POEMA 30 DE "LA PATRIA ES UNA NARANJA" /POESÍA DEL EXILIO EN MÉXICO / EN "GASPAR, EL LUGAREÑO" / TRADUCCIÓN AL ITALIANO DEL MAESTRO GORDIANO LUPI.
sabato 26 ottobre 2024
La patria è un'arancia, di Felix Luis Viera
venerdì 25 ottobre 2024
Il mediatore, di Daniele Grano
Bookabook edizioni
Napoli.
Gabriele, single, quasi quarant’anni, di lavoro fa il mediatore, cerca di
appacificare chi è in conflitto. Ma succede l’imprevisto: la polizia lo
coinvolge nella morte di un suo cliente. Com’è possibile? Qualcuno vuole
incastrarlo? Mentre il protagonista e i suoi amici cercano di capire cos’è
successo e chi potrebbe avercela con lui, riaffiora il passato di Gabriele, il
dramma familiare che lo ha colpito da ragazzo e che ancora oggi lo tormenta.
Fra i quartieri di Napoli e le serate calde d’estate, il filo del racconto
s’intreccia e si dipana e, forse, solo un amore giovane e fresco e un’amicizia
autentica potranno salvare Gabriele.
Il libro esplora il significato nascosto dietro i gesti quotidiani,
riflettendo sull’esperienza umana e sulla natura delle interazioni tra le
persone. Attraverso la figura di un mediatore, Grano tratta temi di
introspezione e delle storie personali intrecciate con la vita di tutti i
giorni. La sua scrittura è caratterizzata dalla profondità e dall’attenzione
alle sfumature dei comportamenti umani. Il romanzo è il racconto in prima
persona, attuale e passato, del cinismo, della misantropia e delle paranoie di
un uomo in perenne conflitto interiore.
Gabriele Denaro, il protagonista, ha quasi quarant’anni, vive a Napoli e
per lavoro fa il mediatore. Non libera ostaggi dalle banche bensì concilia con
ottimi risultati, ma con insofferenza, liti familiari e condominiali. È proprio
in conseguenza di un incontro casuale con una sconosciuta, poi parte in una
mediazione, che si troverà coinvolto nelle indagini per l’omicidio di un noto
personaggio cittadino.
All’apparenza Gabriele è quello che si definisce “un bastardo”. Sopraffatto da
ogni forma di vizio, tratta spesso con arroganza e superficialità le persone
che lo circondano e che nonostante tutto gli vogliono bene.
Daniele
Grano è nato nel 1986 a Napoli, dove vive e lavora come avvocato civile. Si occupa
di mediazioni e ha ideato un sito che per anni ha reso più facile il lavoro dei
suoi colleghi. “Mi piaceva approfondire cosa può
nascondersi dietro i piccoli gesti del nostro quotidiano, dietro atteggiamenti
che potremmo giudicare come scorretti o inopportuni. Capire, insomma, perché
alcune persone sono come le vediamo. Qual è la loro storia e provare a dar loro
una speranza. È quello che ho provato a fare con Gabriele” afferma Daniele Grano.
Il
volume è disponibile su ordinazione in tutte le librerie e store digitali oltre
che sul sito della casa editrice (https://bookabook.it/libro/il-mediatore-dietro-ogni-gesto-ce-una-storia/).
Disponibile anche la versione ebook.
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Scheda libro
“Il mediatore. Dietro
ogni gesto c’è una storia”
Autore: Daniele Grano
Codice ISBN Cartaceo 979-1255991724 Prezzo
14,00 euro
Formato
12.9 x 1.5 x 20.1 cm
Pagine 175
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PRESTO LE FELPE DEL FOGLIO!
La più grande balena morta della Lombardia
Un amico mi consiglia questo libro e io metto da parte Prima che sia notte di Reinaldo Arenas (Guanda) e Casa d’altri di Silvio D’Arzo (Einaudi, ma Struzzi mica Stile Libero), due libri veri, di quelli che ti restano dentro per un bel po’ di tempo e ti fanno pensare. Li metto da parte e leggo La più grande balena morta della Lombardia. Certo che la differenza salta agli occhi, se prima leggevo Topolino o Diabolik forse Aldo Nove la sua figura ce la faceva, ma mica ne sono tanto sicuro. La storia che dà il titolo alla raccolta ci presenta un bambino che ogni giorno va allo zoo di Como per vedere la più grande balena morta della Lombardia, che però non è così morta visto che un bel giorno si desta e divora tutti i continenti. Il bambino resta solo nell’infinito, ci sta un po’ a pensare (ma mica poi tanto) e alla fine esce fuori con la tutina della Chicco e contempla il nulla assoluto. Il racconto è solo esemplificativo. Narrativa del non senso e mi sta pure bene, narrativa surreale e te la passo pure, ma almeno condiscimela con un po’ di tensione narrativa, con qualche trovata di stile, con appena appena un po’ di motivazione perché io editore te la debba pubblicare e io lettore te la debba stare a leggere. Invece niente. La storia dura lo spazio di due paginette e finisce come è cominciata, nel piattume più assoluto. E così sono tutti gli altri racconti, che chiamarli racconti mi viene male, è davvero parecchio dura. I Ricchi e Poveri è la seconda storiella (ecco questa è la parola giusta) che ci presenta niente meno che il nasone del popolare gruppo canoro mentre aspira sul palco con il suo enorme naso i superstiti di una terribile esplosione. Un altro parla dell’Omino Bialetti che in quel di Viggù (patria dell’autore) uccide i bambini che restano soli nel bagno per nove minuti di seguito. Un altro ancora di Toni Negri che pare un drago dei tempi moderni e uccide la gente con il fuoco che gli esce dagli occhi. Un altro parla di Enzo Tortora e io se fossi la figlia di Tortora lo querelerei ad Aldo Nove perché è davvero di cattivo gusto.
E anche dello stile si dovrebbe parlare. I racconti sembrano scritti da un bambino delle elementari che non ha capito un tubo dei congiuntivi e dei tempi verbali. Ma quello mi sta pure bene, va di moda così, i congiuntivi mica li usa più nessuno. Però che sia uniforme la scelta stilistica, che si scriva sempre uguale, se no capita che il lettore non capisce e il critico neanche. Aldo Nove non usa le congiunzioni eufoniche neppure quando servono (incontro di due a e di due e), lui ha dichiarato guerra totale agli “ad” e agli “ed”. Non solo, a volte piazza senza motivo delle “a” congiunzione scritte con l’acca davanti che sembrano veri e propri errori di grammatica. Mi dovrebbe spiegare perché. Forse sta lanciando una nuova moda.
Mi fermo qui e vi dico solo che il racconto migliore è Ciascuno deve pensare a Cicciolina per sé, che almeno ha un po’ di verve e di tensione narrativa, pure se l’argomento non è che sia dei più profondi, il protagonista è la sborra e la prima sega che ci si fa da ragazzini. Ecco, detto questo mi meraviglio parecchio quando leggo una recensione come quella di Roberto Carvelli su “Blue” (che è pure una bella rivista indipendente) che recita: “Aldo Nove è il più talentuoso scrittore della generazione cannibale, il libro è un assoluto capolavoro, perfetto per coerenza di pensiero, rimarrà in questa storia di anni distratti perché è nato già come un classico, pensato da una mente con capacità di astrazione e transfert temporali di enorme portata, io fossi in voi me lo comprerei senza perdere tempo”. Ora finché recensioni simili me le propina Aldo D’Orrico sul “Corriere Magazine” so che fa parte del gioco e me ne sto zitto, cosa vuoi che faccia. Ma da Carvelli su “Blue” e pure da Ottonieri su “Carta” non me l’aspetterei questo totale asservimento al potere editoriale, mi sembrerebbe fuori luogo. Se poi lo pensano davvero che La più grande balena morta della Lombardia è un capolavoro allora la cosa è ancora più grave, magari mando ai critici qualche manoscritto di quelli che al Foglio di solito rifiutiamo, mi sa che sono capolavori pure quelli. Come si fa a definire un capolavoro questo libro di racconti che io da quando l’ho comprato mi diverto a leggerlo alla gente e mica lo dico chi l’ha scritto e chi l’ha pubblicato. No, dico che sono racconti che hanno inviato alla redazione del “Foglio Letterario” e che si deve decidere se pubblicarli oppure no. I redattori della rivista mi rispondono che la posso pure smettere di leggere storie senza senso, ché roba come quella mica si può pubblicare, ci si rimette la faccia. Quando dico che l’ha già pubblicata Einaudi ci restano male. Se questa roba è letteratura tutti possiamo scrivere e tutto è pubblicabile, cari miei. E allora ho deciso che la prossima volta che mi chiamano a presentare Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura invece di leggere qualche capitolo del mio libro, leggo La più grande balena morta della Lombardia e dopo recito pure le recensioni di Carvelli, Ottonieri e D’Orrico e sto a sentire quello che pensa la gente. Intanto però me ne torno a Reinaldo Arenas e a Silvio D’Arzo, ché di storielle da poco ne avrei lette anche troppe e mi ci vorrebbe un po’ di letteratura di quella vera, sono in astinenza. All’orizzonte vedo come un incubo il nuovo libro di Tiziano Scarpa, Corpo s’intitola e pure quello lo pubblica Einaudi, D’Orrico sul Corriere ha già detto che è un capolavoro. Scarpa è un autore molto prolifico e io tempo fa mi sono letto un libro dove ci raccontava per filo e per segno tutte le sue scopate. Ve lo raccomando. Adesso invece nell’ultimo capolavoro si passa in rassegna i brufoli, poi ascolta cosa dice l’acqua nel bicchiere e infine si chiede cosa c’è scritto sul suo culo. Questo non lo leggo neppure se me lo regalano.
Gordiano Lupi
www.gordianolupi.it
giovedì 24 ottobre 2024
Wendy Guerra poetessa
Wendy Guerra nació en La Habana en 1970. Desde su infancia trabajó como actriz en Cine y Televisión. Se graduó de Dirección de cine, en la especialidad de guion, en el Instituto Superior de Arte (ISA) de La Habana. Participó en el taller de escritura que el novelista colombiano Gabriel García Márquez animaba cada año en la Escuela Internacional de Cine de San Antonio de los Baños, Cuba. Su novela Todos se van recibió el Premio de la Editorial Bruguera. Ha recibido varias becas de especialización: en París, Nueva York, Los Angeles, para la búsqueda de información sobre la escritora Anaïs Nin. De ese trabajo ha resultado su tercera novela: Posar desnuda en La Habana. Ha sido traducida a trece lenguas pero sus novelas no han sido publicadas en elpaís de origen. En 2010, el gobierno francés le otorgó la Orden de Chevalier des Arts et des Lettres. Escribe para el diario El Mundo (España), mediante su blog Habaname.
OBRA PUBLICADA: Poesía: Platea oscura (1987) Cabezarapada (1996) Ropa interior (2008) Poèmes (2009) (edición conjunta con el poeta serbio Sasa Stanisic) Novela: Todos se van (2006) Nunca fui Primera Dama (2008) Ficción: Posar desnuda en La Habana. Diario apócrifo de AnaïsNin (2010) Negra. Anagrama 2013. Antologías: Casa de luciérnagas (antología de poetas latinoamericanas)(2007) 39 Antología del cuento latinoamericano (2007) Otra Cuba secreta. Antología de poetas cubanas del siglo XIX y XX (2011) PREMIOS: Premio Bruguera (2006) Premio de la Crítica» del periódico español El País (2006) Premio Carbet des Lycéens (2009).
Wendy Guerra è nata all'Avana nel 1970. Fin da piccola ha lavorato come attrice di cinema e televisione. Laureata alla scuola di cinema, come regista e sceneggiatrice, nel prestigioso Istituto Superiore di Arte (ISA) della capitale cubana. Ha preso parte ai corsi di scrittura annuali tenuti dal romanziere colombiano Gabriel García Márquez preso la Scuola di Cinema di San Antonio de los Baños, a Cuba. Il suo romanzo Todos se van (edito in Italia dalla fiorentina Le Lettere come Tutti se ne vanno) ha ricevuto il Premio della Editorial Bruguera. Ha ottenuto diverse borse di studio per specializzarsi: a Parigi, New York, Los Angeles, per cercare informazioni sulla scrittrice AnaïsNin. Da questo lavoro ha avuto origine il suo terzo romanzo: Posar desnuda en La Habana. Wendy Guerra è stata tradotta in tredici lingue, ma i suoi romanzi non vengono pubblicati a Cuba. Nel 2010, il governo francese le ha concesso l'Ordine di Cavaliere delle Arti e delle Lettere. Scrive per il quotidiano El Mundo (Spagna), per cui cura un interessante blog: Habaname.
OPERE PUBBLICATE: Poesia: Platea oscura (1987) Cabezarapada(1996) Ropainterior(2008) Poèmes (2009) (edito insieme al poeta serbo SasaStanisic). Romanzi e opere di Fiction: Todos se van (2006) Nunca fui Primera Dama (2008), Posar desnuda en La Habana. Diario apócrifo de AnaïsNin(2010) Negra. Anagrama (2013). Antologie: Casa de luciérnagas(antologia de poeti latinoamericani)(2007), Antología del cuento latinoamericano (2007) Otra Cuba secreta. Antología de poetascubanas del siglo XIX y XX (2011) PREMI: Premio Bruguera (2006), Premio de la Crítica del quotidiano spagnolo ElPaís (2006), Premio CarbetdesLycéens (2009).
Poemas en chino
Me levanto cada mañana antes que el pueblo
solo para abrir la jaula a los pájaros que luego ustedes escuchan cantar
La noche se los traga y amordaza con negro terciopelo
les traiciona y me despierto rota
abriendo jaulas tragando lágrimas
soplando restos de mis alas muertas al amanecer.
Mis cejas fueron tatuadas en chino y en condición muy leve
El verano en Oriente es de ese crudo dinástico y seco denso goce
ardores que estallan en la luz deslumbrante venenosa y ciega
Guardo mi herencia estrábica ruta de breves dibujos eróticos
senos calados
Vuelvo brevemente allí a mis pobrezas asiáticas de arroz y tinta china
sexo estrecho
Ellas gimen de deseo
yo te nombro con dolor.
Tú conoces mis muertos y mis gestos y mis rezos a esos muertos que llamas por su nombre
Tú les ofrendas comida y le sirves a mi escuálido cuerpo
que no traga que no bebe que no duerme que no vive aquí desde hace siglos
Tú le pones nombre al pájaro y adivinas si es libre o preso por su trino
Soy yo quien vive en el corazón del pájaro
Quien come y bebe como el pájaro es la mujer que tocas y bendices
Tú no me libres del ritual que alimenta a tus muertos
y me mantiene viva.
Poesie in cinese
Mi alzo ogni mattina prima del paese
solo per aprire la gabbia agli uccelli che dopo voi udite cantare
La notte li inghiotte e imbavaglia con nero velluto
li tradisce e mi sveglio distrutta
aprendo gabbie inghiottendo lacrime
soffiando quel che resta delle mie ali morte all'alba.
Le mie ciglia sono state tatuate in cinese e in grado molto lieve.
L'estate in Oriente è d'un crudo dinastico, secca densa voluttà
ardori che divampano nella luce abbagliante velenosa e cieca.
Conservo la mia eredità strabica percorso di brevi disegni erotici
seni fradici.
Torno brevemente alle mie povertà asiatiche di riso e china
sesso stretto.
Loro gemono di desiderio
io ti nomino con dolore.
Tu conosci i miei morti, i miei gesti e le mie preghiere a quei morti che chiami
con il loro nome.
Tu offri loro il cibo e lo servi al mio squallido corpo
che non mangia non beve non dorme e non vive qui da secoli.
Tu imponi un nome all'uccello, indovini se è libero o prigioniero del suo trillo.
Sono io che vivo nel cuore dell'uccello.
Chi mangia e beve come l'uccelo è la donna che tocchi e benedici.
Tu non mi liberi dal rituale che alimenta i tuoi morti
e mi mantieni viva.
Jaula de juguete
Trampas veo en el camino
pero parecen flores brújulas o espejos
Me hizo hembra la colección de jaulas que heredé de mi madre
Caí tan bajo como el grave sonido de mi orquesta
Allá voy arrogante y cautiva
La embestida promete lo peor
Muchacha jaula de juguete
Mi corazón virgen coloreado no hereda afrenta ni dolor
Y es que no hay jaulas en el cuerpo de una niña.
Gabbia giocattolo
Trappole vedo nel cammino
ma sembrano fiori bussole o specchi.
Mi fece femmina la collezione di gabbie che ereditai da mia madre.
Caddi così in basso come il grave suono della mia orchestra.
Vado là altezzosa e prigioniera.
L'investita promette il peggio
Piccola gabbia giocattolo
Il mio cuore vergine colorato non eredita affronto né dolore
E non ci sono gabbie nel corpo d'una bambina.
Una casa en el cuerpo
Aquí no hay escondite posible
vanidad o espejo
estructura nítida traslúcida
límpida y desierta
a pequeña escala
Una casa en el cuerpo
de un racionalismo incómodo
equilibrio japonés de rota seda
balance injusto y gélido
sin altares ni flores sin fotos sin familia
de paso e insomnio
patrimonio y artificio
Una casa en el cuerpo
Nadie ha quedado aquí
Ni hijos Ni hombres Ni ideas.
Una casa nel corpo
Qui non c'è nascondiglio possibile
vanità o specchio
struttura nitida traslucida
limpida e deserta
in piccola scala.
d'un razionalismo scomodo
equilibrio giapponese di strappata seta
bilancio ingiusto e gelido
senza altari, fiori, foto e famiglia
a proposito d'insonnia
patrimonio e artificio.
Una casa nel corpo.
Nessuno è rimasto qui.
Né figli Né uomini Né idee.
Le traduzioni sono di Gordiano Lupi
mercoledì 23 ottobre 2024
Il Foglio Letterario premiato!
Il Premio Letterario Internazionale IL CANTO DI DAFNE è stato generoso con IL FOGLIO LETTERARIO EDIZIONI. Ringraziamo e ci prendiamo dei premi prestigiosi che saranno consegnati a Carrara il 23 novembre (ore 15) nella sala della Camera di Commercio.
Perché il cinema comico italiano deve farsi ridere dietro da tutta Europa? Abbiamo smarrito la differenza tra commedia e farsa. Non solo, abbiamo perso il senso del pudore e di quel che è lecito far dire a un attore in un dialogo credibile. Figli è un film pieno zeppo di situazioni improbabili e di assurde teorie basate su stereotipi e luoghi comuni come da tempo non ne vedevo. Tratto dal monologo teatrale di Mattia Torre (I figli invecchiano), interpretato – sia a teatro che al cinema – da Valerio Mastandrea. Mattia Torre non ha potuto girare il film perché è morto per una malattia prima delle riprese, quindi la direzione è stata affidata a Giuseppe Bonito (assistente di Torre in Boris), autore anche de L’arminuta e della serie Tv su Mike Bongiorno. Il ruolo femminile è coperto dalla rivelazione del cinema italiano, della nostra miglior attrice e grandissima regista internazionale, quella Paola Cortellesi che tutto quel che tocca diventa oro. Figli ha fatto incetta di premi ed è stato persino candidato come miglior commedia del 2020. Stiamo messi davvero male. La storia è risibile, una coppia che si vede sconvolgere la vita dalla nascita del secondo figlio, vissuta come se fosse una sciagura, con amici che li compatiscono e situazioni ai limiti dell’assurdo. Siparietti dove si ragiona sui massimi sistemi, frasi inconcepibili, scene recitate su sfondo bianco come fossimo a teatro, battute che non fanno ridere, genitori frustrati e frustati (letteralmente) dai figli … Insomma, un concentrato di banalità allo stato puro, spacciato per impegno culturale, salvato solo dalla bravura di Valerio Mastandrea. Tutto il resto è da dimenticare. Va da sé che una sciocchezza simile mette d’accordo critica e pubblico. Da evitare. Io non l’ho fatto. Voi siete ancora in tempo. Se siete stati genitori di due figli, persino felici di averli, vi incazzerete pure ...
Regia: Giuseppe Bonito. Soggetto: Mattia Torre (I figli invecchiano, commedia). Sceneggiatura. Mattia Torre. Fotografia: Roberto Forza. Montaggio: Giorgio Franchini. Musiche: Giuliano Travia, Carmelo Taviani. Scenografia: Marinella Perrotta. Costumi: Chiara Ferrantini. Produttori: Mario Gianani, Lorenzo Mieli. Case di Produzione: Vision Distribution, Wildside, The Apartment. Distribuzione: Vision Distribution. Interpreti: Valerio Mastandrea, Paola Cortellesi, Stefano Fresi, Giorgio Barchiesi, Andrea Sartoretti, Fabio Traversa, Paolo Calabresi, Valerio Aprea, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggeri, Betty Pedrazzi, Sara Pantaleo, Matilde Zancini Di Castiglionchio, Oscar Farinetti.
lunedì 21 ottobre 2024
giovedì 17 ottobre 2024
Dieci anni di Calcio e acciaio
Gordiano Lupi
"Calcio e acciaio- Dimenticare Piombino"
Il Foglio Letterario
“Calcio e acciaio - Dimenticare Piombino” nel decennale della sua prima edizione con Acar Edizioni, viene rieditato e riportato in libreria dal Foglio Letterario Edizioni
“Calcio e acciaio - Dimenticare Piombino” racconta con amore e nostalgia una storia ambientata in un suggestivo spaccato maremmano.
Ultimo libro di una lunga serie dell'autore e traduttore piombinese Gordiano Lupi "Calcio e acciaio, dimenticare Piombino" é stato uno dei libri finalisti al Premio Strega 2014 e il vincitore del Premio Bovio a Trani e il Premio Città di Massa.
Il calcio e l’acciaio fanno da cornice a questo libro che grazie ai suoi protagonisti parla di amore- per una donna, per la propria città Piombino e un amore mancato -, di ricordi del passato, di vita vissuta. Attraverso Giovanni, il calciatore che, dopo il successo torna alle sue radici, nel paese dove ha trascorso l’infanzia e Tarik il marocchino arrivato in Italia per cercare fortuna e grazie alle sue abilità calcistiche ha il suo riscatto di vita, percorriamo questo viaggio tra presente e ricordi passati.
“Aldo Agroppi era amico di sua madre, viveva in via Pisa, un quartiere di famiglie operaie, case bombardate durante la Seconda Guerra Mondiale, tragiche ferite di dolore, macerie ancora da assorbire. Giovanni ricorda una foto di Agroppi che indossa la maglia della Nazionale, autografata con un pennarello nero. Era stato proprio Agroppi in persona a dargliela, all’angolo tra corso Italia e via Gaeta, in un giorno di primavera di tanti anni fa, dove la madre del calciatore gestiva una trattoria, un posto d’altri tempi, dove si mangiava con poca spesa. Giovanni era un bambino innamorato dei campioni, giocava su un campo di calcio delimitato dalla sua fantasia, imitava le serpentine di rombo di tuono Gigi Riva, i virtuosismi di Sandro Mazzola, le bordate di Roberto Boninsegna, le finte dell’abatino Gianni Rivera e la vita da mediano di Aldo Agroppi, cominciata a Piombino e conclusa a Torino”.
La scrittura di Lupi ci rende partecipi delle vicissitudini del protagonista, dei suoi ricordi e dell’ineluttabilità della sua vita. Tutto calato in un ambiente che accoglie e ben si presta a momenti di raccoglimento a favore di recenti ricordi, vecchi e nuovi amori e incontri. Piombino è a tutti gli effetti co protagonista.
Il libro è acquistabile su prenotazione in libreria e online su tutti gli store digitali.
EBOOK AMAZON: https://www.amazon.it/Calcio-acciaio-dimenticare-Gordiano-Lupi-ebook/dp/B00O2AA8V0
martedì 15 ottobre 2024
Ego, di Felix Luis Viera
EGO
Vermiglio (2024) di Maura Delpero
Bella scelta per gli Oscar, perché Vermiglio è un film internazionale, un’opera importante che non ha niente del provincialismo di certo cinema italiano, comprensibile solo alle nostre latitudini. Maura Delpero è autrice completa, scrive e sceneggia la pellicola, come aveva fatto nella precedente Maternal (2019), inoltre non è regista commerciale da un film all’anno, ma ha girato solo due lungometraggi. Vermiglio vince il Leone d’Argento a Venezia, puro film d’arte, che si caratterizza per la spontanea recitazione in dialetto (sottotitolato) e per una fotografia intensa delle montagne trentine. Siamo nel 1944, a Vermiglio, un paesino del Trentino, quando la comunità concede rifugio a Pietro, soldato disertore in attesa che termini la guerra, ma quest’ultimo s’innamora della figlia del maestro, la mette incinta e subito dopo la sposa. Poco dopo la liberazione la scoperta della bigamia di Pietro - ucciso dalla prima moglie non appena torna in Sicilia -, fa implodere la famiglia della ragazza, al punto che il neonato viene affidato a un orfanatrofio. Vermiglio è un film sulle tradizioni popolari che la regista dedica al padre dopo la sua morte, visto che il genitore era nativo proprio di quel piccolo borgo della Val di Sole. Il film viene girato in sei mesi tra Vermiglio, Carciato e Comasine (agosto - dicembre 2023); fotografia luminosa delle montagne innevate, scenografia ben ricostruita, costumi senza pecca, colonna sonora coinvolgente, montaggio compassato ma 119 minuti non risultano eccessivi, sceneggiatura senza difetti. La regista segue la grande lezione di Ermanno Olmi aggiungendo un pizzico di sensibilità femminile nel narrare la storia di una ragazza innamorata, sedotta e abbandonata. Personaggi ben scritti, su tutti emerge la figura del maestro, interpretato da Tommaso Ragno, uomo di grande cultura legato alle tradizioni e dal carattere inflessibile. Molti interpreti sono alla prima prova, tra questi la bella Martina Scrinzi nei panni di Lucia, la ragazza sedotta da Pietro (il bravo Giuseppe De Domenico). Vermiglio è un film che racconta un piccolo mondo antico con delicatezza e compassione, toccando vette di pura poesia. Da vedere assolutamente.
Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Maura Delpero. Fotografia: Michail Kricman. Montaggio: Gian Luca Mattei. Musiche: Matteo Franceschini. Scenografia: Vito Giuseppe zito, Pirra. Costumi: Andrea Cavalletto. Trucco: Sophie Dauchez, Frédérique Foglia. Produttori: Francesca Andreoli, Leonardo Guerra Seràgnoli, Maura Delpero, Santiago Fondevilla Sancet. Produttori Esecutivi: David Levine, Nick Shumaker. Case di Produzione: Cinedora, Rai Cinema, Charades Production, Versus Production. Distribuzione (Italia): Lucky Red. Lingua: Trentino (sottotitolato), Italiano. Paesi di Produzione: Italia, Francia, Belgio. Anno: 2024. Durata: 119’. Genere: Drammatico. Interpreti: Giuseppe De Domenico (Pietro), Martina Scrinzi (Lucia), Tommaso Ragno (Cesare), Carlotta Gamba (Virginia), Roberta Rovelli (Adele), Orietta Notari (zia Cesira), Patrick Gardner (Dino), Anna Thaler (Flavia), Luis Thaler (Tarcisio), Simone Bendetti (Giacinto), Santiago Fondevilla (Attilio), Rachele Potrich (Ada), Sara Serraiocco.