da www.lastampa.it/generaciony
Ogni tanto, i nostri mezzi informativi imbastiscono una nuova campagna, una delle tante offensive contro determinati fenomeni socioeconomici. In questi giorni, l’attacco è rivolto agli ambulanti, venditori di frutta e vegetali che trasportano la loro mercanzia sopra un triciclo o altri congegni a ruote. I giornalisti ufficiali sostengono che certi commercianti seguono la legge “capitalista” della domanda e dell’offerta, invece di praticare prezzi più accessibili per i consumatori. Oggetto di critica è anche la vendita unitaria dei prodotti, invece che a libbre o chilogrammi, cosa che consente di gonfiare gli importi. Anche se non si tratta di un problema che danneggia tutti, non credo che lo risolveremo con gli appelli alla coscienza del venditore.
Gli ambulanti assicurano il rifornimento ai quartieri carenti di mercati agricoli, soprattutto negli orari in cui questi ultimi sono chiusi. Nei prezzi delle mercanzie va compreso anche - sebbene la TV ufficiale non lo riconosca - il tempo che il cliente risparmia, perché non è costretto a muoversi e a sopportare le lunghe code di un “mercato agricolo statale”. Per la maggior parte delle donne lavoratrici, che rincasano dopo le cinque e devono inventare la cena, il grido di “Avocado e cipolla!” fuori dalla porta rappresenta una salvezza. Va da sé che il costo dei prodotti non è in rapporto con i salari, ma è altrettanto vero che non marciscono sugli espositori per mancanza di compratori. Il fatto che una persona debba lavorare due giorni per comprare una zucca non mette in evidenza l’esosità del venditore ma l’eccessiva povertà dei salari.
Sorprende, per esempio, che i preoccupati reporter del notiziario serale non si accaniscano contro il numero eccessivo di negozi che vendono in pesos convertibili, dove per acquistare un litro d’olio si spende l’intero guadagno di una settimana lavorativa. La differenza tra gli ambulanti e i negozi che vendono in moneta forte è che i primi sono lavoratori privati mentre i secondi sono proprietà dello Stato. Per questo non vedremo mai un reportage che denuncia l’alta percentuale aggiunta ai costi di importazione o di produzione di un alimento per venderlo nei cosiddetti shopping. Molto meglio cercare un capro espiatorio e spiegare con la sua esistenza la carestia e il grigiore culinario ai quali siamo sottomessi. Per il momento si dà la colpa agli ambulanti. Affacciatevi al balcone prima possibile e guardateli passare per strada, perché probabilmente molto presto non ci saranno più.
Traduzione di Gordiano Lupi
Nessun commento:
Posta un commento