di Yoani Sanchez - da Generacion Y
L’uomo con il vestito liso, cappello a bombetta e scarpe enormi portava anche un vetro sulle spalle. Il suo compare, un bambino di appena cinque anni, rompeva a colpi di pietre le vetrine dei negozi e le finestre delle case affinché il vetraio potesse offrire i suoi servizi ai disperati clienti. Insieme erano un vero e proprio duo della sopravvivenza, un gruppo di lavoro emergente che riusciva appena a mantenere acceso il fuoco in casa. La storia descritta nel film “Il Monello” (1921) di Charles Chaplin è tornata a scorrere di fronte ai miei occhi mentre leggevo la lista delle attività private pubblicata dal quotidiano Granma. L’elenco dei lavori privati sembra un repertorio di miseria e dipendenza e pare più consono a un villaggio feudale che a un paese in pieno secolo XXI.
Letto da cima a fondo - contenendo il disgusto - salta agli occhi come siano poche le occupazioni vincolate direttamente alla produzione. Gli imprenditori non potranno contare su un mercato all’ingrosso dove rifornirsi di materie prime, mentre è stata soltanto annunciata la possibilità di accedere a crediti bancari, ma nessuno ha fatto cenno al tasso d’interesse. Non si parla neppure della possibilità per i lavoratori privati di importare mercanzie direttamente dai mercati oltre frontiera, perché questa attività continua a essere monopolio assoluto dello Stato. Tra le oltre 178 attività consentite, molte venivano già svolte senza licenza e il fatto di essere state incluse nell’elenco comporta la sola novità che i privati saranno obbligati a pagare le imposte. Per questo motivo c’è molto scetticismo sul fatto che queste “liberalizzazioni” dell’inventiva privata contribuiranno a risolvere i gravi problemi della nostra economia.
Questa lentezza nell’applicare i cambiamenti necessari farà sì che i cittadini continueranno a ingrossare le lunghe code di fronte ai consolati per andarsene dal paese oppure si getteranno a capofitto nella illegalità e si dedicheranno alla sottrazione delle risorse. Se le nostre autorità credono che le trasformazioni dispensate con il contagocce eviteranno che il sistema sfugga loro di mano mentre tentano di modernizzarlo, non danno il giusto peso alla sensazione di urgenza che percorre l’Isola. Tanta tiepidità nel promuovere improrogabili aperture rende fragile la situazione sociale e nessuno può prevedere come reagiranno i frustrati “monelli”, sfavoriti dai licenziamenti in massa e dalla mancanza di aspettative. Speriamo che non finiscano per distruggere le vetrine!
Traduzione di Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi
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