venerdì 21 ottobre 2011

Momenti terminali

di Yoani Sanchez


Ceausescu voleva scappare con il suo elicottero, Saddam Hussein si nascondeva in una buca, il tunisino Ben Alì era andato in esilio, Gheddafi era fuggito con una carovana e alla fine si è nascosto in un tubo di scarico. Gli autocrati scappano, se ne vanno, non si immolano nei palazzi dai quali dettavano leggi arbitrarie; non muoiono seduti nei seggi presidenziali con la fascia di tela rossa che scende sul petto. Hanno sempre una porta nascosta, un passaggio segreto da imboccare per svignarsela quando si sentono in pericolo. Hanno impiegato decenni per costruire un bunker segreto, un “punto zero” blindato o un rifugio sotterraneo, perché temono che lo stesso popolo che li applaude nelle piazze possa ribellarsi, non appena finirà la paura. Negli incubi dei dittatori, i demoni sono gli stessi sudditi, gli abissi prendono forma di turbe che vogliono abbattere statue e sputare sulle loro foto. Questi dispotici signori hanno il sonno leggero perché devono fare attenzione alle grida e ai colpi contro la porta… spesso vivono in anticipo la loro stessa morte.

Mi sarebbe piaciuto vedere Muammar Gheddafi davanti a un tribunale, messo in stato d’accusa per i crimini commessi contro il suo paese. Credo che la morte violenta conceda ai dittatori un’aureola di martirio che non meritano. Devono restare vivi per ascoltare la testimonianza pubblica delle vittime, vedere i loro paesi andare avanti senza l’intralcio che rappresentavano e rendersi conto di quanto siano volubili gli opportunisti che un tempo li avevano sostenuti. Devono sopravvivere per essere presenti quando verrà riscritta la storia che avevano falsificato, per rendersi conto come le nuove generazioni cominceranno a dimenticarli e per subire accuse, scherno e critiche feroci. Linciare un despota significa salvarlo, concedere un’uscita di scena quasi gloriosa che evita il castigo eterno di essere giudicato di fronte alla legge.

Continuare il ciclo dell’esasperazione che questi tiranni hanno seminato nelle loro nazioni è estremamente pericoloso. Ucciderli perché hanno ucciso, aggredirli perché ci hanno aggredito, manda avanti una spirale di violenza e ci rende simili a loro. Adesso che le immagini di un Gheddafi insanguinato e balbettante fanno il giro del mondo, non esiste un solo dittatore che non si veda riflesso con terrore nello specchio di quei momenti terminali. In questi giorni, gli ordini di rinforzare tunnel segreti e di studiare nuovi piani di fuga circolano senza sosta all’interno di molti palazzi presidenziali. Facciamo attenzione, perché i dittatori hanno molte vie di fuga e tra queste c’è la morte. Meglio che sopravvivano. Restando in vita si renderanno conto che né la storia né i loro popoli li assolveranno mai.

Traduzione di Gordiano Lupi

In anteprima nazionale. Domani sarà su www.lastampa.it/generaciony.
A Yoani è stato negato il permesso di viaggiare ancora una volta. Non potrà ritirare il premio a Madrid!

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