di Alejandro Torreguitart Ruiz
http://www.infol.it/lupi/alejandro.htm
Oggi parliamo de El Sexto, l’imbrattamuri più noto
dell’Avana, pure lui un perseguitato, chiaro, ché il governo cubano ha una fifa
boia degli idioti che vagano per la città armati di pennello e vernice per
scrivere cazzate sui muri. A parte il fatto che El Sexto quelle cazzate le
chiama arte, graffiti, roba tipo viva la
topa, abbasso gli Industriales, Yanisledi è una gran fica, cose che io le
scrivevo da ragazzetto, mi pare, quando frequentavo la scuola secondaria. Ecco,
la sua opera più importante è una firma vergata su un cartello stradale, ma pare
che abbia persino eluso la sorveglianza dei custodi del museo della rivoluzione
per imprimere un graffiti sulla facciata. Il museo della rivoluzione è una
delle cose più ridicole dell’Avana, ci trovi roba tipo il preservativo usato da
Fidel Castro Sierra e le mutande merdose del Che, ma sentir dire dalla bocca di
questo pazzo scatenato che lui voleva proprio esserci in quel museo e che adesso
ce l’ha fatta, ora è contento, è una cosa troppo divertente, una boiata
galattica da incorniciare.
La cosa più ganza, però, El Sexto la dice quando si
dichiara vittima del regime, un perseguitato, proprio lui che l’hanno arrestato
un paio di volte - mai stato in galera, soltanto fermato - ché l’avevano
beccato in flagrante a sporcare i muri della capitale di vernice rossa. Sono un artista, dice. Mi perseguitano, conclude. Sulla prima
affermazione avrei parecchio da ridire, ché se tu sei un’artista mio padre
quando imbianca casa ti dà dei punti, sulla seconda, invece, se permetti rido,
di meglio non so fare. Sei così tanto perseguitato che t’hanno mandato in
viaggio premio a Miami, poi sei andato a studiare in Europa, destinazione
Olanda, dalle parti dell’Aia. Volevi perfezionare l’arte del graffiti? E i
soldi per i viaggi chi te li ha dati? Domande che si dovrebbero fare a un
perseguitato politico, libero di uscire da Cuba e di tornare, oltre al fatto
che scarabocchia sui muri ma nessuno lo mette dentro. Strana dittatura la
nostra.
Ecco, già che ci sono vi voglio parlare anche di Leonardo Padura
Fuentes, ché io sono laureato in lettere, non voglio fare il tuttologo, questa cosa
c’è già chi la fa bene, a me non riesce, ma di quel che ho studiato posso
parlare. Insomma, dicevo che Padura Fuentes è uno scrittore talmente bravo che
al confronto mi sento l’Indio Naborí in versione semplificata per studenti
autistici. Padura Fuentes scrive cose pesanti come macigni, controcorrente, ma
guarda caso non dice mai d’essere un perseguitato. Padura Fuentes è arte, mica
gli sgorbi di questo barbone, intervistato in pompa magna da Yoani Sánchez per 14ymedio, il periodico che arriva dove
vuole e quando vuole, difensore degli oppressi e delle vittime di turno, ché
sporcare i muri della città è un diritto costituzionalmente garantito in tutto
il mondo, mi pare. Padura Fuentes ne Il
romanzo della mia vita parla di Heredia, il poeta esiliato, e ha il
coraggio di dire che le parole d’un poeta fanno male al tiranno, i suoi versi feriscono
più della spada.
Padura Fuentes ne L’uomo
che amava i cani rincara la dose,
ché racconta le atrocità di Stalin e degli stalinisti, narra la vita dell’uomo incaricato
di uccidere Trotskij, mette a nudo il patto tra Unione Sovietica e Hitler e
tutte le contraddizioni del comunismo. Infine mette il dito sulla piaga di Cuba,
si permette di dire che abbiamo sbagliato tutto, che forse non siamo stati
guidati da veri comunisti ma da persone assetate di potere, gente che ha
seguito un’ideologia sbagliata. Aggiunge che vorrebbe vivere in un mondo dove
sia possibile criticare e discutere democraticamente su quel che dobbiamo
cambiare. Ecco, mi pare che siano queste le cose importanti da dire, mica gli
sgorbi de El Sexto e le interviste compiacenti di Yoani Sánchez, giramondo
senza foglio di via, turista della democrazia, paladina delle cause perse,
basta che siano finanziate in moneta convertibile. Ecco, pure io mi sa che sono
comunista. Sì, ma comunista come Leonardo Padura Fuentes. Comunista come mio
padre. Mi sa che sono comunista davvero, ché il comunismo come dico io non c’è
mai stato. Abbiamo i dissidenti peggiori dell’emisfero australe, ci tocca rivalutare
anche i peggiori funzionari del Partito Comunista. Un barbone che si crede
artista come El Sexto ti fa venire voglia di far risorgere Stalin. Lui gli
avrebbe fatto passare la voglia di scarabocchiare sui muri…
Traduzione
di Gordiano Lupi
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