giovedì 19 gennaio 2012

Troppo tardi

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony

Fotografia di Orlando Luis Pardo Lazo


Proprio oggi stavo pensando a un testo dopo aver visto un documentario sulle recenti rovine. Sotto il titolo di “Unfinished spaces” (http://www.unfinishedspaces.com/about.html) erano state raccolte diverse testimonianze di architetti e studenti che parteciparono alla costruzione dell’Istituto Superiore d’Arte (ISA). Tutti descrivevano l’originale bellezza del progetto, la sua struttura innovativa e il desiderio di far coincidere aspetto e sostanza in un solo edificio. Parlavano anche dell’abbandono della costruzione di alcune sue facoltà che non sono mai state completate. Per questo motivo stavo pensando a colonne, mattoni e tetti coperti di erbacce quando mi hanno chiamata per raccontarmi di un crollo avvenuto in Centro Avana. Un edificio di tre piani situato in calle Infanta, all’angolo con Salud, non ce l’ha fatta più ed è franato al suolo nella notte di martedì 17 gennaio.

Mi è subito venuto in mente quante volte sono passata da questo isolato affrettando il passo, impaurita dal cattivo stato di manutenzione dei balconi e delle facciate. Ho ricordato ogni momento in cui mi sono chiesta come fosse possibile continuare a far abitare persone in un palazzo così prossimo alla rovina. Per gli abitanti di quell’edificio è arrivato troppo tardi lo sconto sui materiali da costruzione deciso poche settimane fa. Non era più possibile rimediare ai danni strutturali di cui soffriva l’immobile, perché erano il risultato dell’indolenza statale, di decenni di mancanza di pittura, cemento e altre risorse materiali per provvedere alla ristrutturazione. Il lamento udito prima che il pavimento crollasse e venissero giù le pareti fa parte dell’ultimo respiro architettonico di un quartiere dotato di case splendide ma in stato terminale.

Fino a questo momento, i mezzi di comunicazione ufficiali parlano di tre morti e sei feriti nel crollo di calle Infanta. Persone che hanno vissuto gli ultimi anni della loro vita guardando verso l’alto, calcolando quanto potevano ancora durare le travi del tetto, temendo un evento che alla fine si è verificato. Quanti altri edifici esistono in questa capitale che domani potranno fare la stessa fine? Quale decisione urgente verrà presa perché certe tragedie non continuino a far parte del nostro quotidiano? Non accetteremo una risposta tipo “stiamo studiando il problema per trovare con calma una soluzione”. E non ci vengano a dire che è colpa degli stessi abitanti che hanno continuato a vivere in un luogo inabitabile. Dove sarebbero potuti andare? Non dateci certe risposte. Pretendiamo soltanto che si costruisca, si restauri e che i cittadini vengano tutelati.

Traduzione di Gordiano Lupi

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