martedì 3 aprile 2012

Camice bianco

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Guanajay possiede un parco centrale che potrebbe appartenere a un paese più grande e una piazza maestosa come quella di una capitale. Proprio lì, Jeovany Jiménez per 28 giorni ha portato avanti uno sciopero della fame per reclamare il suo diritto a esercitare di nuovo la professione di medico. Era stato interdetto dall’attività nel 2006, reo di aver protestato per un miserabile incremento salariale riservato al personale della salute pubblica. Si era lamentato dei miseri 48 pesos cubani (2 dollari) di aumento - concesso con grande clamore - per il salario di chirurghi, anestesisti, infermiere e altri professionisti del settore. Jiménez non era stato punito solo con il provvedimento amministrativo, ma era stato anche espulso dal Partito Comunista, organismo in cui militava. Alla fine del 2010, di fronte alla mancanza di risposte istituzionali ai suoi reclami, è stato aperto il blog civico Ciudadano Cero (http://http//ciudadanocerocuba.wordpress.com/) nella piattaforma Voces Cubanas (http://vocescubanas.com/).

Dopo aver inviato al Ministero della Salute Pubblica (MINSAP) una ventina di lettere nel corso di oltre cinque anni, il proscritto Dr. Jiménez ha scelto una strategia disperata: smettere di ingerire alimenti fino a quando non fosse stato riammesso nel suo posto di lavoro. Tra la tristezza degli amici e la curiosità dei passanti che frequentavano il parco di Guanajay, ha cominciato a perdere chilogrammi e speranze. Si è rifiutato di mangiare dal 5 marzo scorso, ben sapendo che aveva di fronte solo due opzioni: abbandonare lo sciopero della fame senza raggiungere lo scopo o finire in una bara. La prospettiva più incredibile era quella di venire reintegrato legalmente come medico, vista la testardaggine delle istituzioni quando si tratta di rettificare un’ingiustizia. E invece è successo il miracolo.

Nella giornata di ieri, domenica 1 aprile, due funzionari del MINSAP hanno consegnato a Jeovany Jiménez la risoluzione 185 con la quale gli veniva permesso di tornare a svolgere la sua professione. Il medico si vedrà reintegrare persino il salario arretrato, non liquidato durante i sei anni di disoccupazione. Per raggiungere questo “lieto fine” il Dr. Jiménez ha potuto contare soprattutto sulla sua tenacia, quella costanza che molti dei suoi conoscenti già definivano quasi come un’ossessione. La protesta non ha avuto carattere politico ma lavorativo e ha potuto contare con il magnifico strumento di Internet, che ha dato visibilità, avvicinando microfoni di giornalisti, emittenti radiofoniche e televisioni straniere per fare luce su una sproporzionata punizione amministrativa. Ma il tocco finale è stato dato proprio dal suo corpo. Quel corpo che il medico ha giurato di tutelare per gli altri e che ha messo in pericolo per se stesso, affinché gli fosse restituito il diritto a curare. Un medico che ha lottato in questo modo per tornare a visitare, a indossare lo stetoscopio sul petto, il camice bianchissimo e a scrivere le parole incomprensibili delle ricette, si merita di più, si merita un diploma d’oro.

Traduzione di Gordiano Lupi

Nessun commento:

Posta un commento