da www.lastampa.it/generaciony
Perso nella metafora, il buon intellettuale evita di avvicinarsi alla realtà perché le cose universali rendono la sua opera più penetrante rispetto ai problemi locali. Nasconde in qualche passaggio simbolico di un copione teatrale, nella parabola di un verso o nella figura appena visibile in un angolo della tela, quella dose di critica che in un secondo tempo gli permetterà di sostenere di “non aver mai taciuto”. È perfettamente consapevole che censura, simulazione e paura corrodono il suo lavoro, ma risponde adirato a chi glielo ricorda. Non vorrete mica che vada a lavorare nell’edilizia? Dirà rivolto a chi non condivide le sue eccessive concessioni. Preferisce i temi erotici ai politici, il passato al presente, imitare i classici invece dei contemporanei. Una volta il suo nome è comparso nelle liste nere e in quelle grigie, ma ora gli rendono omaggio e gli assegnano medaglie. Può navigare su Internet da casa propria e un paio di anni fa ha potuto trascorrere un fine settimana gratuito in un hotel di Varadero.
Il buon intellettuale fa la coda presso l’Ufficio di Interessi degli Stati Uniti per ottenere un visto, ma quel giorno indossa cappello e occhiali da sole per non farsi riconoscere. Impartisce conferenze e fa tournée nelle università dell’“Impero” mentre cerca di modulare il suo discorso in patria e fuori, in modo tale che non risulti antiquato in un posto o troppo liberale nell’altro. Quando a Cuba giungono delegazioni straniere ama frequentarle, magari porta a casa un ospite, lo fa commuovere e chiede di essere invitato a vedere qualche parte del mondo… perché in fin dei conti “qui non si può vivere”. Possiede un’antenna parabolica nascosta nella stanza più remota, ma quando parla con i colleghi finge di aver visto il notiziario nazionale notturno o la tavola rotonda del martedì precedente. Un amico gli passa copie di pagine proibite che non oserebbe mai visitare dal suo computer.
Il buon intellettuale se ne sta tranquillo mentre attende una risposta al permesso di uscita e quando torna in patria ricomincia a comportarsi bene così sarà autorizzato a viaggiare ancora. Crede che l’impegno politico sia una cosa per chi non possiede il talento della sua scrittura e del suo pennello. Guarda dall’alto in basso chi si perde in discussioni su “riforme”, “cambiamenti” e altre fugaci piccolezze. Ma quando beve un paio di bicchieri finisce per chiedersi se avrà scalato le vette artistiche per un vero talento o per l’esilio in massa dei possibili rivali. Conserva in qualche cassetto una canzone composta con il cuore, una poesia dove metteva a nudo la sua anima o una bocca a forma di grido disegnata un po’ di tempo fa. Perché un “buon intellettuale” non si scompone, non si dedica a passioni sociali e non si lascia mai trascinare per strada.
Traduzione di Gordiano Lupi
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