giovedì 9 settembre 2010

Il modello cubano

Grande notizia sul Granma di oggi e pure sugli schermi di Cubavision dove Randy Alonso sta organizzando una Tavola Rotonda straordinaria. Mio padre è preoccupato, mia madre guarda la pentola sul fuco in attesa di un pugno di riso e pochi fagioli, i vecchi spioni del CDR fremono, gli opportunisti pure, ché devono ancora decidere da quale parte stare. Veniamo ai fatti, però, se no finisce che divago e faccio letteratura, quella meglio lasciarla a Cabrera Infante, io sono soltanto Alejandro Torreguitart, scrittore senza un chavito in tasca.
Jeffrey Goldberg e Fidel Castro hanno fatto una bella chiacchierata nella cornice romantica dell’Acquario Nazionale, scena che fa venire a mente un film di Humberto Solás, dove un uomo e una donna si scambiano parole d’amore mentre i delfini danzano. Questo è un altro film, però, di fronte ci sono uomini veri, machos duri e puri, pure se adesso conta poco, Fidel ha fatto autocritica su tutto, persino sui froci.
La bomba del giorno non sono i gay, a quel problema ci pensa Mariela e poi mica sono un problema, anzi, non lo sono mai stato, a parte qualche anno di lavori forzati e diversi suicidi in galera. Il vecchio errore sulle personcine stravaganti che si radunavano alla Rampa è roba del passato, Fidel ha detto che non ha mai avuto pregiudizi, ma era molto occupato a salvare la sua terra, era in piena guerra fredda e non poteva pensare ai froci, non era roba per lui.
Fidel sforna una retromarcia al giorno, da un po’ di tempo a questa parte, pare intenzionato a vincere il Nobel per la Pace con pose da vecchio santone, da Nelson Mandela dei tropici, pure se tra lui e Mandela ci corre quanto tra me e Lima, non so se afferrate il paragone. Il modello cubano non va più bene per l’isola, confida alla rivista statunitense The Atlantic e Jeffrey Goldberg allibito scrive che il vecchio leone non rinnega il passato ma attualizza le cose al mondo che cambia. Pure io resto di sasso, mica perché non sia d’accordo con il Coma andante - per dirla alla Zoé Valdés -, ma perché sono esterrefatto che se ne sia accorto pure lui, vecchio elefante del passato, economista in capo, esperto massimo delle nostre disfatte. Non è più tempo di fare i comunisti, dice Fidel. Forse non lo è mai stato, ma di sicuro non conviene dalla caduta del muro di Berlino, dalla scomparsa della Russia e del blocco sovietico. Tutte cose successe diversi anni fa, mi pare, e in mezzo c’è stato un periodo speciale che ci siamo mangiati cotolette di gatto e bistecche di condor.
Adesso attendiamo le mosse di Speedy Gonzales, visto il via libera del vecchio Fidel, vero capo di Cuba nonostante gli acciacchi, unica guida riconosciuta che santifica gli ebrei, riconosce l’Olocausto e bacchetta Ahmadineyad. I vecchi comunisti ideologici sono avvisati, ché a Cuba non è più tempo di comunismo, adesso ci apriamo al mercato e vediamo come va a finire.
Mio padre sfoglia il Granma del mattino, comprato dal vecchietto all’angolo per pochi centesimi, scuote la testa e mormora sconfortato che non ci capisce più niente. Non sei il solo papà, non sei il solo. Consolati comunque. Almeno tu non devi governare.


Alejandro Torreguitart Ruiz
L’Avana, 9 settembre 2010-09-09

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

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