da Libero del 25 luglio 2012
Il pezzo integrale:
Sono giorni convulsi a Cuba, tra epidemia di colera, dengue che si diffonde e gravi notizie internazionali tenute segrete dal regime. Yoani Sánchez - insieme agli altri coraggiosi blogger - è in prima linea per informare, ma oggi è il giorno del dolore. Si piange la morte di un dissidente storico come Oswaldo Payá, un lungo corteo funebre si snoda lungo la calzada del Cerro, in direzione del Cementerio Colón.
Si è trattato solo di un tragico incidente automobilistico?
Non è il momento di fare supposizioni. Angel Carromero Barrios (lo spagnolo del Partido popular, nda) e lo svedese Jens Aron Modig, che viaggiavano insieme a Payá, potranno chiarire la dinamica dei fatti. Per adesso piangiamo il nostro Ghandi, un padre esemplare, un laico di grande statura morale. Cuba dovrà fare a meno di un uomo importante, un politico imprescindibile, fondatore del Movimento Cristiano di liberazione, ideatore del Progetto Varela, Premio Sacharov per i diritti umani nel 2002. Mi spiace che il notiziario ufficiale della televisione cubana non abbia dato la notizia della sua morte, ma d’altra parte il regime si è sempre impegnato a occultare il lavoro di Payá per una Cuba libera e democratica.
Approfittiamo di Yoani per fare alcune valutazioni sul futuro di Cuba. Raúl e Obama sono i leader del presente. Possono cambiare in senso democratico la realtà cubana?
Obama è un leader del presente, ma Raúl Castro rappresenta il passato. Si tratta di un uomo che ha ereditato il potere per diritto di sangue e sta tentando di mantenerlo senza compiere cambiamenti significativi. Mi rattrista che molti cubani ripongano le loro speranze nel presidente nordamericano, nella influenza che la sua gestione possa avere a Cuba. Questo significa che i miei concittadini si rendono conto che dall’interno non è possibile cambiare niente. Purtroppo la società civile cubana è troppo frammentata e censurata per poter abbattere il muro.
Come ti piacerebbe il futuro di Cuba? Hai un’idea politica?
Vorrei che un giorno potesse accogliere tutti i cubani, senza segregazioni di carattere politico o ideologico. Mi piacerebbe vivere in una Cuba pluralista e tollerante, dove i miei nipoti non vengano definiti “vermi” solo per il fatto di esprimere opinioni critiche. Bada bene, questo agognato paese non è dietro l’angolo, dovremo lavorare molto per ottenerlo. Il disastro economico, l’apatia generalizzata, l’emigrazione costante e la sfiducia che esiste in ogni membro di questa società, sono difficili da superare. Ci attendono anni duri, per uscirne fuori dovremo tornare a sentire che l’Isola ci appartiene e che non è un feudo di poche persone chiamate a decidere tutto per noi. Io cercherò di svolgere il mio ruolo dalla società civile, non da una tribuna.
A Cuba esiste un movimento di opinione per il cambiamento?
Mi piacerebbe pensare di sì, ma ancora la gente sta molto attenta a dire in pubblico ciò che pensa sulla situazione politica, economica e sociale. Nell’intimità delle case e tra amici, si ascoltano voci di cambiamento, desideri che lo status quo in cui viviamo lasci il posto a una società partecipativa. A Cuba il risveglio della società civile procede lentamente ma negli ultimi anni ha fatto considerevoli passi in avanti. L’assenza di Fidel Castro ha significato la fine di un’ipnosi collettiva realizzata dalla sua figura. Dal giorno in cui codesto grande ipnotizzatore non ha più potuto prendere il microfono e fare un discorso di tre ore, la gente ha cominciato lentamente a risvegliarsi e a parlare.
Cosa credi che succederà il giorno che morirà Fidel Castro?
Se mi avessero fatto questa domanda alcuni anni fa, avrei detto che sarebbe cambiato tutto. Malgrado ciò, nel tempo trascorso da quel 31 luglio 2006 - quando è stata annunciata la malattia di Fidel Castro - fino a oggi, il governo cubano si è dato da fare per preparare i cittadini alla notizia della sua morte. Abbiamo visto spegnersi la figura dell’“invincibile” Comandante in capo, come in uno di quei film dove il protagonista si allontana per un lungo cammino fino a perdersi dalla nostra vista. Nonostante tutto, alla scomparsa del simbolo che rappresenta la sua persona, moti cubani penseranno che è terminata un’intera epoca. Alcuni si sentiranno alleviati e forse le vendite di rum andranno alle stelle, mentre altri piangeranno in pubblico e davanti alle telecamere. Finalmente entrerà a far parte del nostro passato. Un giorno, quando i miei nipoti mi sentiranno parlare di Fidel Castro, non sapranno se era un politico, una stella della musica tradizionale o un giocatore di baseball. Quel giorno, sentirò che finalmente avremo superato il suo enorme peso verde olivo sulle nostre vite.
Gordiano Lupi
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