di Luca Guadagnino
Regia: Luca Guadagnino. Soggetto: Luca Guadagnino.
Sceneggiatura. Barbara Alberti, Ivan Cotroneo, Walter Fasano, Luca Guadagnino.
Fotografia: Yoricl Le Saux. Montaggio: Walter Fasano. Produttori: Luca
Guadagnino, Tilda Swinton, Alessandro Usai, Francesco Melzi d’Eril, Marco
Morabito, Massimiliano Violante, Candice Zaccagnino, Silvia Venturini Fendi,
Carlo Antonelli. Produttore Esecutivo: Minnie Ferrara. Casa di Produzione:
First Sun, Mikado Film, Rai Cinema, La Dolce Vita Production, Pixel Dna.
Distribuzione: Mikado Film. Effetti Speciali: Visualogie. Musiche: John Adams
(supervisione di Jen Moss). Scenografia: Francesco Di Mottola. Costumi:
Antonella Cannarozzi. Trucco: Fernanda Lucia Perez. Interpreti: Tilda Swinton
(Emma Recchi), Flavio Parenti (Edoardo Recchi junior), Edoardo Gabbriellini
(Antonio), Alba Rohrwacher (Elisabetta Recchi), Pippo Del Bono (Tancredi
Recchi), Maria Paiato (Ida Marangon), Diane Fleri (Eva Ugolini), Waris
Ahluwalia (Mr. Kubelkian), Mattia Zaccaro Garau (Gianluca Recchi), Chiara
Tomarelli (Anita Toffoli), Emanuele Cito Filomarino (Gregorio Sanfelice),
Giangaleazzo Visconti Di Modrone (Andrea Tavecchia), Gabriele Ferzetti (Edoardo
Recchi senior), Marisa Berenson (Allegra Recchi), Claudia Monicelli Bagnarelli
(signora Gralieni).
Tutti parlano di Luca Guadagnino (Palermo, 1971) dopo
le quattro nomination al Premio Oscar
per il suo Chiamami col tuo nome
(2017). Non mi posso limitare a dire che ho visto soltanto Melissa P (2005) e che l’ho trovato un film supponente e inutile,
quasi peggiore del romanzetto da cui è stato tratto. Finisce che mi vado a
vedere Io sono l’amore (2009),
girato cinque anni dopo, consigliato da amici critici - reperibile su Rai
Replay -, del quale le cronache riferiscono un
grande successo di critica e di pubblico. Devo cambiare mestiere, anzi no,
va bene così, ché questo non è il mio mestiere, soltanto una passione. Un film
che nasce da un soggetto originale di Guadagnino, sceneggiato da ben quattro
autori (Alberti, Cotroneo - mi sorprende in negativo, purtroppo! -, Fasano e il
regista), in sette anni di lavoro (sic!), prima della distribuzione in sala,
avvenuta nel 2010. Un film che racconta le tragiche vicende economico - amorose
della ricchissima famiglia Recchi, dopo la morte del nonno (Ferzetti, in uno
dei suoi ultimi ruoli), che lascia tutto nelle mani del nipote Edoardo
(Parenti) e del figlio Tancredi (Del Bono). La sostanza nel film sta in due
storie d’amore radicalmente diverse: la figlia Elisabetta (Rohrwacher), che
lascia il fidanzato per vivere la sua vera natura e un felice amore omosessuale;
la madre Emma (Swinton) che s’innamora perdutamente del cuoco Antonio
(Gabbriellini), giovane amico del figlio. Finale melodrammatico, che sfiora il
ridicolo, con la morte del figlio, il funerale, la confessione del tradimento e
la fuga con il giovane amante.
Film girato a Milano, Sanremo, Dolceacqua,
Castel Vittorio, Buggio e persino Londra, con gran dispendio di risorse.
Incasso italiano modesto (240 mila euro), grande successo statunitense, di
critica e di pubblico, con nomination
all’Oscar per i costumi e partecipazione di Carlo Cracco per la confezione dei
piatti serviti in tavola. Tra gli attori molto bene solo Ferzetti, Swinton e
Rohrwacher, sul resto del cast meglio stendere un pietoso velo.
Veniamo al film. La sola trovata interessante è
reperibile nelle sequenze iniziali, con un alternarsi di dissolvenze che
mostrano Milano sotto una coltre di neve - in un gelido bianco e nero - e il
grigiore della casa borghese, fotografata in un cupo giallo ocra. L’incipit
farebbe ben sperare, anche perché Ferzetti è un grande attore, capace di
incantare lo spettatore con la forbita dizione, purtroppo l’arrivo del sole
dissolve la neve a Milano insieme a tutte le nostre speranze di vedere un film
degno di questo nome. Guadagnino procede con studiata lentezza, convinto di
essere Visconti o Antonioni - tanto tanto Bertolucci - mentre sprofonda nel
ridicolo più totale. Soggettive assurde, piani sequenza a non finire, macchina
a mano nervosa, primissimi piani degli occhi e di inutili particolari, buttati
lì come se fosse un film di Sergio Leone. Viene da chiedersi se stiamo
guardando un film o un mero esercizio di stile di un regista che deve superare
un esame e vuol far capire di aver studiato i classici.
Un film pretenzioso,
eccessivo, infarcito di sequenze così originali da diventare fastidiose, perché
Guadagnino sceglie sempre il modo peggiore di raccontare le cose, il più
astruso, il meno immediato, quello volutamente complesso. Un film che diventa
irritante nella parte finale - a meno che non si prenda a ridere e si trasformi
in un cult della comicità involontaria - quando il melodramma posticcio non
commuove nessuno, ma indispone per il disprezzo dimostrato dagli sceneggiatori
nei confronti del pubblico. Assurda la sequenza della morte di Edoardo dopo la
lite con la madre, ancor peggiore tutta la parte del funerale e della fuga
materna, incredibilmente strampalato il finale, che giunge dopo i primi titoli
di coda e ritrae - con un simbolismo che ha capito solo il regista - i due
amanti maledetti, lontani dal mondo, finalmente soli con il loro amore. Un film
da evitare come la peste, a meno che non vogliate farvi del male, come un
commensale che decide di mangiare peperonata con le cozze per cena o piccante
cibo messicano. Indigesto. Indigeribile. La speranza è che Chiamami col tuo nome sia migliore, ma viste le premesse…
IL TRAILER DEL FILM SU YOUTUBE:
Per vederlo su RAI: http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-129ddb5b-542e-4c77-91f2-7624f1e45dfc.html
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