lunedì 23 giugno 2014

Il miglior periodico del mondo




Ora io mica sono invidioso. No davvero. Voi magari non ci crederete ma io non sono invidioso per niente. Io se leggo uno scrittore bravo lo consiglio a tutti e darei la mano destra per avvicinarmi al suo stile. Tu prendi Leonardo Padura Fuentes e L’uomo che amava i cani, oppure Il romanzo della mia vita. Echeccazzo. Hai voglia a dire li scrivevo pure io. No che non li scrivevo, ché io sapevo un cazzo di Trovsky e di Heredia, se ho imparato qualcosa lo devo al vecchio Padura, barba nera come il peccato, sigaro tra i denti, una spruzzatina di bianco tra i peli. Non lo posso invidiare. Soltanto ammirare. Rendermi conto che tra me e la letteratura passa identica differenza che tra Padura Fuentes e Yoani Sánchez, la scrittrice più sintetica della storia, la giornalista più superficiale dell’emisfero australe. L’uomo che amava i cani mi pare che siano 650 pagine di letteratura, cenni di storia dell’Unione Sovietica, pieno zeppo di riferimenti allo stalinismo e all’attentato a Trovsky, un ponderoso romanzo che racconta tutti i problemi del nostro quotidiano. Il romanzo della Rivoluzione cubana, quel famoso libro che tutti i nostri narratori vorrebbero scrivere, ma nessuno ci riesce, vergato per metafore, parlando a nuora perché suocera intenda. Yoani Sánchez, invece, va avanti per luoghi comuni e incassa lodi (pure soldi, ché come diceva Manolito a Mafalda i soldi non sono tutto, ci sono anche gli assegni). Oggi, per esempio parla di marijuana per dire che a Cuba si fumano spinelli come in ogni altra parte del mondo, ma lei vorrebbe vivere in un paese dove si può discutere sulla depenalizzazione invece che in un posto dove si nega l’esistenza del problema. 14ymedio sarà anche il periodico più bello del mondo, il miglior giornale di Cuba, ma a mio parere è una lettura del cazzo che rifrigge cose già dette, forse avrebbe bisogno di qualche giornalista vero. In prima pagina pubblicano la grande notizia del primo cartone animato cubano in 3D, quel Meñique tratto dal racconto di José Martí, di cui da mesi altri diari telematici hanno dato notizia. Informazioni di terza mano, articoli che puzzano come il pesce marcio, persino una pseudo giornalista spedita a Varadero tutto compreso per firmare il reportage più idiota della storia. Ecco, il fatto che Vargas Llosa ritenga questo periodico degno del suo sostegno, invece, mi fa parecchio incazzare, ché questo è il Palante del giornalismo, una presa per il culo in gigabyte, un incredibile circo di puttanate dove si fa a gara a chi la spara più grossa e a chi racconta il fatto più risaputo. Già ve l’ho già detto, non sono invidioso, ma a questo punto lo apro anch’io un periodico, comincio a dire che me lo sequestrano, che mi boicottano, che al governo gli fa tanta paura tutto quel che scrivo, poi comincio, racconto del Mondiale di calcio, dico che pure a Cuba lo guardano, riferisco che a Varadero si mangia a crepapelle, invece a Luyanó si fa la fame, parlo di droga un tanto al chilo, senza documentarmi, tanto che cazzo serve, faccio narrativa, letteratura, fiction, mica giornalismo… Poi mi metto a vedere l’effetto che fa, aspetto i premi, vado un po’ in giro per il mondo, faccio la vittima che paga sempre, dico che mi perseguitano, prima di tornare a casa tiro badilate di merda sulla Rivoluzione, magari lo faccio da New York in diretta mondiale, a cena da Obama, ché tanto m’invita, sono più che certo. Va bene, via, le nostre cazzate le abbiamo dette, per oggi, tanto io scrivo un blog, ho la patente di sparaballe a piede libero, dico quel che mi pare e rispondo solo a me stesso. Non faccio neppure letteratura, non sono Cabrera Infante né Padura Fuentes. Sono soltanto Alejandro Torreguitart, scrittore di poco conto, non m’invita nessuno a dire quel che penso, pure quel fesso che mi traduce, il camaján marito di mia cugina, dice che non c’ha il becco d’un quattrino. Cazzo, rispondo, lavoravi per Yoani e non hai soldi per invitarmi in Italia? Tutti i fessi li incontro io, guarda. Andiamo avanti così. Facciamoci del male.

Alejandro Torreguitart Ruiz
L’Avana, 23 giugno 2014
Traduzione di Gordiano Lupi

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