Fidel Castro - Biografia non autorizzata
Scritto da Salvo Zappulla
Martedì 08 Novembre 2011 20:02
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Seguo da qualche tempo l’incessante impegno giornalistico e umano di Gordiano Lupi a favore del popolo cubano. Quando un uomo decide di intestarsi una causa a favore degli ultimi, degli oppressi, riscuote sempre la mia ammirazione. E Gordiano è un uomo che non ha peli sulla lingua, quel che deve dire, lo dice. O lo scrive, anche se questo rischia di attirargli qualche guaio. E di questi tempi grami, dove i più preferiscono asservirsi al potere o nel migliore dei casi starsene zitti, persone come lui costituiscono una risorsa per la società. Un giornalista, o uno scrittore, utilizza la penna per sensibilizzare le coscienze, non imbraccia il mitra, non guida le rivolte, ma anche la penna può rivelarsi estremamente efficace quando riesce a dare voce a quanti sono censurati da regimi totalitari che non ammettono il dissenso. Mi riferisco agli articoli di Yoani Sánchez che Gordiano traduce in Italia. Nell'aprile 2007, è stato pubblicato anche un libro presso Rizzoli, una raccolta di post del blog di Yoani, dal titolo Cuba Libre - vivere e scrivere all'Avana, curata e tradotta sempre da Gordiano Lupi. Ho trovato questa biografia su Fidel Castro estremamente equilibrata, quasi il giornalista avesse voluto fare uno sforzo per mantenersi in una sorta di baricentro ideale, evitando che il testo venisse influenzato più di tanto dalla sua opinione (immagino pessima) del dittatore cubano. Perché di questo a mio parere si tratta: di un dittatore alla pari degli altri, i vari Gheddafi, Mubarak ecc. Non esistono ideologie che tengano quando si impone il potere con la forza, si eliminano i dissidenti, si reprimono i tentativi di riforme, si tiene con la coercizione un popolo sotto il proprio dominio. Anche perché mantenere uno Stato di polizia, una forza così imponente di uomini affinché siano in grado di tenere sotto controllo e assoggettare con le armi il rimanente della popolazione, comporta oneri elevatissimi in un’economia già disastrata, in parte a causa dall’embargo imposto dagli americani. A meno che non si abbia il petrolio, ma non è il caso di Cuba. Il ritratto che ne viene fuori di Fidel Castro da questa biografia è quello di un uomo erudito e colto, brillante oratore (o forse meglio dire incantatore di serpenti) fondamentalmente onesto, ancorato nelle sue convinzioni. Un uomo però che predica comunismo e uguaglianza, raziona gli alimenti al suo popolo ma all’interno del proprio bunker non si fa mancare nulla, banchetta con aragoste e caviale, e si fa arrivare dall’Italia i migliori vini. Un uomo cristallizzato nella conservazione di se stesso, determinato a perpetrare il suo potere all’infinito, sordo ai richiami di un mondo che corre a velocità supersonica, mentre a Cuba si coltiva ancora la terra con l’aratro trainato dai buoi. Ha smussato il razzismo, ha favorito l’alfabetizzazione, ha costruito ospedali ma a che serve tutto questo quando un popolo viene privato del suo diritto fondamentale: la libertà. Gli intellettuali fuggono da Cuba, o preferiscono tacere. O compiacerlo. Gabriel García Marquez definisce Fidel Castro "un buon dittatore". Lapidario il giudizio di Gordiano Lupi: "Non esistono buoni dittatori, solo dittatori". Da un premio Nobel per la letteratura ci si aspetterebbe una maggior presa di coscienza. Un libro da leggere con grande interesse perché ci rivela aspetti inediti o sconosciuti alla gran parte dei lettori, di un uomo in grado di costruire una leggenda attorno al suo nome, un uomo nel bene e nel male destinato a passare alla storia.
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