Rileggere un libro da lettore non è come leggerlo da
editore, per decidere se pubblicarlo o meno. Per prima cosa il supporto è
diverso. Non ci sono fogli stampati dal computer, né la matrice bianca
digitale, ma un vero e proprio libro che si apre con una copertina evocativa di
un binario morto che finisce in mare. Non è la stessa cosa, soprattutto, perché
non devi valutare niente, ma soltanto abbandonarti al piacere della lettura. Ti
rendi conto che la seconda volta è quella giusta, ché quel romano te lo gusti
per davvero, ne assapori profumi e parole fino in fondo. A partire dalla
citazione da Rabbia di Chuck Palahniuk
sul perché si fugge dai paesi di provincia (per
sognare di tornarci) e per cui si resta (sognare di andarsene). Tutta la storia è permeata da un profondo
senso di inadeguatezza, narrata in prima persona da Marco, un protagonista per
niente eroico che non riesce a essere felice da nessuna parte. Elena Ciurli dà
voce a una generazione di figli educati da genitori immaturi, da famiglie
frantumate per colpa di genitori che rincorrono egoismi, tratteggia una madre
assente e un padre inadeguato che si sposa di nuovo con una polacca micidiale
quando decide di cucinare. Marco torna a Livorno e riscopre i luoghi che
l’hanno visto adolescente, dopo aver vagato per molte città europee, da Madrid
a Berlino, passando per Londra. rivede il Romito, gli scogli, la sua casa,
assapora la tristezza, pensando solo al momento in cui potrà fuggire di nuovo
verso un incerto futuro. Ricordi di donne nel passato di Marco, visioni di film
anni Settanta che hanno contribuito alla sua iniziazione sessuale, ma anche di
cibi caratteristici cucinati dalla nonna (la panzanella), visioni infantili di
Super Tele, ginocchia sbucciate, panini al tonno per merenda e quel mare dove
tutto finiva, nelle lunghe giornate estive, da ragazzi. Marco e la musica.
Marco e gli amici. Francesco è l’amico fedele che non se n’è mai andato da
Livorno. Jimi Hendrix è la colonna sonora del viaggio, sul lungomare di
Antignano. La musica è una delle ragioni
per cui vale la pena non suicidarsi, dice Marco, che si è appassionato al
rock grazie al nonno, uno dei personaggi positivi della storia, un vero e
proprio punto di riferimento. Il nonno di Marco è il solo mito familiare, la
sola persona capace di consigliare libri e musica, quello che l’accompagnava al
negozio di dischi per scegliere i vinili da ascoltare. Sono importanti i
Ramones nel libro di Elena, che se
fossero stati livornesi sarebbero andati in giro con una panda scassata proprio
come quella del protagonista. La musica del gruppo rock pervade le pagine come
un profumo intenso. Capitoli con nomi di piatti e bevande, segnati da musica
rock e momenti culinari, ma soprattutto da ricordi, incontri, amici perduti e
ritrovati, genitori inadeguati, nonni fantastici e voglia di fuga.
Fin da
bambino mi sono sentito come un ospite nella mia vita, intento a sopravvivere
per non dare troppo fastidio al prossimo e forse, neanche a me stesso. Ho
sempre visto i miei genitori come degli esseri alieni, che si facevano chiamare
mamma e babbo, ma che in realtà non sapevano neanche loro da quale pianeta
provenissi. Insomma io rimanevo sull’uscio e non sapevo mai se dovevo entrare o
uscire, per non tornare più.
Andata e
ritorno è un romanzo proustiano: Quant’era bella Livorno in quelle foto in
bianco e nero, quando a Castiglioncello c’erano Mastroianni, Sordi e Gassmann e
la vita sembrava scorrere a colori. E ancora: Questa valigia rotta mi sta tormentando, fin da piccolo ho sempre
creduto che gli oggetti abbiano un’anima o meglio assorbano gli umori di chi li
possiede. In fondo Marco è alla ricerca del suo tempo perduto, riscopre gli
odori e i sapori del suo passato, consapevole che le cose vissute nell’infanzia
e nell’adolescenza saranno eterne, finiranno per scandire il tempo della sua
vita. Ci sono luoghi in cui le emozioni
si dilatano e riescono a crescere anche senza acqua, tutto è talmente precario
tra quelle mura che ci si attacca l’un l’altro ancora più forte. E come la
gramigna quella sensazione di condivisione e solidarietà, ti rimane attaccata
addosso per non andarsene più. Se non è Proust questo… Andata e ritorno è un romanzo scritto con stile secco e asciutto,
in prima persona, con un incedere incalzante e coinvolgente. E di tanto in
tanto scopri pennellate di letteratura, descrizioni poetiche efficaci, come uno
stupendo panorama che si ammira da Populonia Alta sul golfo di Baratti, la casa
della madre, che Marco chiama la stronza,
ma che deve salutare prima di ripartire. Sentori di vecchio cinema italiano
affiorano tra le pagine della storia, da Amarcord
di Fellini - un film che ha condizionato la cultura del Duemila - a I vitelloni (Monaldo che parte da Rimini
per non tornare e saluta mentre il bambino chiede: Perché te ne vai? Non stavi bene qui?), passando per Gli amici del Bar Margherita di Pupi
Avati (grande cantore della nostra provincia e del ricordo).
Marco è diventato - come molti ragazzi della sua
generazione - un pacco postale che cerca lavoretti estivi per guadagnare un po’
di soldi che gli consentano di scappare di nuovo, in fuga per l’Europa, lontano
da una provincia diventata troppo stretta. Marco deve tenere duro fino alla
prossima partenza. Forse tornerà a Livorno, ma in un futuro diverso. Vorrebbe
aggrapparsi a questa idea, sentire sue quelle
radici che ha sempre strappato come erbacce. Vorrebbe tanto trovare un paio di scarpe dal numero giusto,
le scarpe di un uomo che a un certo punto decide di restare, di smettere di
fuggire dal suo passato. Il Bar da Paolino è un capolavoro di bar avatiano, profuma di passato, di amici
che si incontrano per tirare tardi facendo il niente, parlando di donne e bevendo
vino, giocando a biliardo e organizzando scherzi atroci. Marco è un
protagonista sconfitto, uno che sente sulle sue spalle tutta la pesantezza del
vivere. Mi siedo sul mio scoglio, il sole
sta tramontando e posa il suo mantello di luce su queste oscure acque salate;
mi mancherà. Come Monaldo decide di partire, sa che deve farlo, ma sa pure
che la nostalgia del passato sarà compagna della sua vita. Finale
straordinario, poetico e suadente, scandito dal ricordo della caduta del muro
di Berlino, metafora del cambiamento, di una vita che non potrà più essere la
stessa. Ma il presente e il futuro sono ancora da costruire.
Andata e
ritorno è un romanzo che ti
riconcilia con la letteratura, ti fa capire la sua funzione salvifica e
spiazzante. Un romanzo che solleva il morale di un piccolo editore che dopo
averlo letto e sottolineato lo pubblica con entusiasmo, perché è una storia che
avrebbe voluto scrivere lui, narrata benissimo da una giovane autrice che -
buon per lei! - non ha un grande futuro dietro le spalle. Per noi il futuro è già passato, purtroppo, e
non ce ne siamo neppure accorti.
Elena Ciurli
Andata e ritorno
Edizioni Il Foglio - euro 12 – pag 160
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