martedì 7 agosto 2012

Conversazione con Carlos Alberto Montaner




Carlos Alberto Montaner è arrivato in Italia, dove parlerà del suo ultimo romanzo: La moglie del colonnello (Anordest Edizioni), nelle Isole Tremiti, in Puglia. La conversazione tra Gordiano Lupi e Montaner avrà luogo il 10 agosto alle 21 e 30, sull’Isola San Domino, piazzetta Lucio Dalla. Lo scrittore e giornalista cubano - che in questi giorni si trova a Roma - ha risposto in anteprima ad alcune nostre domande.

Quando e come sei uscito da Cuba? È vero che hai svolto attività controrivoluzionaria e che ti hanno condannato a scontare un periodo di detenzione con la falsa accusa di aver tenuto in casa materiale incendiario?

Sono uscito da Cuba nel 1961, oltre mezzo secolo fa. Avevo 18 anni. Sono uscito insieme a centinaia di giovani cubani protetti da diverse ambasciate. Quasi tutti eravamo studenti. Io ero fuggito dal carcere. Stavamo preparando uno sciopero studentesco contro la sovietizzazione di Cuba. Ci mossero la falsa accusa di prepararci a usare la forza, la stessa che Fidel Castro aveva utilizzato per far cadere la dittatura di Batista, ma il nostro piccolo gruppo di studenti non era certo in grado di compiere una simile impresa.


L’organizzazione Rescate Revoluzionario Democratico e il Frente Revolucionario Cubano non godono di buona stampa in Italia. Puoi dirmi le loro reali finalità? E invece l’Union Liberal Cubana?

L’opposizione alla sovietizzazione di Cuba, in quella prima fase, provenne dagli stessi gruppi che lottarono contro Batista e furono traditi da Fidel Castro. La rivoluzione è stata fatta per costruire un paese libero, con elezioni periodiche, restituendo la Costituzione violata da Batista, ma Fidel si impegnò a copiare il modello sovietico e molti dei suoi ex compagni finirono per ribellarsi. La dittatura cubana ha fatto un grande lavoro per confondere l’opinione pubblica. Quelle campagne contro di me, piene di menzogne, sono tipiche delle operazioni di disinformazione messe in atto dalle dittature di stampo sovietico. Erano all’ordine del giorno in URSS e in tutti i paesi del vecchio Blocco dell’Est. Ricorda che il governo cubano è stato preparato dal KGB e dalla Stasi. Contro di me hanno provato di tutto. Spedirono al mio ufficio di Madrid persino una bomba all’interno di un libro intitolato “Una morte molto dolce”. Da poco tempo è stato pubblicato un libro che ha per tema proprio queste operazioni di diffamazione. Si intitola “El otro paredón”.


Nella Spagna di Francisco Franco hai lottato per la democrazia?

Nella Spagna di Franco mi sono unito ai gruppi liberali. Ho scritto molti articoli sul tema. Dopo il passaggio alla democrazia in Spagna, che vissi con grande entusiasmo, cominciai a pensare che qualcosa di simile sarebbe potuto accadere anche a Cuba. Alla fine degli anni Ottanta, quando cominciò la perestroika in URSS, e dopo la caduta del muro di Berlino, insieme a un gruppo di cubani liberali abbiamo creato la Unión Liberal Cubana per cercare di incentivare un cambiamento pacifico a Cuba.

Tieni sempre a Madrid il tuo corso universitario oppure fai soltanto il giornalista?

Quest’anno ho smesso di impartire il mio corso Storia della libertà che tenevo all’Università Francisco de Vitoria. Sono andato negli Stati Uniti per lavorare con la CNN in qualità di commentatore politico. Continuo a scrivere articoli sui giornali.


In Italia alcuni giornalisti di sinistra scrivono che lavori per produrre false informazioni su Cuba e sulle malattie di Fidel Castro, dicono anche che i tuoi articoli sono pieni di odio contro il regime cubano, che tuo padre era un generale di Batista... A me non sembra di trovare nelle tue note politiche odio e livore, ma soltanto molto equilibrio. Puoi smentire queste voci diffamatorie sul tuo lavoro di giornalista?

Mio padre era giornalista, era amico di Fidel Castro, che veniva spesso in visita a casa mia, mio zio Pepe Jesús Ginjaume Montaner era il leader di Fidel Castro in un’organizzazione chiamata Unión Insurreccional Revolucionaria (UIR) alla fine degli ani Quaranta. Non so da dove tirino fuori certe menzogne. Per quel che riguarda le mie critiche a quel sistema, come si deve giudicare una dittatura ostinatamente stalinista, controllata dalla stessa famiglia da oltre mezzo secolo?


La moglie del colonnello è un romanzo d’amore - meglio… un thriller d’amore - che giunge dopo tanti saggi. Credi che si possano raccontare più cose e parlare meglio dei problemi politici scrivendo fiction?

La cosa davvero importante ne “La moglie del colonnello” è il problema umano, non il politico. È proprio come lo definisci, un thriller d’amore a tinte erotiche, sull’adulterio e sui valori machisti che imperano a Cuba.


Il machismo in America Latina - e soprattutto a Cuba - continua a essere un problema?

Continua a essere un problema molto grave. Il governo cubano ha fatto cose che nessuna dittatura ha osato compiere in America Latina. Il castrismo ha rinchiuso gli omosessuali nei campi di lavoro forzato negli anni Sessanta e negli Ottanta li ha obbligati a emigrare dal paese - sotto la minaccia delle armi - durante l’esodo del Mariel. Cuba è il solo governo che spia le donne dei leader e se le scopre in flagrante adulterio lo comunica al marito perché divorzi dalla peccatrice o rinunci al Partito. Il comunismo cubano è un mix di stalinismo e di inquisizione religiosa.

Nuria c’è moi, come per Flaubert? La protagonista del libro ha qualcosa di tuo?

Tutti i personaggi hanno qualcosa di mio, anche se in maniera indiretta, come accade con i personaggi di ogni romanzo. I personaggi vengono fuori dalle esperienze dirette o indirette dei loro autori.


Gordiano Lupi

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