sabato 16 aprile 2011

Twittear intorno al Congresso del PCC



Twittear è la sola cosa che mi resta da fare, visto che al Congresso non sono invitata, non posso partecipare a questa nuova tappa sul lungo cammino delle frustrazioni civiche. Spero di sbagliarmi ma credo proprio che finirà così, una nuova delusione, un nuovo motivo per recriminare e la vita va avanti come prima. Vorrei credere che qualcosa possa cominciare a cambiare sin dalla prossima settimana, ma sospetto che non sarà così. Il medico dovrebbe curare un paziente gravemente ammalato: la Nazione Cubana, bisognosa di riforme urgenti e importanti. Ma il medico non è adeguato, crede che sia sufficiente un’aspirina, mentre serve un defibrillatore. Il medico convoca un congresso segreto che ammette ai lavori solo giornalisti fidati, inviati del Granma o di Cubavision, banditi blogger e reporter indipendenti, soprattutto niente giornalisti stranieri. Sarebbe disdicevole che facessero domande inopportune ai delegati! Permetteranno l’ingresso alle telecamere straniere solo il primo e l’ultimo giorno del congresso per riprendere immagini generali.

Non mi resta che porre le mi domande su Twitter, ché Internet è l’unico mezzo democratico su cui contare. Perché i funzionari e i burocrati del mio paese sfoggiano pappagorge, guance ben pasciute e girano con auto provviste di gomme nuove? Perché nel quartiere popolare dove sono nata le persone sono ogni giorno più povere, mentre nella zona di Siboney diventano sempre più ricche? Perché continuano a parlare di una presunta uguaglianza sociale che oggi si trova solo nei manuali scolastici e nella propaganda politica? Perché ci sono tanti divieti che ostacolano la nostra vita quotidiana e tante regole che impediscono alle persone di realizzarsi? Perché chiamano congresso quello che è soltanto un conclave per affrontare temi economici? Perché definiscono socialismo questo capitalismo di Stato? La lista dei perché sarebbe ancora lunga, è un’infinita processione dei nostri dubbi e delle nostre angosce. Ma non ha senso continuare, visto che non abbiamo nessun diritto alle risposte. Non mi resta che fare la reporter telematica, raccontando il Sesto Congresso del PCC con gli occhi di un cittadino non ammesso a partecipare ai lavori del Palazzo delle Convenzioni. Un delegato ha detto in televisione che le decisioni del congresso aiuteranno a lavorare, produrre e controllare. Abbiamo un gran bisogno delle prime due cose, ma la terza proprio non ci manca…


Yoani Sánchez - L’Avana, 15 aprile 2011
Traduzione di Gordiano Lupi

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