di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony
Dodici mesi e siamo ancora una volta qui. Giorni per
valutare le cose fatte e per rimandare al nuovo anno tutto quel che non siamo
riusciti a compiere. Che cosa è cambiato a Cuba - e in ognuno di noi - da quel
dicembre del 2012 in
cui tracciavamo identico bilancio? Poco e molto. Nel mio piccolo spazio
personale, mi sembra che tutto si sia mosso a un ritmo insolito, anche se per la
vita di una nazione è soltanto un semplice fremito, di una leggera scossa. Gennaio
è cominciato con la Riforma Migratoria e nei mesi successivi in molte occasioni
abbiamo pronunciato la parola addio. Certo,
non avevamo più quella vecchia sensazione di non ritorno, di uscita definitiva
e di esilio per la vita, ma lasciavamo comunque il paese a una velocità
preoccupante, restando soltanto nomi sull’agenda telefonica. La nostra
condizione di “isola in fuga” si è accresciuta, anche se compresa in un ambito
legale che la consente e la definisce.
Le differenze sociali sono diventate sempre più aspre.
Il numero dei mendicanti e delle persone che frugano nella spazzatura è
cresciuto. Malgrado ciò, molte auto moderne hanno cominciato a circolare per le
nostre deteriorate strade e più di un nuovo
ricco ha trascorso le vacanze sull’altra sponda dell’Atlantico. Questo 2013
sarà ricordato per le testimonianze diverse ed estreme che si sentono in giro. Aneddoti
di famiglie che hanno aperto ristoranti di lusso nel cuore dell’Avana e di
altre che non bevono più caffè perché non possono pagare il prezzo di mercato. Persone
che attendono fuori da una boutique per
comprare un paio di scarpe da tennis Adidas e gente che staziona fuori da una
sala da pranzo, in attesa degli avanzi. Viviamo tempi di grandi contrasti,
giorni di foto stonate scattate nel laboratorio della vita. Nel corso dell’anno
che sta per finire, inoltre, il discorso ideologico si è dissociato ancor più
dalla realtà.
La repressione, da parte sua, è aumentata. Nella
stessa misura in cui la società civile è cresciuta e ha cominciato a guadagnare
determinati spazi. La battaglia per il monopolio informativo, in questo 2013,
l’ha persa il governo e l’hanno vinta le reti clandestine di audiovisivi,
notizie e libri digitali. Abbiamo potuto renderci conto meglio di quel che
accadeva, ma da lì a poter convocare riunioni e assemblee la strada è ancora
lunga. La vita è diventata più cara per tutti, i privilegi e i vantaggi si sono
concentrati in un’elite situata molto in alto, la lotta contro la corruzione ha
colpito alcuni, ma molti l’hanno fatta franca. Le rimesse giunte dall’estero
insieme al sussidio venezuelano, hanno evitato il collasso, ma i numeri rossi mettono
in evidenza il fallimento delle riforme economiche. Di sicuro non sono servite
a offrire ai cubani una vita migliore, un valido motivo per non abbandonare questo
paese.
Il mondo ci ha impartito alcune lezioni: ricordo le
immagini di Kiev dove molti hanno perso la paura. La figura di Fidel Castro si
è fatta sempre più sbiadita, in quella lunga morte in vita che dura da sette
anni. E la libertà? Vediamo se ce la faremo a ottenerla nel 2014.
Traduzione
di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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