giovedì 27 febbraio 2014

Non sono un dissidente!

di Alejandro Torreguitart Ruiz


Non sono un dissidente! Voglio che si sappia in giro, mamma. E mica perché ho paura. No davvero. Non sono un dissidente, perché non ho mai preso un aereo per volare nella vecchia Europa. Mi sento più vicino al vecchio Alarcón che a certa gente, guarda. Ché io c’ho persino paura di volare e mica nel senso di Erica Jong. No, nel senso vero. Brava Yoani che svolazzi in qua e in là come una farfalla. Tu che ci riesci fai bene ad aver le tasche piene e non solo i coglioni, come cantava un italiano un po’ di tempo fa. Lo so che voi cubani non lo conoscete, tu mamma ancora meno, lo so. Non lo dire al babbo, mi raccomando, se no lui pensa d’avere un figlio comunista e si mette in capo idee strane, non lo dire a lui, ma credimi, non sono un dissidente. Non voglio sentirmi confondere con gente simile, ché se il governo non rappresenta il popolo, loro ancor meno, guarda.
L’Unione Europea annuncia un’apertura di relazioni con Cuba e i nostri dissidenti volano a Madrid. Con quali cazzo di soldi, dico io? Vanno a Madrid - novemila chilometri di distanza - per unire le forze di venti associazioni in un progetto comune. Pare di stare in discoteca, quando il disk-jockey grida: dove c’è un cubano che si alzi la mano! In Europa no, dove c’è un cubano, ecco un partito politico. Pare che convenga. Pare che qualcuno finanzi. Non dico chi. Non voglio nemmeno saperlo, ché in fondo m’interessa un cazzo. E allora leggo che i nostri dissidenti da diporto chiedono il riconoscimento della società civile cubana e la liberazione dei prigionieri politici, oltre alla ratifica della Carta dei Diritti Umani. In teoria hanno ragione, nessuno lo nega, se solo esistesse una società civile cubana e se loro rappresentassero davvero qualcuno. Perché questi dissidenti in volata libera (mi pare che escano da Cuba un paio di volte al mese) non sono tutti in galera se nel nostro paese la situazione dei diritti umani è così tragica?
 
 
Siamo tra l’uscio e il muro, cara mamma. Il partito comunista - castrista da una parte, questi dissidenti un tanto al chilo che ragionano col culo e sparano cazzate in convention internazionali dall’altra. C’erano proprio tutti nella Casa de América di Madrid: Yoani Sánchez, Berta Soler (Damas de Blanco), Elizardo Sánchez (Commissione per i Diritti Umani). Mancavano solo Guillermo Fariñas (Unión Patriótica de Cuba) e Manuel Cuesta Morúa (Arco Progresista), ma hanno fatto sapere di pensarla come chi era presente. Peccato, erano tanto dispiaciuti per non aver potuto partecipare a una bella rimpatriata coloniale a base di graspacho andaluso e paella valenciana. Si sono riuniti a Madrid, dicono, perché a Cuba è proibito. Se fossi al vostro posto (ma al vostro posto non ci so stare) la prossima volta mi riunirei in Madagascar, ché magari fa più caldo, è un’isola, sentite meno la nostalgia, mangiate banane fritte, aragosta e avocado.
Parla pure Reinaldo Escobar, dice che non tutta l’opposizione è rappresentata nel documento e che esperimenti simili fatti in passato sono sempre falliti. Forse sarebbe il caso di chiederselo, qualche volta, il triste motivo. Capita, Reinaldo, quando il rimedio è peggiore del male. E allora, in attesa che i nostri dissidenti a piede libero tornino nella patria matrigna - dove nessuno torce loro un capello - io mi dissocio con forza da questo documento del cazzo. Vorrei una Cuba diversa, cara mamma, vorrei una Cuba libera, ma non sono un dissidente. O meglio: non sono come loro!

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