giovedì 21 novembre 2013

Nuove Poesie di Felix Luis Viera

Pero siguió


Venid a verlo, se está

muriendo del absurdo, lo llamaban:

“muchacho, atiende, ésta es, hijo mío,

la única fórmula”, pero siguió

buscando el rayo en el doblez de un ala.

“No es eso lo importante —le decían-

mira los números tan claros,

el destino de tantos puesto en esta geometría,

no hay pérdida, hijo mío, no te escapes,

el viento, el frío, el desierto, no

perdonan”, pero siguió

tras la huella

que dejaba aquella abeja en el rocío. “Ah, muchacho,

no seas tonto,

escucha al tiempo, él no te exime, no acepta

apelación, no vende

boletos de regreso”.  Pero siguió

buscando la aguja azul perdida en aquel pez azul en el

fondo azul de aquel mar azul.

 

Venid a verlo,

se está muriendo del absurdo,

alegremente se está muriendo del absurdo,

buscándolo en tus ojos, amigo mío, lector,

en el absurdo.

 
 Abril de 1989

 

Ma continuò   

Venite a vederlo, sta

morendo dall’assurdo, lo chiamavano:

“ragazzo, ascolta, questa è, figlio mio,

l’unica formula”, ma continuò

a cercare il fulmine nella piega di un’ala.

“Non è questo l’importante - gli dicevano -

guarda i numeri così chiari,

il destino di tanti affidato a questa geometria,

non puoi perderti, figlio mio, non scappare,

il vento, il freddo, il deserto, non

perdonano”, ma continuò

oltre l’impronta

che lasciava quell’ape nella rugiada. “Ah, ragazzo,

non essere sciocco,

ascolta il tempo, lui non ti assolve, non consente

appello, non vende

biglietti di ritorno”.  Ma continuò

a cercare l’ago azzurro perso in quel pesce azzurro nel

fondo azzurro di quel mare azzurro.

 

Venite a vederlo,

sta morendo dall’assurdo,

allegramente sta morendo dall’assurdo,

cercandolo nei tuoi occhi, amico mio, lettore,

nell’assurdo.

 
 Aprile 1989


Te aclaro                                                                    

                                                                                   a una tal Ileana

 Con mis pies vine caminando.

No fueron mis armas garfios ni cuchillos ni

barajas escondidas, sólo

        mis manos.

Nunca de rodillas vine. Ni mucho menos

a codos, a pecho en tierra.

Vine caminando, digo, con mis pies.

Y sin sonrisillas de siervo, sin un

       halago

a cambio de un paso más.

Eso —aunque no haya sido ni tan brillante ni tanto

        el tramo recorrido—,

debes estar segura, es mi orgullo superior.

A veces, cuando no supe qué hacer, dónde

       el camino,

pregunté al viento, o a la noche, o a una tabla, o

a un hombre humilde, por ejemplo;

y también muchas veces me equivoqué

y pagué caro, en silencio, mirando

 como a un animal amigo, mi propio

         error.

 
Eso, te digo, me alegra, entre otras causas

porque si hoy no tengo más

yo mismo soy el culpable

y si tengo lo que tengo

también soy el culpable.

 
No debo nada que no mereciera.

 No deberé nada que no merezca.

 
Noviembre de 1980

 
Ti spiego
                                                                     

                                                                                   a una certa Ileana


Con i miei piedi sono venuto camminando.

Non furono le mie armi ganci né coltelli né

mazzi di carte nascosti, soltanto

        le mie mani.

Non sono mai venuto in ginocchio. Meno che mai

con i gomiti, petto a terra.

Sono venuto camminando, dico, con i miei piedi.

E senza sorrisetti da servo, senza una

       lusinga

in cambio d’un passo avanti.

Questo - pure se non sono stato così brillante né tanto ampia

       la strada percorsa -,

devi essere sicura, è il mio orgoglio supremo.

A volte, quando non ho saputo che fare, dove fosse

       il cammino,

ho chiesto al vento, alla notte, a una tavola,

a un uomo umile, per esempio;

e molto spesso mi sono pure sbagliato

e ho pagato caro, in silenzio, osservando

come un animale amico, il mio stesso

         errore.

 
Questo, ti dico, mi rallegra, tra le alre cause

perchè se oggi non possiedo di più

io stesso sono il colpevole

e se possiedo quel che possiedo

ugualmente sono il colpevole.

 
Non sono debitore di niente che non abbia meritato.

 
No sarò debitore di niente che non meriterò.

 
Novembre 1980
 

No es el perro

 Es la espalda donde se apoya la mano

          temblorosa,

la cajita donde se guarda la lágrima secreta.

Sólo los millonarios no los necesitan, pero no

los millonarios de monedas, sino

los de la hez.

Es la camisa que nos falta, el café de sorpresa,

el que pone el corazón ante la espada del traidor

        nuestro de cada día.

Mentira, no es el perro,

es el amigo el mejor amigo del hombre.

                                                      

  Abril de 1989

 
Non è il cane

 È la spalla dove si appoggia la mano

          tremante,

lo scrigno dove si conserva la lacrima segreta.

Solo ai milionari non serve, non parlo

dei milionari in monete, ma 

di quelli in escrementi.

È la camicia che ci manca, il caffè di sorpresa,

colui che pone il cuore davanti alla spada del traditore

        nostro di ogni giorno.

Menzogna, non è il cane,

è l’amico il miglior amico dell’uomo.

                                                        
  Aprile 1989
 

Promesas

 Las promesas que uno hace

se inflaman en la noche, desbordan la sábana,

endurecen las almohadas.

Las promesas que uno hace

pastan y se nutren de su propio orine,

crecen dentro de uno como puntas insufribles,

abotonan los párpados, pueden

propinarnos un insomnio inacabable.

 
Las promesas que uno hace son así

si en realidad

uno es uno

que pesa lo que debe.

 
Por eso

yo sólo prometo

la paz y la reconciliación que tengo en los

      bolsillos.                                                                  

 
Noviembre de l980

 
Promesse

 Le promesse che si fanno 

s’infiammano di notte, oltrepassano il lenzuolo,

induriscono i cuscini.

Le promesse che si fanno 

pascolano e si nutrono della loro orina,

crescono dentro una persona come lame insopportabili,

serrano le palpebre, possono

propinarci un’insonnia interminabile.
 

Le promesse che si fanno sono così

se davvero 

una persona 

soppesa quel che deve.

 
Per questo

io solo prometto

la pace e la riconciliazione che tengo nelle

      mie tasche.                                                                  

 Novembre l980

 
Felix Luis Viera è un poeta cubano esiliato in Messico. Gordiano Lupi lo traduce per l'Italia.

lunedì 18 novembre 2013

Aeroporti cubani: il nodo nell’imbuto



di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


La gente si accalca, il caldo è soffocante e alcuni recano in mano cartelli con scritti dei nomi. È appena atterrato all’Aeroporto Internazionale José Martí il volo proveniente da Madrid, con il quale arriveranno turisti e molti connazionali residenti nella Penisola Iberica. Ognuno di loro dovrà attendere come minimo dai quaranta minuti a un’ora prima di poter varcare la porta d’uscita.  L’aeroporto dell’Avana è tra i più lenti del mondo, tra i meno illuminati e tra quelli che offrono meno servizi per il viaggiatore.

In un paese che riceve quasi tre milioni di turisti all’anno, modernizzare le strutture aeroportuali sarebbe vitale per l’economia. Se certi luoghi non raggiungono gli standard internazionali, è poco probabile che l’Isola possa accogliere - a breve o medio termine - un maggior numero di ospiti. Consapevole delle sue grandi deficienze, ECASA (Impresa Cubana di Aeroporti e Servizi Aeronautici S.A.) ha dato il via a un processo di rinnovamento che interessa alcune sale d’arrivo e di partenza, ma il problema è così grave che ci sarebbe bisogno di ben altro rispetto a semplici miglioramenti e piccoli ritocchi. I limiti principali non sono soltanto di ordine materiale, ma riguardano anche i controlli eccessivi, le carenze di comfort e il comportamento degli impiegati.



Aree di partenza, tra restrizioni e mancanze



Alina è arrivata all’aeroporto avanero con tre ore di anticipo, ma può darsi che non basti. Potrà fare il check-in soltanto nel bancone dell’aerolinea, perché non esistono macchinari per sbrigare la pratica in autonomia. Un simile limite allunga le code d’attesa, rallenta tutto il processo per ottenere la carta d’imbarco (boarding pass) e conferisce un’immagine da salone perennemente affollato che caratterizza l’Aeroporto José Martí.

Alina viaggia spesso in direzione della Spagna, grazie al suo nuovo passaporto comunitario, quindi è venuta preparata a compiere un iter faticoso e stancante. Vola dal terminal numero 2, perché il 3 - più moderno e grande - è in fase di ristrutturazione ed è reduce da un recente incendio. Nella sua borsa porta anche una merenda preparata in casa, perché sa che in aeroporto i prezzi sono stratosferici e le offerte molto limitate.

La cattiva segnaletica completa il quadro. Per dieci minuti la frustrata cliente cerca un bagno ma i cartelli per orientarsi sono scarsi e non sono ben visibili. Nel soffitto ci sono poche lampade accese e diverse zone del salone restano in penombra. Nonostante tutto i passeggeri in partenza sono tenuti a pagare le tasse aeroportuali. In fila per pagare i 25 pesos convertibili (28 dollari), si sentono turisti lamentarsi del pessimo rapporto qualità - prezzo delle strutture. Tuttavia, i passeggeri cubani attendono in silenzio, non vogliono avere problemi proprio il giorno in cui stanno partendo dall’Isola. 

Senza una rete Wi-Fi di accesso a Internet, qualsiasi aeroporto moderno perde diversi punti nella scala di qualità. Sotto l’aspetto della comunicazione, nessun luogo d’imbarco aereo cubano è competitivo, neppure quello di Varadero. I pochi telefoni pubblici e la carenza di una rete senza fili che permetta l’accesso al web, riducono le possibilità di comunicazione. A questo si aggiunge che i televisori diffondono immagini di noiose pubblicità turistiche e programmi ideologici come la Tavola Rotonda di Cubavisión. Non esistono edicole che espongono riviste o periodici, ma ci sono soltanto alcuni chioschi di souvenir che vendono le opere di Ernesto Guevara o i discorsi di Fidel Castro.

Alina si è preparata per non annoiarsi mentre aspetta di partire: ha portato un paio di cuffie e un po’ di musica nel telefono mobile. Attende davanti alla porta di uscita - ce ne sono soltanto due: A e B - fino a quando un’impiegata grida a gran voce che è possibile prendere posto in aereo.  



Arrivi o l’impatto con la realtà
  

Humberto arriva a Cuba dopo aver fatto un viaggio negli Stati Uniti. È stato il suo primo viaggio all’estero, ed è ancora spaventato dalla grandezza dell’aeroporto di Miami. Nel volo di ritorno a Cuba ha compilato il modulo della Dogana e in tasca conserva la copia della carta d’imbarco rilasciata in fase di partenza. Fa una lunga fila nel settore immigrazione, deve rispondere a una breve inchiesta medica ed è obbligato a firmare. Passata questa fase, l’attende la riconsegna delle valige, il momento più lento dell’ingresso in terra cubana. Tutti i bagagli vengono passati sotto uno scanner per indagare sul loro contenuto.

Una volta analizzate borse e valigie, verranno indicati con un contrassegno i bagagli da ispezionare. Una piccola striscia rossa annodata nel manico del bagaglio può significare che contiene un elettrodomestico o un computer. Se invece, contiene un hard disk esterno, allora vengono scritte alcune sigle sulla striscia di carta che identifica il volo. Non c’è modo di evitare questo iter. I doganieri sono addestrati a non lasciar passare una lunga lista di oggetti.

Le nipoti di Humberto, nate a Coral Gables,  gli hanno regalato un computer portatile e un telefono di ultima generazione. Per questo motivo deve passare dal tavolo della dogana, dove gli aprono la valigia e controllano minuziosamente ogni cosa. Portano il computer in un ufficio, dove probabilmente ispezioneranno gli archivi multimediali e ne faranno copia. È già passata un’ora e mezza da quando l’aereo ha toccato terra e probabilmente dovrà attendere ancora di più. Mentre perquisiscono i suoi effetti personali gli dicono che non può fare chiamate dal telefono mobile. “Benvenuto a Cuba”, dice a se stesso quando un ufficiale gli chiede che cosa siano quelle cose di cotone pressato “a forma di palla”. “Assorbenti per mia figlia”, risponde infastidito.

Due ore dopo aver fatto ritorno al suo paese, Humberto può oltrepassare la porta del terminal 2. A quella stessa ora, Alina è già seduta al suo posto di un volo che attraverserà l’Atlantico. Guarda dal finestrino e sussurra: “Addio aeroporto dell’Avana, spero di non vederti per parecchio tempo!”.



Traduzione di Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi

giovedì 14 novembre 2013

Il mio gattino Acetino



di Yoani Sanchez
da http://lageneraciony.com/
 
  
Alla memoria di Teresita Fernández.

Perché quella canzone del gattino Acetino ci penetrava così tanto l’anima? Non credo che la risposta sia da cercare nel panorama audiovisivo infantile che caratterizzava gli anni Settanta e Ottanta, occupato quasi completamente dalle produzioni Made in URSS o di altri paesi dell’Europa Orientale. Non credo sia merito neppure di un’indiretta allusione alla ricerca della propria identità, già magistralmente descritta nel Brutto Anatroccolo di Hans Christian Andersen. No, non erano soltanto questi i motivi che ci spingevano a ripetere quel motivetto orecchiabile.
La storia di Acetino, il gatto salvato dalla strada, presentava quel lato sensibile e dolce che mancava a tanti disegni animati di stampo socialista. Questi ultimi erano di sicuro sobri, tragici e istruttivi, ma erano carenti di quel melodramma composto da pennellate di umorismo e di ridicolo che caratterizza l’identità cubana. A partire dal nome - diminutivo di quel condimento acido usato in cucina -  lo spelacchiato felino ci imponeva al tempo stesso di amarlo e di ridere di lui. Era davanti ai nostri occhi una storia di rifiuto, redenzione e cambiamento. Acetino finiva per trasformarsi in ciò che nessuno avrebbe mai creduto: una mascotte bella e felice che affondava placidamente i suoi baffi nel latte. 
Difficile non identificarsi con il gattino “brutto e macilento” raccolto per strada, quando eravamo in molti a sentire che “fuori” c’era la perdita del nostro io e la fine dell’individualità.  Acetino tornava -  al posto nostro - a stare in casa, stretto dal caldo abbraccio della famiglia e circondato di attenzioni. Lui si era riscattato, mentre noi ci perdevamo. Lui trovava casa, mentre molti di noi andavano incontro a un albergo, un accampamento, un plotone. Lui miagolava alla luna… mentre noi perseguivano un miraggio ideologico.
Per fortuna abbiamo potuto contare sulla sua coda e sul suo amore per il pesce, altrimenti tutto sarebbe stato molto più noioso.

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi