di Yoani Sánchez
da El Pais - Blog Cuba Libre
INEDITO IN ITALIA
Fuori dal tempio avanero della Vergine di Regla, una donna legge le conchiglie per i passanti in cambio di un po’ di denaro. Ogni giorno riceve molte domande, ma quasi come un’ossessione nazionale si ripetono i soliti interrogativi. Le persone chiedono se potranno viaggiare in un futuro immediato, se riusciranno a comprare una casa e a trovare l’amore. Immancabile l’interrogativo ricorrente: quando finirà “questo”?. Con un semplice pronome dimostrativo, i cauti clienti dell’indovina tentano di riassumere ciò che alcuni chiamano “rivoluzione”, altri “dittatura” e i più neutrali semplicemente come “il sistema”. Per la donna dalle unghie dipinte di rosso intenso e turbante bianco in testa, è difficile dare una risposta, perché teme che possa essere la provocazione di qualche agente in abiti civili. Per questo consulta la posizione in cui cadono le conchiglie e dice in un breve sussurro: “Presto, sarà presto”.
Il sistema cubano non sopravvivrà ai suoi creatori
L’orologio biologico del governo cubano è prossimo a segnare la sua mezzanotte. In questo lento ed esasperante percorso delle lancette che è durato già 54 anni, ogni minuto che passa si accentua l’obsolescenza. L’esistenza di un sistema politico non dovrebbe essere così strettamente vincolata alla giovinezza o alla vecchiaia del suo leader, ma nel caso della nostra Isola entrambe le età sono la stessa cosa. Come una creatura fatta a immagine e somiglianza di un uomo - che si è creduto Dio -, il modello imperante a Cuba non sopravvivrà ai suoi creatori. Ogni decisione presa in queste cinque decadi, ogni passo dato in una direzione o in un’altra è nato segnato dalla personalità e dalla volontà di due uomini, uno dei quali, Fidel Castro, è convalescente da sei lunghi anni in un luogo che pochi cubani possono ubicare in una mappa. Anche se nell’ultimo lustro Raúl Castro ha inserito quadri più giovani negli apparati amministrativi e governativi, le decisioni continuano a essere concentrate nelle mani di ottuagenari. Come un vorace Saturno che si mangia i suoi figli, i principali dirigenti della Rivoluzione non hanno permesso che i possibili virgulti gli facessero ombra. Gli ultimi avvicendati sono stati il vicepresidente Carlos Lage, figura che godeva di buona simpatia popolare, e il cancelliere Felipe Pérez Roque. Entrambi sono stati accusati da Fidel Castro di essersi trasformati in “seguaci del miele del potere”. L’egoismo al momento di dividere l’autorità ha lasciato i leader politici cubani senza ricambio e adesso manca il tempo per formarne di nuovi, persino di creare successori in grado di portare avanti il cammino tracciato dai gerarchi in verde oliva. Per un Generale Presidente di 81 anni, il quadro è preoccupante. Ha già dichiarato che “il tempo stringe” e che bisogna preparare la generazione che li rimpiazzerà. Nel corso del 2013, sarà obbligato ad accelerare quel processo e, vista la fretta, potrà commettere molti errori. Quello sarà uno degli elementi che contribuirà all’indebolimento ideologico e alla perdita della modesta presa popolare di cui ancora gode il castrismo.
Riformare o demolire?
Le riforme economiche portate a termine da Raúl Castro contribuiranno a determinare un minor controllo sulla popolazione. Ampliamento del settore privato, riscossione di imposte, consegna di terre in usufrutto e autorizzazione a creare cooperative non soltanto agricole e di allevamento, sono alcune delle misure che faranno ridurre l’influenza dello Stato nella vita quotidiana dei cubani. Ciò comporterà come conseguenza una diminuzione del compromesso ideologico delle persone con un governo che fornirà sempre meno sussidi e benefici. Ogni passo compiuto dalle autorità verso una maggior flessibilità, per porre fine a tante assurdità e proibizioni, equivale a caricare un’arma pronta a sparare alle proprie tempie. Un sistema basato sul mantenere “ben legato” ogni piccolo aspetto della vita nazionale non può andare avanti quando alcuni di quei legacci diventano facili da sciogliere. La riforma è la morte dello status quo; le manovre per sopravvivere finanziariamente, aprendosi al capitale privato, rappresentano una condanna a morte scritta in anticipo. I prossimi dodici mesi saranno decisivi per definire quella tendenza che passa dal centralismo alla parcellizzazione produttiva, dalla più assoluta verticalità alla distruzione della stessa. Da questo procedimento deriverà - senza dubbio - autonomia politica per tutti coloro che non riceveranno più un salario dalle imprese o dalle istituzioni statali e che cominceranno a mantenersi grazie a un lavoro privato.
Impossibile una Piazza Tharir cubana
Tuttavia, vale la pena chiarire che il regime dell’Avana è abile a sopravvivere, persino con le previsioni più sfavorevoli. La crisi economica è stata il suo brodo di coltura negli ultimi venticinque anni. Si potrebbe dire che l’inquilino di Piazza della Rivoluzione viva meglio in situazioni di emergenza che di prosperità, nei momenti di esasperazione piuttosto che in periodi di calma. La precarietà materiale diventa un meccanismo di paralisi per una popolazione che deve attendere ore ad aspettare l’autobus o in fila per comprare un chilogrammo di pollo. Per questo motivo i numeri rossi delle finanze nazionali non riescono a provocare un’esplosione di non conformità. Messi a scelta tra gettarsi in strada per far cadere il governo o lanciarsi in mare con una fragile zattera per raggiungere la Florida, milioni di cubani optano per la seconda possibilità. L’esplosione migratoria potrebbe essere molto più vicina rispetto all’esplosione sociale. Per questo coloro che sperano di vedere in questo 2013 immagini dell’Avana come quelle di Piazza Tharir avranno poche possibilità di vedere realizzate le loro illusioni. La frustrazione forse è più evidente fuori dalle ambasciate per ottenere un visto che nelle riunioni massicce per chiedere cambiamenti.
Maggior non conformità
In ogni caso, neppure la polizia politica e la repressione sono riusciti a sradicare il settore più critico. Anzi, è accaduto proprio il contrario. Nonostante gli arresti durante la cosiddetta Primavera Nera del 2003 e l’esilio di molti leader dell’opposizione, quest’ultima vive momenti di effervescenza. Anche se l’anno termina con la disgraziata perdita di Oswaldo Payá, figura principale del Movimento Cristiano di Liberazione, altri volti cominciano a guadagnare posizioni da protagonisti. Si registra anche un aumento del numero degli attivisti e la comparsa di fenomeni che introducono freschezza e modernità tra le fila della dissidenza. Come nel caso dei blogger alternativi, gli artisti di performance che mescolano la critica sociale con la creazione e i musicisti che nelle loro parole di hip hop o di reggaetón stanno raccontando una realtà ben diversa a quella della retorica ufficiale. Inoltre, il rinforzarsi di reti alternative di informazione e convocazione tramite telefoni mobili, Twitter e altre reti sociali, aiuta a rompere il monopolio dell’opinione statale e contribuisce a raccontare al mondo ciò che accade all’interno di questa Isola.
Malattia di Chávez e fine dell’embargo
Le variabili dell’invecchiamento della nomenclatura, la crescente opposizione e le aperture in direzione del settore privato non saranno le sole a influire sull’indebolimento del sistema nel corso del 2013. L’aggravamento della malattia di Hugo Chávez è un elemento catalizzatore del collasso. Di fronte all’assenza del gran mecenate di Miraflores, Raúl Castro dovrà accelerare le riforme all’interno dell’Isola per riuscire a conseguire un livellamento economico, con la conseguente diminuzione di autorità del Partito Comunista. Può scegliere di fare questo, oppure - al contrario - consegnare la nazione nelle mani di un altro magnanimo tutore che paghi le fatture, ma non si intravede all’orizzonte alcun paese interessato a farsi carico di un problema rappresentato da centoundicimila chilometri quadrati e 11 milioni di abitanti. Il comportamento dell’amministrazione di Barack Obama assumerà un ruolo altrettanto determinante. Se finalmente verrà tolto l’embargo nordamericano nei confronti di Cuba, molti analisti affermano che il governo potrà avere un certo respiro economico. Tuttavia, altri assicurano che se avremo la fine dell’embargo cadrà anche l’argomento politico più usato dal castrismo. Sarebbe un duro colpo per il discorso ideologico: non poter incolpare il vicino del Nord dell’incapacità produttiva del paese.
La lotta alla corruzione
Inoltre, come un fetore che diventa sempre più insopportabile, la corruzione colpisce tutti settori della Cuba contemporanea. La sottrazione delle risorse di Stato aumenta perché senza quella deprecabile pratica la maggior parte delle famiglie cubane non potrebbe arrivare alla fine del mese. Le fatture contraffatte, le insolvenze generalizzate tra imprese statali, la falsificazione delle cifre produttive, il saccheggio costante dei fondi delle istituzioni e l’arricchimento illecito dei quadri dirigenti, sono soltanto alcuni degli elementi che caratterizzano questo scenario di povertà etica. Dopo aver negato per decenni l’esistenza della corruzione nella nostra nazione, adesso il governo ha dovuto riconoscere che ha raggiunto livelli insostenibili per lo sviluppo del paese. Raúl Castro ha lanciato una crociata contro tutte quelle pratiche, anche se la lotta non riguarda la corruzione dei settori dominanti. La “pulizia” viene fatta nei circoli bassi e intermedi, senza neppure toccare i più alti gerarchi degli intrallazzi. In ogni caso, la campagna per eliminare la corruzione sta toccando capi potenti, persone che hanno condotto una vita lussuosa per troppo tempo. Per questo motivo il Generale Presidente si sta guadagnando a ogni passo nuovi nemici all’interno delle sue stesse fila. Nemici che indossano anche uniformi militari. Tra loro potrebbe star crescendo il desiderio di provocare un cambiamento che faccia recuperare le posizioni perdute.
Il panorama cubano per questo 2013 si mostra come un complicato scacchiere politico - sociale. Il governo dispone di poche pedine da muovere per ottenere risultati concreti che riguardino piatti e tasche dei cittadini. Inoltre, dicono i superstiziosi, c’è la maledetta cabala del numero 13, che alcuni identificano con momenti fondamentali nella vita di Fidel Castro. Dalla sua stessa data di nascita, il 13 agosto del 1926, fino a un identico giorno - ma del 1993 - in cui si vide obbligato ad autorizzare l’ingresso del dollaro nell’economia cubana. Dato il suo delicato stato di salute, si potrebbe sperare che nei prossimi anni i cubani ricevano la notizia del “grande funerale”. Al punto in cui siamo arrivati, un evento dalle connotazioni più simboliche che politiche. Salta agli occhi il fatto che di fronte alla mancanza di elementi obiettivi utili per fare previsioni, la gente voglia leggere il futuro ricorrendo a cartomanti e a indovini. Tutto per sapere quando “questo” finirà, quando le lancette dell’orologio biologico di una Rivoluzione pietrificata e immobile segneranno la mezzanotte.
Traduzione di Gordiano Lupi
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