mercoledì 1 agosto 2012

In Puglia con Amir Valle


di Giovanni Agnoloni

Rientro da una di quelle trasferte di lavoro che sono dei viaggi nel senso più ricco della parola. In Puglia, invitato insieme allo scrittore cubano Amir Valle a presentare Non lasciar mai che ti vedano piangere, suo romanzo da me tradotto, edito da Anordest per la collana “Célebres Inéditos”.
La serata, svoltasi a Castellaneta (TA), rientrava nel programma di “Spiagge d'Autore”, manifestazione pregevolmente organizzata dalla Regione Puglia, in collaborazione con l’Agenzia PugliaPromozione, la Confcommercio Puglia e il Teatro Pubblico Pugliese.
Non lasciar mai che ti vedano piangere è un romanzo potente, di grande impatto sul piano letterario, umano e storico. L'ho voluto sottolineare fin da subito, nell'ex-Convento delle Clarisse, una piccola e bellissima chiesa sconsacrata nel centro dell'affascinante cittadina; subito dopo l'introduzione del moderatore Fabio Salvatore. Sì, perché è vero che la presenza di Charlie Chaplin imbeve di sé un'opera che ha nelle memorie cinematografiche un motore fondamentale – fatto significativo, visto che presentavamo il libro nel paese natale di Rodolfo Valentino, il mito per eccellenza del cinema muto, laddove Chaplin ha segnato proprio la transizione al sonoro.
Tuttavia, il romanzo è notevole anche da tanti altri punti di vista. Non soltanto perché, per la prima volta, accosta la figura di Chaplin e quella di “Che” Guevara, evocando – in uno dei suoi filoni narrativi – il progettato rapimento, da parte del giovane Ernesto, del “padre” di Charlot e di Marilyn Monroe e Joe DiMaggio, nel 1952. E neanche solo perché – seguendo lo spunto dato a Valle dallo scrittore paraguayano Augusto Roa Bastos – unisce a questo elemento la vicenda (altrettanto fondata su risultanze documentali) del piano di sequestro di Chaplin da parte di Hitler, nel 1942, dopo aver visto Il grande dittatore. C'è anche un altro motivo, ancor più lacerante. Queste due storie, infatti, associate a quella del trafugamento del cadavere dell'attore nel 1978 in Svizzera, s'intrecciano con la drammatica esperienza di vita di Anika, nome fittizio di una donna reale, che oggi vive sotto falsa identità negli Stati Uniti, ma che, dopo una giovanissima età vissuta in gran parte da orfana, ha trascorso un'adolescenza di violenze indicibili: prima da parte dello zio a cui era stata affidata, poi, finita in riformatorio per averlo ucciso perché la violava e la faceva prostituire, da parte del gruppo di ragazzi neonazisti del cui leader, Ernan, si era innamorata; salvo poi uscirne, sia pur a un prezzo terribile, salvata dai ricordi d'infinita dolcezza dei film di Chaplin che vedeva da piccola.
Alle spalle, una trama di inquietanti presenze di estrema destra; una rete di entità occulte realmente esistente in Europa e facente capo alla figlia di “cotanto” padre Gudrun Himmler.

È questa la vicenda che fa da collante tra tutti i temi eccellentemente intrecciati in questo libro, e che ci ficca nello stomaco una botta di viscerale sofferenza, sia pur sublimata da uno stile profondamente armonioso.
Tutte queste valenze, unite alla storia personale dell'autore – esule a Berlino perché anticastrista, e che per più di un anno è stato, per questo motivo, impossibilitato a vedere il figlio più piccolo, e da sei non vede i genitori – e alla sua profonda fede cristiana, sono emerse nel suo dialogo con Fabio Salvatore (cui ho partecipato in veste di interprete, a volte cedendo alla tentazione di aggiungere qualche dettaglio, memore delle sensazioni lasciatemi dal romanzo) e, nella parte finale, con l'attrice Sarah Maestri, autrice de La bambina dei fiori di carta (Aliberti Editore).
Memorabile cornice dell'appuntamento, i panorami lunari della gravina di Castellaneta e i vicoli di Bari Vecchia, tra il Castello, la Cattedrale, la Basilica e il porto, dalle tinte assolate così vicine ai colori dell'Avana Vecchia, come Amir Valle mi ha confessato.
Una tre-giorni in cui ho potuto sentire il retrogusto di una e forse di tante vite. Com'è vero anche per Non lasciar mai che ti vedano piangere. Per questo è importante leggere il romanzo. Perché è imbevuto anche del dolore di cui non parla.

Nessun commento:

Posta un commento