giovedì 10 febbraio 2011

L'arco della sconfitta



Pezzi di cemento, frammenti di strade che non portano da nessuna parte, ponti che non collegano due sponde. Monumenti alla paralisi urbana ubicati lungo l’autostrada nazionale, strutture incompiute che ancora sognano di sentire il peso di camion e motociclette. La gente si accalca sotto quelle strutture incompiute, attendendo un mezzo di trasporto che li porti da qualche parte, approfittano dell’ombra che fanno questi archi della sconfitta, queste enormi strutture che servono soltanto da parasole, ma sono i più cari del mondo. I ponti interrotti del mio paese dalle loro ringhiere che non hanno mai sentito il calore di una mano ci fanno una smorfia, mostrano la lingua e ci ricordano la nostra atrofia urbanistica, il nostro rachitismo stradale.

Ogni volta che passo sotto le loro colonne deteriorare mi chiedo che senso hanno queste strade interrotte prive di auto. Perché esistono questi giganti incompleti che non portano da nessuna parte? Sono stati costruiti quando immaginavamo un’Isola piena di autostrade, dotata di una spina dorsale piena di ramificazioni da ogni parte. Sono passati alcuni decenni e i ponti interrotti sono accessibili solo dall’alto e restano scollegati dalle reti del traffico, ironico alloggio di condor e di lucertole che si riscaldano sui pilastri. Monoliti all’immobilità di un paese, che invece di nuove strade, carreggiate, rotonde e viali, ha visto come si deteriorano i suoi ponti interrotti, che cominciano a screpolarsi senza aver mai sentito il rumore dei pneumatici.

Traduzione di Gordiano Lupi

Nessun commento:

Posta un commento