa biografia è quello di un uomo erudito e colto, brillante oratore (o forse meglio dire incantatore di serpenti) fondamentalmente onesto, ancorato nelle sue convinzioni. Un uomo però che predica comunismo e uguaglianza, raziona gli alimenti al suo popolo ma all’interno del proprio bunker non si fa mancare nulla, banchetta con aragoste e caviale, e si fa arrivare dall’Italia i migliori vini. Un uomo cristallizzato nella conservazione di se stesso, determinato a perpetrare il suo potere all’infinito, sordo ai richiami di un mondo che corre a velocità supersonica, mentre a Cuba si coltiva ancora la terra con l’aratro trainato dai buoi. Ha smussato il razzismo, ha favorito l’alfabetizzazione, ha costruito ospedali ma a che serve tutto questo quando un popolo viene privato del suo diritto fondamentale: la libertà. Gli intellettuali fuggono da Cuba, o preferiscono tacere. O compiacerlo. Gabriel García Marquez definisce Fidel Castro “un buon dittatore”. Lapidario il giudizio di Gordiano Lupi: “Non esistono buoni dittatori, solo dittatori”. Da un premio Nobel per la letteratura ci si aspetterebbe una maggior presa di coscienza. Un libro da leggere con grande interesse perché ci rivela aspetti inediti o sconosciuti alla gran parte dei lettori, di un uomo in grado di costruire una leggenda attorno al suo nome, un uomo nel bene e nel male destinato a passare alla storia.

Salvo Zappulla

Gordiano Lupi (Piombino, 1960). Collabora con La Stampa di Torino. Traduce gli scrittori cubani Alejandro Torreguitart Ruiz, Yoani Sánchez, Felix Luis Viera ed Heberto Padilla. Ha pubblicato molti libri monografici sul cinema di genere italiano per la casa editrice romana Profondo Rosso. Collabora con www.tellusfolio.it curando rubriche su Cuba, cinema italiano e narrativa italiana. Tra i suoi lavori più recenti: Cuba Magica – conversazioni con un santéro (Mursia, 2003), Un’isola a passo di son – viaggio nel mondo della musica cubana (Bastogi, 2004), Almeno il pane Fidel – Cuba quotidiana (Stampa Alternativa, 2006), Mi Cuba (Mediane, 2008), Fellini – A cinema greatmaster (Mediane, 2009),Sangue Habanero (Eumeswil, 2009), Una terribile eredità (Perdisa, 2009), Per conoscere Yoani Sánchez (Il Foglio, 2010), Velina o calciatore, altro che scrittore!(Historica, 2010), Tinto Brass, il poeta dell’erotismo (Profondo Rosso, 2010), Storia del cinema horror italiano – vol. 1 Il Gotico (Il Foglio, 2011). Cura la versione italiana del blog Generación Y della scrittrice cubana Yoani Sánchez e ha tradotto per Rizzoli il suo primo libro italiano: Cuba libre – Vivere e scrivere all’Avana (2009). Pagine web:www.infol.it/lupi. E-mail per contatti: lupi@infol.it


Fidel Castro - Biografia non autorizzata
di Gordiano Lupi
Acar edizioni
Pag. 206 €. 15,00

mercoledì 11 aprile 2012

Andrés Carrión Álvarez sarà processato


Il giovane che gridò "Abbasso il comunismo!" durante la messa del Papa a Santiago de Cuba sarà giudicato davanti a un tribunale per il delitto di disordine pubblico. Andrés Carrión Álvarez è stato ingannato, perché in un primo tempo la polizia politica aveva affermato che non sarebbe stato processato. Il dissidente è in prigione dal 26 marzo, presso il carcere Versalles, a Santiago de Cuba, dove sta scontando un periodo di carcerazione preventiva, mentre il barelliere della Croce Rossa che l'ha colpito non risulta né identificato, né indagato, nonostante l'organizzazione internazionale abbia stigmatizzato il suo atto. Il Vaticano ha emanato un comunicato nel quale assicura di aver interceduto per il caso di Carrión e dice che sta facendo il possibile per ottenere un giusto processo. In realtà pare che il giudizio seguirà i tempi e i metodi dettati dalla polizia politica. More solito...

martedì 10 aprile 2012

Voglio che il mio Cile sia uguale a cuba!


Garrincha sorride con intelligenza sulla visita di Camila Vallejo a Cuba e sulla voglia di esportare nel suo paese il "modello cubano". Silvio Rodriguez - un tempo cantautore di protesta ed esponente della Nueva Trova, adesso menestrello di regime - ha detto: "Non capisco l'indignazione di molti commentatori internazionali. Avrebbero preteso che Camila, una comunista che lotta nel suo paese contro il neoliberismo, incontrasse i dissidenti che vogliono instaurare a Cuba il neoliberismo?". Della serie: come ti capovolgo la realtà. Bravo Silvio, adesso sappiamo con certezza da quale parte stai!

Gordiano Lupi

Indignato cubano

Yoani Sánchez vuol fondare una stampa libera a Cuba


"Continuo a sognare di poter riuscire a gettare le basi di una stampa libera a Cuba e ogni giorno mi rendo conto di essere un po' più vicina al mio sogno", ha detto la blogger Yoani Sánchez in occasione del quinto anniversario del suo blog Generación Y, nel corso di un'intervista rilasciata a martinoticias.com.

Sánchez ha detto che il suo blog e lo spazio Twitter che gestisce sono mezzi di espressione personale importantissimi, ma ha aggiunto che non vuole limitarsi a lavorare con quei due strumenti di comunicazione: "ho altri interessi e altri piani nel campo professionale".

“Non voglio abbandonare il blog, ho ancora molte cose da raccontare in quello spazio" ha dichiarato la blogger "ma voglio ampliare gli orizzonti verso progetti collettivi che non esprimano solo opinioni ma facciano anche informazione.”

“Non sono mancati momenti, nel corso di questi 5 anni, che mi sono sentita un po' intimorita per l'importanza che ha assunto il mio blog, non solo per me, ma anche per le altre persone. Tuttavia, andrò avanti nel mio lavoro, perchè mi sono successe cose molto belle", ha detto la blogger.

Yoani ha aggiunto che la cosa migliore è stata vedere come il suo sforzo personale, iniziato praticamente da sola nel 2007, “ha finito per motivare e contagiare altre persone desiderose di aprire uno spazio personale su Internet, di avere un blog, di esprimere opinioni, a volte molto diverse dalle mie.”

La blogger ha aggiunto di essere molto soddisfatta per la possibilità che ha avuto "di potersi unire a un portale come Voces Cubanas, dopo aver cominciato con Generación Y.”

Yoani Sánchez ha ricordato lo spazio digitale dei primi tempi, rustico e spartano, e la necessità di miglioramenti tecnologici che ha dovuto affrontare.

“Il mio blog è stato come un referente in un paese dove non esistono liberi mezzi di espressione. Per fortuna esiste uno spazio, gestito da una cittadina, che è diventato una piazza pubblica virtuale", ha concluso.

Gordiano Lupi

lunedì 9 aprile 2012

Comple-Blog

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony
Un bambino di cinque anni comincia ad andare a scuola, ma un blog della stessa età ha già compiuto azioni più temerarie. Oggi faccio uno sforzo e cerco di ricordare la donna silenziosa e timorosa che sono stata prima del 9 aprile 2007, anno in cui ho creato Generación Y. Tuttavia, non ci riesco. Il suo volto si perde, si stempera in mezzo a tutti i momenti belli e difficili che ho sperimentato dopo aver pubblicato il mio primo testo sul web. Adesso non riesco a immaginarmi senza questo diario accidentato e personale. In un modo o nell’altro, mi sembra di aver sempre scritto un blog. Quando l’indottrinamento e l’ingiustizia raggiungevano livelli intollerabili, la mia testolina infantile commentava la realtà - al margine - come non sarebbe mai stato possibile fare a voce alta. Sono diventata un’adolescente sfuggente continuando a fare lo stesso: raccontando la mia quotidianità, cercando di comprenderla e tentando di evaderla.

La sola cosa certa è che quella mattina in cui sono uscita di casa per pubblicare su Internet la mia pagina virtuale, nessuno avrebbe potuto immaginare quanto compiere tale azione mi avrebbe trasformato. Adesso, ogni volta che mi prende il timore che la polizia politica cubana sia “infallibile”, esorcizzo quel pensiero dicendomi che “non lo sapevano, quel giorno non furono neppure in grado di intuire che avrei creato questo sito”. Quel che è accaduto dopo è ormai noto: sono arrivati i lettori, si sono impadroniti di questo spazio come un cittadino che frequenta una piazza pubblica; hanno bussato alla mia porta molti altri (http://www.vocescubanas.com/) che chiedevano aiuto per creare i loro spazi di opinione; sono cominciati i primi attacchi e sono arrivati anche i riconoscimenti. Durante il percorso si è persa quella madre di 32 anni che parlava di “argomenti complessi” solo sussurrando, si è smarrita la trentenne compulsiva che era appena in grado di ascoltare o dibattere. Questo blog è stato come esperimentare, nel tempo e nello spazio di una sola vita, un’infinità di esistenze parallele.

Non sono più riuscita a camminare in incognito per strada. Quel dono dell’invisibilità che mi vantavo di possedere è andato in malora, tra l’abbraccio di chi mi riconosce e gli occhi attenti di chi mi sorveglia. Ho pagato un enorme costo personale e sociale per questi piccoli bozzetti di realtà e nonostante tutto, tornerei a prendere la mia chiavetta usb, me ne andrei di nuovo nella hall di quell’hotel da dove ho lanciato nella grande ragnatela mondiale il mio post inaugurale (http://www.desdecuba.com/generaciony/?p=158).

Traduzione di Gordiano Lupi

sabato 7 aprile 2012

La Cuba che Camila Vallejo non ha voluto vedere

di Yoani Sánchez
http://diario.latercera.com/2012/04/07/01/contenido/reportajes/25-105684-9-la-cuba-que-camila-vallejo-no-quiso-ver.shtml


La blogger cubana Yoani Sánchez non è riuscita a incontrare Camila Vallejo all’Avana, durante la visita ufficiale in cui la giovane comunista cilena ha parlato con Fidel Castro.

“La cilena era avvolta nel glamour che sempre l’accompagna, ma sottomessa al rigido e obbediente protocollo della controparte cubana. Che paradosso vedere una persona che nel suo paese lotta contro l’egemonia, condividere sorrisi e parole con l’egemonia del pensiero ufficiale!”, scrive Yoani inn un articolo per il periodico La Tercera.

L’arrivo di Camila Vallejo - vicepresidente della federazione degli Studenti dell’Università del Cile - all’Avana non suscitava aspettative enormi, dopo la visita del Papa, ma Yoani avrebbe voluto incontrarla per discutere con lei la situazione della dissidenza e della mancanza di libertà a Cuba.

“Sapevo che mettersi sulle tracce di Camila Vallejo una volta arrivata nella nostra capitale, fosse una cosa molto difficile, quasi impossibile. Una rete protettiva la circondava e faceva in modo che nessuno parlasse con la a giovane comunista cilena. Inoltre gli eventi che la riguardavano si svolgevano tutti all’interno di istituzioni ufficiali”, scrive la Sánchez, sicura che lei e Camila vivono in mondi non comunicanti.

Yoani ha provato a inviare un messaggio su Twitter per vedere se fosse possibile parlare con Camila, ma non c’è stato niente da fare, perché uomini della Sicurezza di Stato hanno impedito l’incontro e non ha permesso alla blogger di varcare i cancelli dell’Università dell’Avana.

“I giovani cubani hanno ascoltato con ammirazione Camila mentre raccontava le lotte degli studenti cileni. E pensare che la Federazione Universitaria Cubana non ha mai potuto organizzare una protesta di pizza!”, scrive Yoani.

La visita ha avuto un carattere strettamente ufficiale. Nessuno che non fosse di provata fede comunista ha potuto avvicinare la dirigente cilena.

“Camila Vallejo ha fama di giovane ribelle e anticonformista, ma a Cuba ha dimostrato un totale conformismo e una piena accondiscendenza alle idee del regime. Nel suo blog aveva scritto che Cuba non era una società perfetta, come non lo era il Cile, ma aveva aggiunto di provare rispetto per Cuba e soprattutto che a suo parere nell’Isola non esisteva repressione. Proprio di queste cose avrei voluto parlare con Camila, ma non è stato possibile”.

La conclusione di Yoani ricalca le cose dette a proposito della visita del Papa. Camila, come Benedetto XVI, ha avuto tempo solo per Fidel Castro e per i dirigenti del Partito Comunista, ma non ha voluto ascoltare i giovani cubani che contestano un regime obsoleto.

“Mi spiace che Camila Vallejo non abbia voluto vedere la Cuba reale che io, molti amici blogger, le Damas de Blanco e tanti non conformi avremmo potuto mostrare”, ha concluso Yoani.

Gordiano Lupi

La moglie del colonnello



Carlos Alberto Montaner
La moglie del colonnello
Edizioni Anordest, 2012
www.edizionianordest.com – info@edizionianordest.com
Euro 15 - Pag, 220 - Edizione rilegata
Traduzione di Marino Magliani

Incontriamo Carlos Alberto Montaner, autore de La moglie del colonnello, per parlare del suo ultimo romanzo, appena uscito in Italia dopo aver riscosso un buon successo negli Stati Uniti e in Spagna. Si tratta di una storia d’amore, ma diversa dal solito, perché è il racconto del tradimento della moglie di un eroe della rivoluzione cubana che si trasforma in un thriller erotico con un finale imprevedibile. L’autore scrive la storia dalla parte della donna, compiendo un’indagine profonda sulla sessualità femminile e sul machismo cubano, ma non trascura di denunciare la mancanza di libertà che affligge Cuba dal 1959. Il romanzo è ambientato nella situazione cubana degli anni Ottanta, in piena guerra d’Angola, ma gran parte della storia (il tradimento di Nuria) si svolge a Roma. La psicologa cubana vive nella città eterna un momento disinibito della sua vita, perché conosce il sesso senza complicazioni sentimentali con un amante italiano, convinta che il rapporto extraconiugale non metta in pericolo la relazione con il marito. Valerio Martinelli, il seduttore italiano, è un erotomane consumato, un uomo che fa del sesso un motivo di vita ed è destinato a condurre Nuria su una strada molto pericolosa. Marco Aguinis definisce Carlos Alberto Montaner un erede di Henry Miller, ma l’autore non è del tutto d’accordo perché ritiene la narrativa di Miller molto più brutale. “La rivoluzione comincia con il chiederti la coscienza e finisce per confiscarti i genitali”, afferma lo scrittore cubano in esilio, il giornalista più letto del mondo latinoamericano.

Il comunismo controlla le infedeltà coniugali?

Il comunismo è un occhio che spia e che vede tutto. Il Governo di solito notifica ai membri più importanti del partito i dettagli sulle infedeltà delle loro mogli. La donna deve stare a casa, secondo il Partito, e con le gambe ben chiuse.

Cosa cerca il castrismo sotto le lenzuola?

Si tratta di machismo-leninismo, una variante dialettica del testosterone. Cerca di sottomettere la santa sposa. Per fortuna non ricorre alla ablazione del clitoride.

Perché il comunismo pretende che le donne dei capi debbano essere “sottomesse madri di famiglia, monogame e dedite a una sessualità in esclusiva”?

Perché il comunismo è fallocratico. I gerarchi cubani ignorano la natura umana. Cuba è una società patriarcale organizzata intorno a un caudillo.

Il maschio rivoluzionario può essere promiscuo? La condotta trasgressiva eterosessuale viene censurata?

Al contrario. La esaltano. Ma quando la vedova del Che, che era giovane e bella, decise di sposarsi di nuovo, a Fidel non andò per niente a genio. Le donne dei miti devono morire caste e vestire di nero, come le eroine di Lorca.

Fidel Castro ha numerosi figli illegittimi. Due di loro vivono negli Stati Uniti e altri a Cuba. Che cosa dicono del padre?

Fidel è un padre padrone. Meglio dire era, perché ormai è quasi fuori gioco. È stato un pessimo presidente, ma come capofamiglia ha fallito completamente.

Nuria Garcés, psicologa, è La moglie del colonnello Arturo Gómez, che sta combattendo in Angola. Nel suo romanzo, la donna tradisce il suo uomo in Italia, a Roma, con un erotomane incallito, un certo Martinelli. L’ombra della dittatura cubana si spinge fino alla città eterna per punire Nuria e al tempo stesso per tutelare il suo onore. Quale onore?

La disgrazia di Nuria è quella di non sapere che l’onore della rivoluzione abbia sede nel suo organo sessuale. Per una donna non è facile vivere con un poliziotto nascosto nelle mutande.

Lo Stato cubano è caratterizzato da un incredibile machismo?

Certamente. È una proiezione del machismo di Fidel, che per decenni ha tenuto nascosta la sua sposa.

Il machista Castro ha trasformato l’isola in un paradiso sessuale.

Specialmente per i turisti.

La letteratura ha un sesso?

A volte. Ci sono sia una letteratura clitoridea che una letteratura fallica, ma non sono sempre associate al sesso dei suoi autori.

Fidel Castro potrebbe essere equiparato al Marchese De Sade?

Se proprio devo trovare un antenato aristocratico per Fidel, credo che sia più vicino al conte Dracula.


Leggete La moglie del colonnello. Scoprite Carlos Alberto Montaner. Un grande giornalista, un politologo di fama, ma anche un narratore di razza. Il merito dei piccoli editori è quello di andare a scovare le chicche inedite e regalarle al pubblico. L’intelligenza dei lettori dovrebbe essere quella di non fermarsi a Fabio Volo, Federico Moccia e al fenomeno di turno pubblicizzato dai media.

Gordiano Lupi

Tuttolibri di oggi parla di me e di Anordest

venerdì 6 aprile 2012

Non tutte le scuole sono uguali

di Yoani Sanchez
www.lastampa.it/generaciony



La settimana scorsa ho incontrato per strada un amico italiano che vive a Cuba da quasi dieci anni. Mi è venuto in mente di chiedergli notizie dei suoi figli, due adolescenti nati a Milano che adesso crescono all’Avana. “Frequentano la scuola francese”, mi ha riposto con un sorriso. In un primo momento non ho capito perché avesse scelto quel tipo di istruzione francofono, ma lui me l’ha spiegato. “Non vorrai che li mandi alla scuola pubblica? In questo paese il livello educativo è davvero pessimo”. Continuando a indagare, ho saputo che loro frequentano un corso insieme a figli di diplomatici, di corrispondenti stranieri e di figure della nostra cultura che hanno contratto matrimonio con qualche immigrante. Pagando una retta pari a 5220 CUC (5800 dollari) annuali, ogni pargolo del tronfio milanese viene ben accudito e istruito.

La prima impressione dopo quell’incontro è stata che il mio amico esagerasse, ma mi sono subito ricordata la mia esperienza come madre di uno scolaro. Mi sono venuti a mente gli stracci per pavimento, le confezioni di detergente e le scope che abbiamo regalato - nel corso degli anni - per fare in modo che i corridoi e i bagni del collegio fossero almeno presentabili. Ho pensato al lucchetto per la porta dell’aula che abbiamo rimesso in varie occasioni e al ventilatore comprato grazie a una colletta tra genitori, perché il calore soffocante impediva ai bambini di mantenere l’attenzione. Non ho dimenticato neppure l’infinità di volte che in casa nostra abbiamo dovuto stampare i testi per gli esami perché a scuola mancavano carta, inchiostro e una stampante funzionante. Mi è venuta in mente la merenda regalata spesso come pranzo per i maestri, perché il cibo servito nel refettorio era semplicemente impresentabile. Ho ricordato i cartoncini, i tubetti di colla, le tempere e la carta colorata che abbiamo consegnato per il murale sul quale dopo è stata collocata un’immagine di Fidel Castro sorridente e magnanimo.

Tuttavia, ho deciso di non rammentare solo l’alto costo materiale di questi anni scolastici, ma ho continuato a esercitare la memoria. Ho ricapitolato quei momenti in cui sono state implementate le cosiddette tele-classi che coprivano oltre il 60 % delle ore di insegnamento grazie a un televisore. Le magnifiche maestre e maestri che decisero di andarsene a casa per tingersi le unghie, vendere caffè o si riconvertirono nel settore turistico perché quel mix di grande responsabilità e bassi salari era diventato insopportabile. Ho dedicato un minuto anche ai pochi professori di scuola primaria e secondaria che nonostante tutto rimasero ai loro posti. Ho enumerato una per una tutte le atrocità dette a tanti adolescenti dai maestri emergenti (avrebbero dovuto chiamarli maestri istantanei): la bandiera cubana ha una stella con cinque punte per il numero di agenti del Ministero degli Interni che sono prigionieri delle carceri nordamericane, la Nuova Zelanda si trova nel mar Caribe… e altre prelibatezze. Ho ricostruito anche quella sera in cui una maestra annunciò davanti a nostro figlio che proprio lì vicino si stava realizzando un atto di ripudio contro “pericolosi controrivoluzionari” e il piccolo Teo rimase allibito perché sapeva che suo padre e sua madre erano tra le vittime di quella vergogna. Sono sfilate davanti ai miei occhi le innumerevoli occasioni in cui un’ausiliaria con i vestiti attillati e l’ombelico scoperto o un maestro con un dente d’oro e un’aquila sopra il maglione criticò i capelli lunghi degli alunni e non li lasciò entrare a lezione.
Non sono mancate, nella mia catartica evocazione di quella sera, le parole d’ordine ripetute fino alla noia, gli alzabandiera interminabili e consuetudinari di ogni mattina, il culto della personalità di alcuni uomini che compaiono sui libri di storia come salvatori e nei libri di scienze come scienziati. Tutto ciò mi ha fatto capire, al termine della mia riflessione, il motivo per cui il mio amico italiano preferisce la “scuola francese” dell’Avana. Ho anche compreso che i suoi figli cresceranno con un’idea molto diversa di quello che è l’educazione in questa Isola. Crederanno che i luminosi e ben attrezzati locali dove seguono ogni materia, il pranzo equilibrato, la professoressa premurosa e i materiali scolastici di qualità, siano caratteristiche tipiche del nostro sistema educativo. Non escludo l’idea che un giorno - di ritorno in Europa - prendano parte a qualche protesta di strada per ottenere che l’educazione pubblica del suo paese sia simile alla nostra, perché i suoi figli possano godere di ciò che loro “conobbero” a Cuba.

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

Foto: Bambini cubani cantano “Siamo pionieri del comunismo saremo come il Che”, durante il primo giorno di scuola. – REUTER/Desmond Boylan (Immagine e didascalia presa da http://www.noticias24.com/)

giovedì 5 aprile 2012

Venerdì Santo a Cuba


Omar Santana, umorista cubano, su El Nuevo Herald.

Marito - Non comprare carne che domani è Venerdì Santo. Compra pesce.
Moglie - Guarda che non ho voglia di scherzare.

Come se a Cuba si potesse scegliere cosa mangiare, soprattutto come se si potesse optare tra carne o pesce. Riso e fagioli è la soluzione quotidiana, magari con una banana matura fritta, un avocado, malanga e yuca. A Cuba è sempre Venerdì Santo. Non per tutti, però. Non per il regime. I capoccioni del politburo cubano bevono anche vino francese e fumano sigari di marca. Questo è socialismo, verdad?

Gordiano Lupi

Non sono tutte uguali...


Tutte (non) sono uguali

La cilena Camila Vallejo ha scritto che a Cuba non c'è repressione e che non esistono società perfette. Alcuni commentatori cubani hanno detto che la Vallejo non vede più in là del suo piercing.

Hanno rimproverato il barelliere...


Poliziotto - Abbiamo già rimproverato il barelliere che ti prese a botte
Prigioniero - Non mi dica...

Garrincha, umorista cubano, da http://el-guama.blogspot.it/

Gordiano Lupi

mercoledì 4 aprile 2012

La conversazione tra il Papa e Fidel


Garrincha, umorista cubano.




- La conversazione tra Fidel Castro e Il Santo Padre è durata pochissimo... Di cosa hanno parlato?

- Di cambiare le cose.

martedì 3 aprile 2012

I barellieri della Croce Rossa pronti a tutto!

La squadra dei barellieri della Croce Rossa di Santiago, pronta per ogni evenienza!


Barelliere della Croce Rossa
Barelliere della Croce Rossa di Santiago Di Cuba

Il disegnatore satirico Garrincha ironizza sui fatti di Santiago, dove un barelliere della Croce Rossa si è improvvisato picchiatore di regime. Molto probabilmente era un membro della Sicurezza di Stato travestito.

Camice bianco

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Guanajay possiede un parco centrale che potrebbe appartenere a un paese più grande e una piazza maestosa come quella di una capitale. Proprio lì, Jeovany Jiménez per 28 giorni ha portato avanti uno sciopero della fame per reclamare il suo diritto a esercitare di nuovo la professione di medico. Era stato interdetto dall’attività nel 2006, reo di aver protestato per un miserabile incremento salariale riservato al personale della salute pubblica. Si era lamentato dei miseri 48 pesos cubani (2 dollari) di aumento - concesso con grande clamore - per il salario di chirurghi, anestesisti, infermiere e altri professionisti del settore. Jiménez non era stato punito solo con il provvedimento amministrativo, ma era stato anche espulso dal Partito Comunista, organismo in cui militava. Alla fine del 2010, di fronte alla mancanza di risposte istituzionali ai suoi reclami, è stato aperto il blog civico Ciudadano Cero (http://http//ciudadanocerocuba.wordpress.com/) nella piattaforma Voces Cubanas (http://vocescubanas.com/).

Dopo aver inviato al Ministero della Salute Pubblica (MINSAP) una ventina di lettere nel corso di oltre cinque anni, il proscritto Dr. Jiménez ha scelto una strategia disperata: smettere di ingerire alimenti fino a quando non fosse stato riammesso nel suo posto di lavoro. Tra la tristezza degli amici e la curiosità dei passanti che frequentavano il parco di Guanajay, ha cominciato a perdere chilogrammi e speranze. Si è rifiutato di mangiare dal 5 marzo scorso, ben sapendo che aveva di fronte solo due opzioni: abbandonare lo sciopero della fame senza raggiungere lo scopo o finire in una bara. La prospettiva più incredibile era quella di venire reintegrato legalmente come medico, vista la testardaggine delle istituzioni quando si tratta di rettificare un’ingiustizia. E invece è successo il miracolo.

Nella giornata di ieri, domenica 1 aprile, due funzionari del MINSAP hanno consegnato a Jeovany Jiménez la risoluzione 185 con la quale gli veniva permesso di tornare a svolgere la sua professione. Il medico si vedrà reintegrare persino il salario arretrato, non liquidato durante i sei anni di disoccupazione. Per raggiungere questo “lieto fine” il Dr. Jiménez ha potuto contare soprattutto sulla sua tenacia, quella costanza che molti dei suoi conoscenti già definivano quasi come un’ossessione. La protesta non ha avuto carattere politico ma lavorativo e ha potuto contare con il magnifico strumento di Internet, che ha dato visibilità, avvicinando microfoni di giornalisti, emittenti radiofoniche e televisioni straniere per fare luce su una sproporzionata punizione amministrativa. Ma il tocco finale è stato dato proprio dal suo corpo. Quel corpo che il medico ha giurato di tutelare per gli altri e che ha messo in pericolo per se stesso, affinché gli fosse restituito il diritto a curare. Un medico che ha lottato in questo modo per tornare a visitare, a indossare lo stetoscopio sul petto, il camice bianchissimo e a scrivere le parole incomprensibili delle ricette, si merita di più, si merita un diploma d’oro.

Traduzione di Gordiano Lupi

News da Cuba dopo la visita del Papa

Amnesty Internacional si occupa del giovane oppositore


Amnesty Internacional sta cercando di fare luce sul caso di Andrés Carrión Álvarez, il giovane cubano arrestato per aver gridato: "Abbasso il comunismo!", durante la messa del Papa a Santiago De Cuba. Le informazioni sono scarse, ma sappiamo che Carrión Álvarez è detenuto presso il centro operativo Versalles che appartiene al Dipartimento della Sicurezza di Stato.

Eliécer Avila, un nuovo giovane ribelle



A Cuba si sta facendo largo un'altra figura di giovane appositore: Eliécer Avila, che molti ricorderanno quando ridicolizzò Ricardo Alarcon durante un acceso dibattito all'Università. Eliécer ha debutatto come comunicatore televisivo, in un canale alternativo collegato a Youtube, presentando il programma "1 cubano +", dove vuol parlare senza peli sulla lingua dei problemi che angustiano i cubani. La prima puntata (molto spartana a livello di tecnica) ha approfondito il ruolo del giornalista nella società. "La stampa cubana non svolge il suo compito, ma si limita a comunicare le notizie come vuole il potere", ha detto Eliécer. Il giovane giornalista indipendente chiede che a Cuba sia possibile vedere i canali internzionali per fare in modo che il popolo prenda coscienza e comprenda la realtà.

Una finestra cubana, vista dell'Avana al Tropico...


Papa o non Papa, qui continuano a vivere i cubani senza risorse alternative...
Gordiano Lupi

lunedì 2 aprile 2012

Riflessione di Fidel Castro: Tirannia USA e barbarie contro gli indignati



Il leader cubano Fidel Castro ha detto che gli Stati Uniti stanno imponendo "la più brutale e pericolosa tirannia" che l'umanità abia mai conosciuto. Inoltre ha criticato le "barbarie" che vengono commesse in quel paese e nelle nazioni europee contro i movimenti sociali, noti come "gli indignati".

Gli Stati Uniti "impongono al mondo la più brutale e pericolosa tirannia che la nostra fragile specie abbia mai conosciuto" e "le precedenti attività" di quel paese e "dei suoi alleati" mettono in evidenza "tutte le malefatte commesse da loro e dai loro complici", ha scritto Castro In una Riflessione intitolata "Il mondo meraviglioso del capitalismo", pubblicata lunedì 2 aprile sul Granma.

"Le città più importanti degli Stati Uniti e dell'Europa sono il teatro di continue battaglie campali tra i manifestanti e una polizia ben addestrata e attrezzata, munita di carri blindati e caschi, che somministra pugni, spintoni, pedate e gas lacrimogeni a donne e uomini, un comportamento violento che non risparmia neppure gli anziani", continua l'articolo. "Fino a quando potranno andare avanti simili barbarie?", si chiede Fidel Castro, 85 anni, ritirato dal potere dal luglio 2006 per motivi di salute.

L'ex Comandante ha aggiunto che "il mondo capitalista vive di feticci inutili come televisori da un milione di collari, telecamere, auto di grossa cilindrata, imbarcazioni da nababbi, persino sottomarini privati". Fidel Castro ha terminato con ironia: "Il capitalismo, cari compatrioti, è una cosa davvero meravigliosa! La nostra colpa è quella di non fare in modo che ogni cittadino possieda un sottomarino privato".

Le considerazioni dell'ex leader maximo potrebbero essere anche condivisibili, se non provenissero da un personaggio compromesso con un potere politico che dal 1959 nega libertà di stampa, di pensiero, di associazione, di movimento, di iniziativa economica e che viola sistematicamente i diritti umani dei cittadini. Inoltre, quanto a repressione dei manifestanti, Cuba non è seconda a nessuno. Basti pensare agli arresti preventivi, alla persecuzione contro le Damas de Blanco, ai prigionieri politici e ai recenti scioperi della fame finiti tragicamente. L'ironia di Fidel Castro pare fuori luogo, a meno che non si tratti di un vaneggiamento senile.

Gordiano Lupi

Quel che il Papa ha visto a Cuba

di Carlos Alberto Montaner

Centinaia di migliaia di persone hanno visto il Papa a Cuba, hanno udito i suoi discorsi e contemplato ciò che è successo. Ognuno di questi testimoni, come è naturale, ha percepito la visita in maniera differente. Adesso interessa soprattutto sapere quale sia stata la percezione del Papa e del suo entourage. Questo è quel che ho potuto sapere da fonti ecclesiastiche (e non solo) che desiderano rimanere nel più totale anonimato. Alcune di queste fonti sono molto vincine al Santo Padre.

Primo. Benedetto XVI è rimasto molto sorpreso dall’enorme contrasto tra l’accoglienza messicana - allegra, libera, molto partecipata e spontanea -, in mezzo a una città viva ed economicamente vibrante, e le contratte cerimonie cubane, controllate dalla polizia politica, celebrate in un paese impoverito fino alla miseria, precedute da centinaia di detenzioni. Lo spettacolo orrendo di un giovane selvaggiamente picchiato da un poliziotto travestito da barelliere della Croce Rossa ha colpito il cuore del Papa che si è interessato personalmente per la sua sorte. In fin dei conti, il povero uomo aveva solo gridato “Abbasso il comunismo”, versione popolare dello stesso pensiero del Papa in viaggio verso Cuba, quando aveva dichiarato che il marxismo era un’ideologia fallita che doveva essere sepolta.

Secondo. Al Papa e al suo seguito è sembrato disdicevole che Raúl Castro pronunciasse a Santiago de Cuba il classico discorso stalinista da guerra fredda per cercare di giustificare la dittatura. Attendevano un messaggio di cambiamento e di speranza, non di reiterazione delle linee maestre del regime. Quel testo, insieme ai discorsi pronunciati dal cancelliere Bruno Rodríguez e dal vicepresidente con delega al settore economico, Marino Alberto Murillo, hanno convinto il Santo Padre che Raúl Castro è molto più interessato a mantenersi ancorato al passato che a preparare un futuro migliore per i cubani.

Terzo. La delegazione papale ha comprovato, con dolore, che la richiesta del precedente Papa, Giovanni Paolo II, fatta durante la visita compiuta 14 anni prima, che doveva servire a far perdere la paura ai cubani, era stata inutile. A parte alcune centinaia democratici oppositori, tenuti sotto assedio in maniera permanente, picchiati e a volte persino incarcerati, Cuba resta una società corrotta dalla paura. In ogni caso la manifestazione di paura più eclatante non è stata quella degli oppositori, ma di coloro che in apparenza sono fedeli al regime. La delegazione papale ha conosciuto molto da vicino il doppio linguaggio. Quando i funzionari ecclesiastici parlavano da soli con i politici cubani questi si mostravano aperti, tolleranti e desiderosi di operare riforme profonde in campo politico ed economico. Uno di loro, in privato, è arrivato pure ad ammettere che a Cuba servirebbe un sistema democratico basato sulla pluralità dei partiti politici e le libere elezioni, per far avanzare la società verso la modernità, anche se i comunisti potrebbero rischiare di perdere il potere. Ma, quando si aggiungeva un’altra persona alla conversazione, o arrivavano i giornalisti, tornavano al discorso ortodosso più inflessibile e stalinista, ripetendo il copione ufficiale senza omettere neppure una virgola. Era uno spettacolo davvero penoso.

Quarto. Il Papa e la sua comitiva hanno avuto la conferma di quanto già intuivano. La Chiesa cubana è divisa in due linee molto chiare: quella del cardinale Jaime Ortega, accomodante fino all’estremo e collaborazionista al punto di chiedere alla forza pubblica di far evacuare un tempio occupato da alcuni fedeli che volevano protestare contro la dittatura, ben sapendo che sarebbero stati detenuti e di sicuro maltrattati, e quella di vescovi come Dionisio García Ibáñez, che è stato ingegnere prima di essere ordinato sacerdote, ben più fermi nel contrastare il regime cubano. Mentre Jaime Ortega si limita a compatire alcune vittime del governo (ma non tutte), Dionisio (pur continuando a essere amico del cardinale) e altri sacerdoti, come il famoso José Conrado Rodríguez, parroco in una chiesa di Santiago de Cuba, sono convinti che non ci sarà sollievo né riconciliazione tra i cubani fino a quando il regime non verrà pacificamente sostituito da una vera democrazia che tenga di conto delle opinioni di tutta la società e non solamente di un pugno di ultracomunisti avvinghiati alla ragnatela del passato.

Quinto. Il Papa ha comprovato che il suo coetaneo Fidel Castro è in peggiori condizioni fisiche e mentali di lui. Ha incontrato un vecchietto fisicamente invalido, mentalmente incerto e con gravi difficoltà comunicative. Un uomo fuori dal gioco. Il Papa, che è un uomo buono, ha pregato per lui. Come abitudine cristiana.

Carlos Alberto Montaner
Miami-Madrid

Traduzione di Gordiano Lupi



Dal 5 aprile 2012 sarà nelle librerie italiane il primo titolo della collana Celebres Ineditos di Anordest Edizioni, diretta da Gordiano Lupi: La moglie del colonnello di Carlos Alberto Montaner, scrittore cubano che vive in esilio tra Madrid e Miami dal 1970. Montaner è autore di 25 libri, molti dei quali tradotti in inglese, portoghese e russo. È stato definito il giornalista latinoamericano più letto al mondo. La moglie del colonnello è la storia di un adulterio e delle sue conseguenze, un romanzo quasi interamente ambientato nella Roma degli anni ‘70. Montaner approfitta di un tema universale per analizzare la repressione della sessualità a Cuba. Nuria, un’attraente psicologa cubana di quarant’anni, è la moglie del colonnello Arturo Gomez, un soldato che si è più volte distinto in battaglia e dal carattere fermo e deciso. Nuria ne è innamorata, ma quando si ritroverà a dover tenere una conferenza in Italia, inaspettatamente la sua vita sarà sconvolta. Una relazione erotica al limite della perversione la legherà al professor Martinelli. La moglie del colonnello è un romanzo carico su suspense e intriso di erotismo, ma sullo sfondo appare chiara la strutturazione di una critica impegnata contro i sistemi dittatoriali, portando ad esempio l’ingerenza politica persino nella sfera sessuale dei soldati cubani.

domenica 1 aprile 2012

Il Venerdì Santo non si lavora

di Alejandro Torreguitart Ruiz


La notizia del giorno è che a Cuba si farà festa il Venerdì Santo, non si lavorerà, insomma, come non si lavora quasi mai, d’altra parte. Il Granma lo scrive a tutta pagina, caratteri cubitali, i giornalisti di tutto il mondo lo ripetono, asini che non sono altro, invece di parlare delle cose serie, la visita del Papa è stata un successo, quindi, faremo festa il Venerdì Santo.

“Cesseranno le attività lavorative non indispensabili durante la Settimana Santa”, dice il Granma. Che bello, non bastava uno stato comunista, socialista, marxista - leninista, adesso abbiamo pure uno stato confessionale. Mi sembra di leggere la vignetta di un mio amico, uscita l’altro giorno su Guamá, dove Raúl e Fidel indossano la tiara papale e il Santo Padre sfoggia la falce e il martello: “L’oppio dei popoli e la rivoluzione del proletariato, uniti, non saranno mai sconfitti”, recita la didascalia. Ecco questa cosa che tanto non costava niente, serviva solo a fare un po’ di propaganda, è stata subito accettata. Il Papa ha parlato pure di diritti umani, libertà di circolazione, riconciliazione tra cubani sparsi per il mondo, di non penalizzare le differenze, ma sono argomenti importanti, è bene continuare a far finta di niente. Bravi, avremo il venerdì santo festivo, allora, tanto non abbiamo niente da fare per tutta la settimana e per quanto paga lo Stato chi lavora per lui possiamo pure fare festa, ruberemo il giorno dopo, arrafferemo dopo Pasqua, sottrarremo le risorse - come dicono gli economisti che parlano scelto - quando potremo, ché di quello campiamo, se non lo sapete, poveri gonzi di giornalisti europei che abboccate all’amo teso da questo governo di cariatidi.

Il Granma di oggi intervista pure Ricardo Alarcón, quello che da piccino sarebbe voluto andare a Varadero ma non poteva e che non prende l’aereo perché se tutti lo prendessero sai quanta gente viaggerebbe, insomma Ricardito ci dice che il governo consulta Fidel su ogni argomento d’importanza decisiva per il futuro della nazione, che il padre della patria, pure se si è ritirato dal governo è sempre presente e partecipa attivamente a ogni cambiamento. Pure sul Venerdì Santo festivo ci sta che l’abbiano consultato e lui avrà detto che va bene, che il Papa è un bravo figliolo, dopo tutto, è venuto a Cuba e ha fatto poco danno, non ha parlato con i dissidenti, si è lasciato dettare l’agenda dal governo, non ha ricevuto Payá e le Damas de Blanco, insomma è stato proprio in gamba. La polizia ha picchiato e arrestato quanto ha voluto, la Chiesa ha lasciato fare, non era compito suo intervenire, ogni posto ha le sue usanze, in fondo. Il cardinale Ortega ha alzato la voce soltanto a Santiago, ha detto che non era quello il modo, che mica si può interrompere la messa del Papa per certe sciocchezze, dopo tutto il comunismo ce l’abbiamo dal 1959, non è il caso di gridare mentre si prega, ci saranno altre occasioni. Magari il Venerdì Santo festivo servirà a guadagnare un posto in Paradiso, guarda, ché quello attende Fidel, anche se si crede immortale. La moltiplicazione delle patate è un miracolo che non gli è riuscito, ma un posto alla destra del padre, date retta a me, non glielo leva nessuno, dopo tutto ha parlato con due papi.

Alejandro Torreguitart Ruiz
L’Avana, 30 marzo 2012

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

Alejandro Torreguitart Ruiz (L’Avana, 1979) esordisce in Italia con Machi di carta - confessioni di un omosessuale (Stampa Alternativa, 2003), definito un delicato e intenso romanzo di formazione da Mario Fortunato su L’Espresso. Seguono: La Marina del mio passato (Nonsoloparole, 2004), Vita da jinetera (Il Foglio, 2005), Cuba particular - Sesso all’Avana (Stanpa Alternativa, 2007), Adiós Fidel - All’Avana senza un cazzo da fare (Racconti 2003 - 2008) (Il Foglio, 2008 – 2a edizione A.Car, 2008), Il mio nome è Che Guevara (Il Foglio, 2008 – 2a edizione A.Car., 2009), Mr. Hyde all’Avana (Il Foglio, 2009) e Il canto di Natale di Fidel Castro (Il Foglio, 2010). Alcuni racconti di impronta politico-esistenziale sono stati pubblicati da quotidiani e riviste come Il Tirreno, Tellusfolio, Il Messaggero, La Comune, Container, Progetto Babele, L’Ostile e Happy Boys. Gordiano Lupi è il traduttore e il titolare per lo sfruttamento dei diritti sulle sue opere in Italia e per l’Europa. Sito internet: www.infol.it/lupi/alejandro.htm.