di Alejandro Torreguitart Ruiz
http://www.infol.it/lupi/alejandro.htm
Il vecchio non ci sta più con la testa,
ormai è risaputo, è talmente rimbambito che passa le giornate coltivando moringa
e guardando partite di calcio in televisione. Proprio lui che da ragazzo
vedeva solo basket e baseball e che avrebbe potuto diventare un lanciatore
professionista accettando di trasferirsi negli Stati Uniti. Proprio
lui che il calcio manco sapeva che si giocava con i piedi, una volta lo
invitarono a dare il via a una partita esibizione della nazionale, lui
tirò di punta e per poco non fora il pallone. Ma ora che è soltanto un
vecchietto da ospizio, innocuo relitto della storia, si diletta a guardare
l'amico Maradona che conduce il programma De Zurda sul
canale televisivo Telesur. Non si limita a guardare, scrive pure lettere di
felicitazioni, come un piccolo fan che rincorre l'attrice preferita, augura un
buon mondiale alla nazionale argentina e al suo gioiello Leonel Messi. Il
vecchio dice di raggiungere l'estasi mentre guarda il
campionato mondiale di calcio grazie al programma del suo indimenticabile
amico, annega ogni dolore nella spettacolare bellezza di uno sport che ha
imparato ad amare. Messi è la nuova gloria del popolo argentino, quasi meglio
di Che Guevara, ormai passato di moda, come la coerenza, come il comunismo,
come l'uomo nuovo, come una società giusta composta da cittadini uguali,
come un luogo ideale dove non si vive per avere. Siamo nel 2014,
adesso abbiamo Maradona e Messi, mica Cienfuegos e José Martì... ogni
epoca ha i suoi miti, in fondo. E poi Diego Armando è stato
molto importante nel sostenere Hugo Chavez, promotore dello sport e
della rivoluzione latinoamericana. Fidel ricorda i bei tempi, quando
era campione di basket al liceo e correva da una base all'altra sui
campi di baseball, rammenta di aver dedicato un sacco di tempo all'attività
sportiva, un po' come Ernesto che c'aveva l'asma ma giocava a rugby come un
leone. Peccato che poi si innamorò della politica mettendosi a
girare armato per le strade d'una capitale frequentata da politici e gangster,
non necessariamente personalità distinte. Altri tempi. Altri
eroismi. Adesso il vecchio ricorda Maradona e una grande amicizia nata
all'ombra del trionfo delle idee più giuste dei nostri popoli che nessuno
ha mai potuto schiacciare, perdendosi in considerazioni frutto
di un'overdose di medicine contro la demenza senile. Svegliate il
vecchio, per favore. Ditegli che le nostre idee non hanno mai trionfato.
Neppure quelle degli altri, certo. Ma non è una consolazione. Capitalismo
e comunismo pari sono: due modelli perdenti, due modi diversi per soggiogare i
popoli. Maradona conclude alla grande, ci mette del suo, da personaggio
sportivo che in vita sua ha compiuto due imprese epocali: dare calci a un
pallone ed evadere il fisco. "Non può esserci soddisfazione migliore.
Il più grande uomo di tutti i tempi ha scritto a De Zurda",
dice. Certo, pibe de oro ormai gordo de plata, poteva
andarti peggio, poteva scriverti Speedy Gonzales, oppure l'autista di autobus
venezuelano che fa riti magici per evocare lo spirito di Chavez. Certo,
poteva scriverti un dissidente cubano sputtanato - uno a caso, tanto cogli
sempre nel segno - per chiedere comprensione dopo la sua fuga
dai tropici. T'ha scritto Fidel, invece, rincoglionito e stanco, appassito
ricordo d'una rivoluzione, emblema vivente di quel che siamo diventati. Un uomo
al tramonto che porterà via con sé tutte le idee del
passato, la sua triste agonia è la morte lenta della nostra
rivoluzione, il lento incedere della realtà che sovrasta le
illusioni. Se un tempo c'era il sogno d'una cosa adesso
resta solo il niente che ci circonda, mentre un triste leader
sopravvissuto scrive lettere d'amore a Maradona...
Traduzione di Gordiano Lupi
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