giovedì 1 marzo 2012

La centrale, la nostra centrale

di Yoani Sanchez
www.lastampa.it/generaciony

La base di cemento costruita dai condomini per collocare il “Gruppo elettrogeno”.

Arrivò nel marzo del 2006, pochi giorni prima che aprile scaricasse sopra di noi i suoi frenetici acquazzoni. Venne a bordo di un camion, impeccabile, nuova, luccicante e utile. Era la nostra centrale elettrica, il nostro gruppo elettrogeno, che avrebbe fatto funzionare l’ascensore e la luce dei corridoi durante i frequenti black-out che lasciano la zona in piena oscurità. Eravamo salvi. La Rivoluzione Energetica (http://espaciodeelaine.wordpress.com/2011/11/07/el-pueblo-olvidado-por-la-virgen/) ci concedeva il beneficio di un apparato che aveva la forma di un locomotore fermo. Per rafforzare la somiglianza ferroviaria, la sua imponente struttura culminava in un camino dal quale non avremmo mai visto uscire una sola nuvola di fumo.

In occasione del primo maggio, Fidel Castro rese noto in Piazza della Rivoluzione che adesso tutti i palazzi della zona godevano di un approvvigionamento elettrico autonomo. Tuttavia, la “nostra centrale” non aveva ancora prodotto un solo watt e non aveva fatto il minimo rumore. Nel tempo trascorso tra l’arrivo di quell’oggetto e il suo annuncio pubblico, vennero creati tre posti di lavoro per presidiarlo e rifornirlo di combustibile. Gli impiegati cominciarono a lavorare rispettando turni a rotazione, anche se in un primo momento il loro compito era solo quello di osservare la nostra bellissima “macchina della luce”. Vennero fatti alcuni tentativi per accenderla, ma non funzionava bene. Forse non siamo stati capaci di installarla, forse serviva più petrolio, forse …

Se la portarono via poche settimane dopo aver rappresentato uno dei tanti punti affrontati dal discorso del Leader Maximo. La base di cemento costruita dai condomini per collocarla divenne una panchina per far sedere i bambini. I tre impiegati che la custodivano vennero pagati ancora per tre mesi senza fare niente, quindi i posti di lavoro furono soppressi. La centrale elettrica – secondo quel che disse il camionista che venne a prenderla – trovò una nuova sistemazione in una scuola per studenti latinoamericani. In ogni caso ci promisero che la nostra vera centrale – più grande e con maggior capacità – sarebbe arrivata entro pochi giorni.

Sono già passati sei anni. La gente parla di quel gruppo elettrogeno come se raccontasse la storia di uno spettro incantato incontrato lungo il cammino. Altri, i più buontemponi, scherzano e gridano da un balcone all’altro: “Senti… io credo che adesso arrivi per davvero la centrale, la nostra centrale”.


Traduzione di Gordiano Lupi

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